L’ATOMICA DI HITLER
Joseph Farrell nel suo “Reich Of The Black Sun: Nazi Secret Weapons & The Cold War Allied Legend”, afferma che il Progetto Manhattan era, all’inizio del 1945, sull’orlo del fallimento.
La quantità di uranio arricchito prodotta era del tutto insufficiente anche per i soli test, per non parlare della produzione di una vera arma nucleare.
Il memorandum del 3 marzo 1945 del Senatore Byrnes, diretto all’allora Presidente Roosevelt, evidenzia lo stato di disperazione in cui versava il Progetto stesso.
Naturalmente la risposta è che se il Progetto Manhattan non era in grado di produrre sufficiente uranio arricchito nel breve lasso di tempo rimasto – mesi piuttosto che anni – allora il suo stoccaggio è stato arricchito da una fonte esterna, e c’è una solo posto credibile con la necessaria tecnologia in grado di arricchire uranio in tale scala. (…) Questa fonte era la Germania Nazista. (…)All’inizio del 1941, secondo la storica Margaret Gowing, la Germania aveva già raffinato 600 tonnellate di uranio in ossido di uranio, la forma richiesta per ionizzare il materiale in un gas, in cui gli isotopi di uranio possono essere magneticamente o termicamente separati o l’ossido può essere ridotto in metallo tramite un reattore nucleare. (…)Gli Stati Uniti non erano riusciti a ridurre l’uranio nella sua forma metallica in quantità notevoli fino alla fine del 1942. Invece, i tecnici tedeschi, alla fine del 1940 avevano già prodotto 280,6 kilogrammi di uranio metallico.
L’AMERIKA BOMBER
Il bombardiere che suo tempo venne prescelto per l’attacco nucleare all’America, lo Junkers Ju 390 a sei motori, aveva la possibilità, partendo prima dalla Francia e successivamente, perso il territorio francese, dalla Norvegia, di raggiungere New York, rilasciare l’ordigno nucleare e tornare alla base.
Nel marzo 1956 “RAF Flying Review” pubblicò una lettera ove si affermava che uno Junkers Ju 390, partito da Bordeaux, aveva effettuato il volo fino ad un punto a pochi kilometri da New York ed era tornato alla base, dopo 32 ore di volo ininterrotto, senza che nessun areo alleato avesse la possibilità di avvistarlo o intercettarlo.
L’OFFENSIVA DELLE ARDENNE
All’inizio il successo arrise spettacolarmente alla truppe hitleriane, ma presto, a causa dei ritardi negli approvvigionamenti, alla mancanza di riserve ed all’inaspettata forza di reazione americana, l’offensiva si arrestò e venne definitivamente sbaragliata il 27 dicembre 1944, tanto che il feldmaresciallo tedesco von Rundstedt, comandante delle forze tedesche ad occidente, la definì la “seconda Stalingrado”.
Le migliori forze corazzate tedesche e l’élite della Fanteria vennero definitivamente annientate, tanto che, secondo alcuni analisti, la guerra in Europa poté terminare un anno prima.
Invece di guadagnar tempo, era stato bruciato tempo.
L’OKW e lo stesso Feldmaresciallo von Rundstedt avevano fatto presente al Führer la rischiosità dell’impresa e la mancanza di riserve sufficienti ad alimentare un’offensiva dagli obiettivi così ambiziosi. “Il piano tedesco Wacht am Rhein (“Guardia sul Reno”) per l’Offensiva Von Rundstedt. era di dividere l’avanzata alleata, raggiungere la Mosa e quindi tagliare verso nord per assediare Anversa.” (Wikipedia, voce Offensiva delle Ardenne)
L’OFFENSIVA SI TRASFORMA IN UNA DISFATTA
Nel momento topico, venne a mancare il carburante per i mezzi corazzati, avendo perso la Germania gli approvvigionamenti del petrolio rumeno di Ploesti.
I Tedeschi persero la Francia, dove sarebbe stato più semplice allestire il bombardamento atomico dell’America.
Mantennero fino all’ultimo il controllo sulla Norvegia, l’unico luogo da cui era possibile far partire l’attacco ad una città della Costa Orientale Americana.
La contemporanea offensiva di primavera 1945 degli Alleati ad Ovest e dei Sovietici ad Est resero, però, impraticabile qualsiasi operazione di tale portata
I Nazisti fino all’ultimo giorno, però, accarezzarono l’idea del bombardamento di New York e gli Alleati mostrarono di crederci, anche se la versione ufficiale era che i Tedeschi non si avvicinarono mai all’arma atomica.
I VINCITORI FALSIFICANO I DATI STORICI
La storia è la menzogna comunemente accettata (François-Marie Arouet – “Voltaire”)
Il giorno dopo l’esplosione nucleare di Hiroshima, gli scienziati tedeschi vennero informati del bombardamento e venne loro chiesto di dare un commento tecnico.
