I CEO delle MegaCorporations di Silicon Valley e di Menlo Park strepitano striduli sull’assoluta necessità di fermare le fake news.
Fingono di dimenticare che la loro Cabala, con i Mainstream Media da essa controllati, ha da secoli il monopolio mondiale nella produzione di menzogne e bufale.
Vi è una corrispondenza biunivoca tra Cabala e bufale (aka “fake news” o “post truths”)
Esemplare, al riguardo, un editoriale di Kenneth Rogoff, pubblicato da “ilsole24ore”, in cui viene attaccata la politica antiglobalista di The Donald, e viene appoggiato Xi Jinping il Presidente della Repubblica Popolare cinese, nuovo campione della globalizzazione, applauditissimo al World Economic Forum di Davos 2017.
Omettendo di precisare che trattasi del leader di un Partito antidemocratico, quello Comunista Cinese, che è un clone del Socing di “1984” di George Orwell, capace di fondere il Totalitarismo Comunista con il Totalitarismo Capitalista e Neoliberista:
Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump continua a destabilizzare l’ordine economico globale post-bellico […].
Ma alcuni potrebbero sostenere che sotto il caos e la tempesta, c’è una ragione logica per cui l’amministrazione Trump si oppone alla globalizzazione. Secondo questo punto di vista, gli Stati Uniti sono caduti in un errore autorizzando la Cina a dominare, e un giorno gli americani lo rimpiangeranno. Noi economisti tendiamo a vedere l’abdicazione degli Usa come uno sbaglio storico.
È importante riconoscere che il movimento anti-globalizzazione negli Stati Uniti è una questione più radicata della crisi della classe operaia. Ad esempio, alcuni economisti si sono opposti al Partenariato Trans Pacifico sostenendo che avrebbe danneggiato i lavoratori americani […].
I populisti statunitensi, forse ispirati dagli scritti di Thomas Piketty, sembrano indifferenti al fatto che la globalizzazione ha trasformato centinaia di milioni di persone povere in Cina e India nella classe media globale. La visione liberale dell’ascesa dell’Asia considera il mondo un posto più giusto e onesto, dove il destino economico di una persona non dipende più di tanto dal luogo in cui è nata.
Ma una visione più cinica pervade una logica populista, vale a dire che nella loro eccessiva aderenza al globalismo, gli Stati Uniti hanno piantato i semi della loro stessa distruzione economica e politica […].
«Dovremmo concentrarci su quelli come noi» è il mantra di Trump e degli altri. Sfortunatamente, con questo atteggiamento, è difficile vedere come l’America possa mantenere l’ordine mondiale di cui ha beneficiato per così tanti decenni. E dubbi su questo non ce ne sono: l’America è stata il grande vincitore. Nessun grande Paese è ricco quanto gli Usa, e la classe media statunitense è ancora molto benestante rispetto agli standard globali […].
Nel bene e nel male, il treno della globalizzazione si è messo in marcia da un pezzo e l’idea che possa tornare indietro è davvero ingenua […].
La Cina possiede armi finanziarie, tra cui migliaia di miliardi di dollari di debito statunitense. Un’interruzione degli scambi con Pechino potrebbe portare a massicci aumenti di prezzo nei negozi a basso costo – come Wal-Mart e Target – su cui molti americani fanno affidamento […].
Gli Stati Uniti non possono “vincere” una guerra commerciale con la Cina, e ogni vittoria si rivelerà di breve durata.
Ricordiamo brevemente chi è l’economista Kenneth Rogoff.
Ha scritto a quattro mani insieme a Carmen Reinhart lo studio “Growth in a time of debt” [RR2010].
Si tratta di una fallace teoria economica, senza alcun riscontro empirico o consolidate prove scientifiche, basata sul principio secondo cui un debito pubblico superiore al 90% del Prodotto Interno Lordo sarebbe comunque causa di recessione. Inutile ogni stimolo keynesiano alla crescita.
È proprio su questo studio che gli ordoliberisti hanno fondato la teoria-bufala dell’Austerità espansiva. Dal punto di vista semantico è un ossimoro, una mera contraddizione in termini.
La sua implementazione in Grecia ha visto esplodere il debito pubblico dal 130% al 175% del PIL e ha ridotto metà dei Greci in situazione di semi-povertà o di povertà assoluta.
Thomas Herndon e Michael Ash, dell’Università del Massachussets, sbufalarono il RR2010, frutto di errori fin troppo marchiani su tabelle Excel.
Una sconfessione fattuale è venuta dall’Abenomics, la politica di stimolo dell’economia inaugurata dal premier giapponese Shinzo Abe mediante l’aumento continuo del deficit (giunto all’11,5%). Pur avendo un debito pubblico pari al 236% del PIL, nel 2013 la crescita annuale in Giappone si è attestata attorno al 3,5%.
