Il fatto che una grande economia in condizioni di piena occupazione accumuli surplus commerciali dell’8 percento di PIL all’anno comporta un’esagerata tensione sul sistema di commercio globale. Per compensare questi surplus e sostenere a sufficienza la domanda aggregata al fine di mantenere i posti di lavoro, il resto del mondo deve indebitarsi e spendere in uguale misura. In alcuni paesi, come l’Italia, la Grecia e la Spagna, i deficit persistenti alla fine hanno portato alla crisi. Il loro successivo ritorno al surplus è avvenuto a caro prezzo. La persistente sovrabbondanza di risparmi nel nord Europa ha reso inutilmente dolorosi i necessari riaggiustamenti. Nei periodi di alta inflazione negli anni ’70 e ’80 la propensione della Germania per gli elevati risparmi è stata una forza stabilizzatrice. Oggi invece sta trascinando verso il basso la crescita globale e rappresenta un bersaglio ideale per i protezionisti come Trump. (The Economist: Perché il surplus tedesco è un problema mondiale”, vocidallestero.it)


Ritornando all’immagine della UE come un condominio, abbiamo il condomino Germania che continua a fare feste importune e inopportune assieme ai comparuzzi del Nord e non ha mai pagato alcuna spesa condominiale, avendole sempre scaricate sul groppone dei condomini più deboli.

Dubito che Salvini possa essere mai nominato amministratore di siffatto condominio.



NEI CONSIGLI DEI MINISTRI SI AVVERTE UN FORTE SFRIGOLIO

Lo sfrigolio non è dovuto al brainstorming o all’attrito tra Salvini e Di Maio.

No, è dovuto al fatto che il leghista sta cuocendo, a fuoco sempre più alto, gli alleati pentastellati. Avvantaggiondosi del fatto di indossare i panni del leader anti-establishment.

Ma la Lega è sempre stato un movimento pro-élites, ed è sempre stata favorevole alla UE e all’Euro, tanto che a suo tempo proponeva di far uscire i terrùn dell’Italia Meridionale dall’Eurozona.



I GILET GIALLI SONO SOSTITUITI IN ITALIA DA SALVINI?

In Italia secondo Piero Ignazi, su Repubblica,


non è nato alcun movimento analogo a quello dei gilet gialli, né è probabile che questo avvenga. Questo perché negli ultimi anni molti attori politici hanno rappresentato, con diversa credibilità, l’anti-establishment. La pulsione al cambiamento radicale è stata interpretata da tutti coloro che si sono posti in contrasto con il passato. Se tracciavano una linea di demarcazione tra loro e chi li aveva preceduti, diventavano ipso facto, credibili. Così è successo a Renzi che ha tratto grande impulso dalla sua demolizione dell’establishment del Pd. Solo che, esaurita la pars destruens, l’aura del vincitore si è trasformata nella zavorra del governante (per di più, saccente). Anche a lui sono state inflitte le stimmate che spettano a chi entra nel Palazzo. Così sta accadendo ai 5Stelle, espressione massima dell’anti-establishment al potere. […]


Della crisi dei pentastellati trarrà profitto chi sornione e navigato, ha evitato di prendere rischi. La Lega è pronta a raccogliere, e, gestire, il vento della protesta, eventualmente disarcionando gli attuali alleati.


Una riprova di ciò si è avuta quando il presidente della Repubblica negò a Paolo Savona la poltrona di Ministro dell’Economia perché anti-euro.

Di Maio si lanciò, novello don Quijote de la Mancha, lancia in resta, contro il presidente, salvo effettuare una subitanea e disordinata ritirata. Salvini tenne il suo partito fuori dalla questione, non esponendosi in alcun modo.



GLI ELITISTI NON ODIANO SALVINI, ODIANO I PENTASTELLATI

Per me il termine elitista ha un’accezione deteriore, esattamente come per un catafratto neoliberista il lemma populista.

L’elitista Ernesto Galli della Loggia soloneggia sul Corriere, in “Populismo senza qualità”, che