Heisenberg, in quel contesto particolare, avrebbe affermato una cosa del tutto inverosimile e cioè che un’arma nucleare era irrealizzabile poiché, secondo i suoi calcoli, avrebbe richiesto 13 tonnellate di uranio arricchito, contro i 40 chili effettivamente necessari.
LA DISINFORMATIA DEI MAINSTREAM MEDIA USA
Infatti, come ebbe a dire il Generale Leslie Groves, il Responsabile del Progetto Manhattan, «La maggior parte della stampa pubblicò per intero le notizie divulgate da noi. Questa fu una delle poche volte in cui le dichiarazione del Governo furono date esattamente come doveva essere fatto».
E’ presumibile, pertanto, che la stampa (Mainstream Media) pubblicasse (come ha sempre fatto e continua a fare, in tutto il mondo), l’esatto contrario della verità.
Non si spiegherebbe, altrimenti, l’impegno profuso dall’esercito tedesco per approvvigionarsi dell’acqua pesante prodotta dal Vemork Norsk Hydro a Riukan, nel Telemark Norvegese, né l’energia dispiegata dagli Alleati per sabotare l’impianto stesso nell’Operazione Gunnerside, come narrato dal film “Gli eroi di Telemark”, basato su fatti storicamente accaduti.
AD UN PASSO DALLA VITTORIA NAZISTA
In realtà i Nazisti furono veramente ad un passo dal bombardare New York o Washington con bombardieri pesanti Junkers Ju 390 o Heinkel He 277.
Gli Alleati erano consapevoli di tale pericolosissima spada di Damocle, come evidenziato dall’articolo del Washington Post sopracitato.
Un’altra prova di quanto affermato, è lo studio dei danni prodotti da un’arma nucleare su Manhattan commissionato ad esperti dall’Oberkommando der Luftwaffe, che, a differenza di Heinrich Himmler, non si baloccava con progetti infantili quanto folli, ma ragionava su cruda e fredda realtà, come mostra uno dei diagrammi conseguenti a tale studio. (Si consulti, al riguardo, Joseph Farrell nella sua già citata opera “Reich Of The Black Sun: Nazi Secret Weapons & The Cold War Allied Legend”).
LA STRANA STORIA DELL’U-BOOT 234
E’ a questo punto che si innesta la vicenda dell’U-Boot 234.
Il sottomarino U-234, di classe XB, posamine oceanico, partì da Kiel il 25 marzo 1943 agli ordini del comandante Fehler. Con a bordo un carico in grado di cambiare le sorti della II Guerra Mondiale e diretto in Giappone.
Nella stiva c’era qualcosa di incredibile: 560 chilogrammi di ossido di uranio contenuti in barre cilindiche d’oro (l’utilizzo dell’oro era giustificato dal fatto che, all’epoca, un chilo di uranio arricchito costasse ben 3,5 milioni di dollari del tempo), fusibili all’infrarosso per armi nucleari.
Tra i passeggeri figurava l’ideatore dei fusibili stessi, il Dr. Heinz Schlicke e due ufficiali giapponesi, il colonnello Genzo Shosi e il capitano Hideo Tomonaga.
Il 25 marzo 1945, l’U 234 partì per la sua importante missione, lasciando il porto di Kiel e con la rotta che puntava verso la base di Kristiansand, in Norvegia, dove si dovevano stivare altri fusti chimici.
Tra il 15 e il 16 aprile, il sommergibile ripartì nuovamente. (…) avrebbe dovuto percorrere il seguete tragitto: innanzitutto inoltrarsi nell’Oceano Atlantico, passando per il mare del Nord, raggiungere quindi il capo di Buona Speranza e quindi sfociando nell’Oceano Indiano, raggiungere la base di Penang in Malesia, dove avrebbe sbarcato l’importante carico contenuto nella sua stiva. (Wikipedia, voce “U-234“)
I TEST DELLA BOMBA ALL’URANIO U-235
Sembrerebbe che nel sommergibile fossero presenti, oltre alla documentazione dei primi test sulla bomba all’uranio arricchito, anche i risultati della sperimentazione nazista, probabilmente sul fronte orientale, dei proiettili all’uranio impoverito.
Che il progetto fosse di derivazione nazista è stato rivelato dal Dr. Siegwart-Horst Günther, Presidente della Croce Gialla Internazionale, nell’articolo: “Uranium missiles: After Zyklon B, a new German technology for a weapon of mass destruction”.
Ivi afferma, «Secret service reports have now shown that German military leaders planned to use radioactivity at the end of 1943. It is probable that the development of ‘special missiles’ also dates back to this time».