Perché ciò è stato possibile? La risposta è semplice: la possibilità della Bank of Japan (BoJ) di stampare moneta.
Della possibilità di stampare moneta e quindi del ruolo di prestatore di ultima istanza da parte della BoJ (facoltà condivisa, tra le varie, con la Federal Reserve statunitense, la Bank of England e la Banca centrale svizzera) si è più volte parlato. Così come si è parlato del fatto che la Banca centrale europea non contempla questa possibilità, nonostante abbia attuato nel corso del 2012 misure ibride di intervento come lo scudo anti-spread (che agisce sul mercato secondario) o l’attivazione del fondo Esm (che può tecnicamente acquistare titoli di Stato sul mercato primario qualora un Paese chieda esplicitamente aiuto).
Il principale rischio per un Paese dove la rispettiva Banca centrale stampi moneta all’occorrenza per sostenere la crescita (come peraltro la Federal Reserve ha già fatto tre volte dopo il collasso di Lehman Brothers annunciando tre piani di quantitative easing) è di alimentare potenzialmente l’inflazione.
Anche se non è un’equazione scontata. Ad esempio negli Stati Uniti dal 2008, dopo tre piani di allentamento monetario (l’ultimo dei quali prevede che la Fed stampi 40 miliardi di dollari al mese per un periodo indefinito), l’inflazione non è andata oltre il 3,8% del 2008 (favorendo peraltro una ristrutturazione gratuita del mastodontico debito pubblico americano, oltre 16mila miliardi di dollari) dato che i tassi nominali che il governo Usa paga sui titoli a 10 anni sono inferiori al 2%.
Rammentiamo che, come disvelato da Gioele Magaldi, il Rogoff è affiliato all’oligarchica antidemocratica e neofeudale Ur-Lodge “Three Eyes”i, la super-loggia di Rockefeller-Kissinger-Brzezinski.
Donald Trump ha puntato il dito contro il surplus commerciale della Germania, pari a 253 miliardi di euro per il solo 2016 e l’8,1% del PIL. Essa è, al pari della Cina, il vero competitor degli USA. I teutoni hanno sfruttato la struttura dell’euro – marco svalutato e lira rivalutata – per far esplodere le esportazioni ed attrarre verso il Centro Europa i capitali dei P.E.S. (Paesi del Sud Europa).
L’Ambasciatore americano presso la UE, Malloch, afferma che l’euro imploderà entro i prossimi 18 mesi e The Donald farà di tutto per far crollare, come un castello di carte, l’Eurolager. A differenza degli sforzi profusi dall’oligarchico Obama, che tutto fece per impedire che la Grecia uscisse dall’euro, evitando un effetto domino.
La Finanza ultraliberista, tuttavia, non molla la presa. Gli economisti Alberto Alesina e Silvia Ardagna sostengono che in un’economia con un settore pubblico ampio e inefficiente, quale sarebbe quella italiana, «le misure di stabilizzazione del debito mirate a ridurre le dimensioni del settore pubblico possono risultare espansive».
I fautori dell’ossimoro “Austerità espansiva” non mollano la presa.
A sentir loro invece di procedere al taglio del 3% annuo per i prossimi vent’anni, una misura di soffocamento dell’economia troppo lento, meglio sarebbe un drastico taglio delle pensioni e magari il licenziamento di 750.000 statali, come invocato dall’elitista Edward Luttwak. Ovviamente da scegliere tra quelli troppo anziani per trovare un nuovo lavoro e troppo giovani per aver diritto alla pensione, con i requisiti draculeschi introdotti dalla famigerata “Riforma Fornero”.
Esattamente come sta avvenendo in Grecia (dove tra l’altro i creditori-strozzini evocano il dodicesimo taglio delle pensioni dal 2010), ciò che vuole la Cabala è semplicemente liquidare una massa di milioni e milioni di cittadini “troppo viziati” dal welfare
LA CABALA AGLI ITALIANI: “DOVETE MORIRE PRIMA”
«Gli Italiani devono riassaporare la durezza del vivere» auspicava uno dei creatori dell’euro, Tommaso Padoa-Schioppa. E – preferibilmente – morire, lasciando spazio alla marea montante di immigrati clandestini finanziati da George Sorosii, più attraenti agli occhi delle MegaCorporations Globali rispetto agli autoctoni per il basso costo del lavoro.
Uno dei bracci armati della Cabala Sinarchica, il FMI, lo afferma in questo articolo di quifinanza.it: «dovete morire prima».
Nelle pieghe del Global Financial Stability Report, presentato dal Fondo Monetario Internazionale, c’è un’avvertenza: la longevità delle popolazioni occidentali – ossia il famoso “allungamento delle aspettative di vita” – mette a rischio i bilanci degli stati più sviluppati.