Nello stesso articolo, il Dr. Günther dichiara che, a causa degli studi compiuti su civili iracheni (perlopiù bambini) venuti a contatto con proietti di uranio impoverito di isotopo 235 (DU- Depleted Uranium) e che avevano sviluppato le tipiche gravi patologie legate alla radioattività, subì due tentativi di omicidio e venne persino arrestato in Germania.
In prigione venne reso oggetto di violenze di ogni tipo.
I Tedeschi, quando fornirono agli alleati Giapponesi la gran parte dell’uranio arricchito prodotto, avevano una chiara intenzione.
Anche se la Guerra in Europa era ormai persa, fornire ai Giapponesi la possibilità di disporre di armi nucleari avrebbe potuto ribaltare l’esito del conflitto ormai definitivamente compromesso dal punto di vista delle armi convenzionali.
D’altro canto la produzione industriale in Germania era ormai azzerata. Non così per i Giapponesi, i quali erano ancora in grado di produrre, con tale carico, almeno due testate nucleari.
LA RESA DELLA GERMANIA
L’8 maggio 1945 la Germania accettò la resa incondizionata e il nuovo capo del Governo provvisorio, il Großadmiral Dönitz ordinò di «interrompere tutte le attività militari e consegnarsi agli Alleati».
Il Comandante del sommergibile 234 decise di arrendersi e di consegnarsi, insieme al carico, agli Americani.
I due ufficiali Giapponesi si suicidarono con del veleno (o vennero uccisi) per il loro ostinato rifiuto di arrendersi agli Americani e le salme lasciate in mare aperto.
Il 15 maggio il sommergibile venne avvistato dalla U.S.S. Sutton a scortato fino al porto di Portsmouth.
Sarà poi lo scienziato Luis W. Alvarez a risolvere il problema dei fusibili per l’innesco della bomba al plutonio sganciata su Nagasaki. Una ben strana coincidenza.
Ciò che risulta sconcertante è che, pur potendo recarsi in Giappone, l’equipaggio avesse deciso di consegnarsi agli Americani, quando gli equipaggi di altri U-Boot preferirono affrontare migliaia di miglia di mare in condizioni estremamente disagiate, nella speranza di rimanere liberi in Argentina.
E’ ovvio ritenere che il carico e l’esperto in detonatori nucleare siano stati ceduti in cambio di qualcosa. Un patto scellerato?
MARTIN BORMANN
Secondo quanto riporta Wikipedia, voce Martin Bormann, alcuni
“sostennero che [Bormann, divenuto capo del NSDAP dopo il suicidio di Hitler e Goebbels] avesse legami con i servizi segreti americani, che avesse pronta un’appetibile ricompensa per la sua salvezza: uranio e scienziati tedeschi. Si racconta di come nei primi di maggio del 1945 si fosse imbarcato ad Amburgo sull’U-Boot 234, e, arrivato in Spagna, scappò verso il Sud America. Nel marzo 1966 durante un’intervista televisiva il figlio di Adolf Eichmann, Klaus, convinto che Bormann si trovasse in Sud America, gli lanciò un’aspra invettiva.”
Quindi, anche se Kempka avesse mentito e Bormann fosse riuscito ad attraversare incolume le linee sovietiche, raggiungendo infine un porto sicuro (ma quale, con le Forze Alleate ormai ovunque?) per salire a bordo sull’U-234 tra il 5 e il 6 maggio 1945, il sommergibile non sarebbe arrivato il 16 maggio negli USA.
L’U-Boot avrebbe dovuto navigare quasi sempre in immersione per attraversare acque ormai completamente controllate dalle Forze Aeronavali Anglo-Americane, e tenendo presente la sua velocità massima in immersione (7 nodi orari), sarebbero stati necessari non meno di venti giorni, per raggiungere la Costa Orientale degli Stati Uniti rendendo di fatto impossibile l’avvistamento del Sutton il 15 maggio.
Bormann non era a bordo dell’U-234.
Ma qualcosa gli Americani dovettero cedere per avere in cambio l’uranio da utilizzare nei loro reattori e produrre il plutonio 239 utilizzato nel test di Trinity e per la bomba al plutonio, Fat Man utilizzata a Nagasaki il 9 agosto 1945.
I NAZISTI AVEVANO GIÀ TESTATO LA BOMBA ALL’URANIO 235?
Come icasticamente ha fatto notare Farrell nella sua opera più volte citata, «perché gli Americani decisero di testare ad Alamogordo la bomba (nome in codice “Gadget”) al Plutonio 239 che sarebbe stata utilizzata per seconda e non la bomba all’Uranio 235, materiale utilizzato in Little Boy il 6 agosto 1945 ad Hiroshima»?