Il Fmi arriva a questa affermazione quando prova a spiegare che “nessun asset può essere considerato veramente sicuro”. Che rapporto c’è tra investimenti finanziari e vecchiaia delle popolazioni? Quello tra affidabilità dei titoli di stato e, appunto, spesa pubblica dedicata agli istituti del welfare (pensioni, sanità, assistenza, istruzione). Silenzio assoluto, per esempio, sulla spesa militare.
Di recente le principali agenzie di rating (tutte statunitensi) hanno deciso un downgrade di titoli fin qui considerati sicuri, “virtualmente privi di rischio”, come i Bund tedeschi o i Treasury americani. Beni rifugio per eccellenza
Si comprende facilmente che questi downgrade hanno seriamente preoccupato gli “investitori professionali” (fondi speculativi, fondi pensione, risparmio gestito, hedge fund, ecc), che stanno dirottando altrove i propri investimenti o sono in procinto di farlo. Con ovvie e serissime conseguenze sulla stabilità degli stessi mercati finanziari e conseguentemente anche per i bilanci stessi degli stati (quando cala l’affidabilità di un titolo, il prezzo scende; e di conseguenza sale il rendimento, ossia gli interessi che uno Stato deve pagare).
Il Fmi sottolinea inoltre che “l’offerta di asset sicuri è diminuita di pari passo alla capacità del settore pubblico e privato di produrre asset di questo tipo”. E la causa principale è individuata nella longevità “eccessiva” delle relative popolazioni. “Se l’aspettativa di vita media crescesse di tre anni più di quanto atteso ora entro il 2050, i costi potrebbero aumentare di un ulteriore 50%. […]
Quello che non è detto esplicitamente dal Fmi è che questa longevità va ridotta per aiutare gli “investitori professionali” a trovare degli asset più affidabili. […]
La questione non riguarda insomma se la longevità sia un costo o no, ma esclusivamente quale parte della società deve pagare questo costo. Per il Fmi [questo prezzo lo devono pagare] soltanto i lavoratori dipendenti (“più alti contributi pensionistici“) e i pensionati stessi (“più alti contributi pensionistici“, ossia pensioni ancora più basse). E se neanche questo basta – e non può bastare, se dal pagamento del prezzo vengono esentati gli “investitori professionali” e tutte le classi dirigenti di ogni ordine e grado – allora non resta che tagliare drasticamente tutti gli istituti di welfare che hanno fin qui sostenuto l’allungamento delle aspettative di vita.
Ribadiamolo: i Quisling della UE e i cabalisti ci impongono («ce lo chiede l’Europa») di tagliare sanità e pensioni per farci morire prima, molto prima.
Ed è ciò che hanno realizzato i nominati Monti-Letta-Renzi dopo il Golpe bianco del novembre 2011.
La più grande bufala (fake news) propalata dalla Cabala è che l’Unione Europea sarebbe un’oasi di pace e di stabilità in mezzo al caos di guerre e disordini in Africa e Medio Oriente. Nulla di più falso. La Zona Euro è niente di più e niente di meno che l’Eurolager, come diciamo da anni.
Un plot che fa parte dell’ultratrentennale piano “United Freemasons” rivelato da Gioele Magaldi:
Sostegno al fratello Deng Xiaoping («Three Eyes») e alla sua politica di apertura della Cina al libero mercato.
«Destrutturazione e liquidazione» dell’Urss e del Patto di Varsavia grazie all’ascesa del fratello Michail Gorbačëv («Golden Eurasia») e alla rottamazione dei vecchi titani del Pcus come il segretario generale Leonìd Brèžnev e i suoi più stretti seguaci e successori («Joseph de Maistre»).
Accelerazione del progresso di integrazione economica e politica dell’Europa secondo lo schema immaginato dai fratelli Richard Coudenhove-Kalergi (fondatore della «Pan-Europa») e Jean Monnet, ex progressista della «Thomas Paine» poi approdato alla «Edmund Burke», alla «Pan-Europa» e alla «Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum».
Riunificazione tedesca come richiesto dai membri delle Ur-Lodges «Pan-Europa», «AtlantisAletheia», «Parsifal», «Valhalla» e «Der Ring».iii
Una vera e propria operazione ermeneutica, sul vero fine dell’Unione Europea, è il seguente capitolo intitolato “la deriva antidemocratica del progetto europeo”:
Alla fine del conflitto mondiale, le idee eurofederaliste di Kalergi – il quale nel frattempo era stato in collegamento con diversi «resistenti» antinazisti del Vecchio continente e aveva insegnato dal 1942 al 1945 alla New York University – furono riprese e sostenute tra gli altri da massoni del calibro di Winston Churchill (1874-1965), William Joseph Donovan (1883-1959), Allen Welsh Dulles (1893-1969), Jean Monnet, Konrad Adenauer, Robert Schuman (1886-1963), Maurice Schumann (1911-1998), Otto von Habsburg eccetera, i quali, sebbene con sfumature diverse, accentuarono gli aspetti elitari e tecnocratici di quel progetto di unificazione cui in passato avevano aderito fior di liberi muratori progressisti.