E’ infatti inverosimile che «i precedenti esperimenti di fissione controllata dell’uranio avevano permesso agli scienziati di confezionare un’arma senza la necessità di eseguire un vero test prima dell’utilizzo sul campo». Tutte le armi sono sempre testate prima del loro utilizzo, per evitare, quello che in questo caso, sarebbe stato un epic fail, impossibile da giustificare agli occhi del Presidente degli Stati Uniti, del Congresso e delle Forze Armate USA.
Cosa ebbero in cambio i Tedeschi? Non lo sappiamo.
GLI STATI UNITI, COME SEMPRE, NASCONDONO LA VERITÀ
Un’obiezione che viene spesso contrapposta dai detrattori dell’avvenuto utilizzo americano di uranio arricchito di provenienza nazista è che non si sarebbero motivazioni sufficienti per nasconderlo.
Ed, invece, ci sono due motivi. Il primo è che persino i capi militari americani erano fortemente restii all’utilizzo della bomba atomica, per motivi morali e per l’inutilità del suo utilizzo, come spiega Wikipedia (voce Bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki),
Alcuni hanno sostenuto che i giapponesi erano già sostanzialmente sconfitti, e quindi l’uso delle bombe non era necessario.
Il generale Dwight D. Eisenhower consigliò così il Segretario alla Guerra Henry L. Stimson, nel luglio del 1945. L’ufficiale più alto in grado nel Teatro del Pacifico, generale Douglas MacArthur, non venne consultato in anticipo, ma disse in seguito che sentiva che non ci fosse giustificazione militare per i bombardamenti.
La stessa opinione venne espressa dall’Ammiraglio di Flotta William D. Leahy (Capo di Stato maggiore del Presidente), dal generale Carl Spaatz (comandante delle Forze Aeree Strategiche statunitensi nel Pacifico), dal Brigadiere generale Carter Clarke; dall’Ammiraglio Ernest King, (Capo delle Operazioni Navali statunitensi), e dall’Ammiraglio di Flotta Chester W. Nimitz (Comandante in Capo della Flotta del Pacifico).
L’altro è contenuto nella lettera a quattro mani rivolta al Presidente Roosevelt da Albert Einstein e Leo Szilard, «Se i tedeschi avessero gettato bombe atomiche sulle città al posto nostro, avremmo definito lo sgancio di bombe atomiche sulle città come un crimine di guerra, e avremmo condannato a morte i tedeschi colpevoli di questo crimine a Norimberga e li avremmo impiccati».
Se l’opinione pubblica mondiale, già sconvolta per le centinaia di migliaia di vittime provocate dalle bombe sul Giappone, avesse saputo che il bombardamento atomico era inutile ed evitabile e soprattutto che l’uranio utilizzato era delle stesse “Potenze del Male”, il danno all’immagine politica e morale dei Liberatori Alleati sarebbe stata definitivamente compromessa.
ALTRI APPORTI
A sostegno della tesi della bomba nazista sono, per esempio, il rapporto di una spia russa nel quale ‘fonti affidabili’ riferiscono di ‘due forti esplosioni’ nella notte del 3 marzo.O la testimonianza di una donna tedesca, interrogata negli Anni ’60 dalle autorità della Ddr, che racconta di aver visto ‘una colonna di luce intensa alzarsi di notte verso il cielo e poi aprirsi a forma di albero’. Nel libro, c’è anche un testimone italiano, il giornalista fascista Luigi Romersa, uomo di fiducia di Mussolini e autore di reportages di guerra sul Corriere della Sera. Il suo racconto non è nuovo e, soprattutto, non è mai stato considerato attendibile.Nell’ottobre ’44, Romersa era stato incaricato dal Duce di recarsi in Germania per consegnare due lettere, una a Hitler, l’altra a Goebbels: Mussolini voleva avere rassicurazioni sulle nuove armi, che si raccontava fossero in possesso della Germania. Dopo gli incontri con il Führer e il ministro della Propaganda, il giornalista racconta di essere stato trasportato, con un aereo, su un’isola del Mare del Nord, di cui non conosceva il nome. Lì, in un bunker sotterraneo, assistette all’esplosione, con tanto di bagliore accecante.Uomini in tuta protettiva, quattro o cinque ore dopo, lo avrebbero guidato attraverso il terreno dello scoppio, parlandogli di una ‘bomba che distrugge tutto’: ‘Rimasi molto impressionato dal fatto che il paesaggio fosse completamente cambiato, le casupole che avevo visto prima erano sparite, gli alberi come smembrati’. Romersa tornò in Italia entusiasta e riferì al Duce. (Paolo Valentino, articolo “Hitler e l’atomica,un disegno riapre il giallo” www.corriere.it)
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