Nelle sue molte opere dedicate all’idea paneuropea prima del 1946-1947 (tra le quali spicca senz’altro Kampf um Paneuropa – Lotta per Paneuropa –, opera in tre volumi del 1925-1928, che anche nel titolo testimonia della polemica antihitleriana, dal momento che Adolf Hitler aveva pubblicato in prima edizione il suo Mein Kampf proprio nel 1925), il massone Richard Coudenhove-Kalergi aveva prospettato anzitutto tre momenti attuativi del suo progetto federativo: una fase di cooperazione tra i diversi paesi europei in cui le varie decisioni di interesse comune sarebbero state prese all’unanimità;
una fase di unione doganale; una fase compiutamente federativa, con la creazione di Stati Uniti d’Europa. Il programma della federazione prevedeva poi nove punti così articolati: il conferimento ufficiale della sovranità di ogni nazione a nuovi organi politici sovranazionali e unitari; l’istituzione di una corte federale europea per gestire eventuali conflitti tra gli Stati membri dell’Unione; un esercito europeo; un’unione doganale compiuta; la condivisione unitaria e federale dei possedimenti coloniali di quelle nazioni che ne fossero titolari; una moneta unica; il rispetto della varietà delle culture continentali; la tutela delle minoranze etniche; un’adeguata collaborazione con altre istituzioni sovranazionali, in primis la Società delle nazioni.
Rimaneva ambiguo e insufficientemente trattato, nello specifico progetto di Kalergi, il problema del tipo di governance da implementare in una siffatta entità sovranazionale. Questo creativo e vivace massone cosmopolita, tendenzialmente elitario e neoaristocratico, brillante autore di Pan-Europa, non si soffermava granché sulla fondamentale questione delle garanzie di democrazia sostanziale con la creazione di Stati Uniti d’Europa […].
Negli anni dal secondo dopoguerra in avanti […] Kalergi andò accentuando un’interpretazione del progetto europeista che privilegiasse come passaggi iniziali la formazione di un mercato comune e di una integrazione economica, prodromici all’adozione di una moneta unica. In questa prospettiva, l’unificazione economica veniva anteposta a quella politica, la quale veniva anzi vista con diffidenza nei suoi possibili esiti democratici radicali e sostanziali. Viceversa, la ricostituzione nel XX secolo di qualcosa di simile all’Impero carolingio del IX secolo – come Kalergi ebbe a dire in occasioni private profane e in discussioni iniziatiche interne alla Ur-Lodge «Pan-Europa» fondata nel 1947 – presupponeva la creazione di una governance europea sovranazionale gestita da «nuovi aristocratici», da una casta di nuovi vassalli, valvassori e valvassini camuffati da tecnocrati, burocrati e capi di governi democraticamente eletti solo nella forma, in realtà designati a priori in specifici circoli elitari.
Tali dirigenti e funzionari con competenze istituzionali politiche o economiche (neoaristocratici di medio-basso livello) avrebbero dovuto essere indotti a farsi mansueti e ubbidienti gerarchicamente dinanzi a un ristretto cerchio di rappresentanti di un nuovo potere imperiale collettivo e postmoderno, amministrato da neoaristocratici di alto e altissimo livello.iv
IL GRANDE FRATELLO EUROPEO
In poche parole viene tratteggiata la distopia maligna in cui stiamo vivendo giorno dopo giorno, conosciuta come Unione Europea. Non sembri enfatico l’utilizzo del termine distopia. Aggiunge, infatti Magaldi,
Il massone socialista, libertario e democratico Eric Blair in arte George Orwell (1903-1950), aveva letto, dal 1923 in avanti, i vari programmi paneuropei e mondialisti elucubrati dal massone elitario e neoaristocratico Coudenhove-Kalergi e dai suoi amici e alleati/collaboratori. Essi potevano certamente essere interpretati nella prospettiva di un nuovo ordine europeo e mondiale pacifico, democratico, pluralistico e liberale. Ma potevano anche essere piegati in una direzione neoligarchica, autoritaria, tecnocratica e antidemocratica.
Quando, nel 1940, Orwell riceve l’iniziazione nella prestigiosissima Ur-Lodge «Thomas Paine», di orientamento schiettamente progressista e democratico […] e successivamente viene arruolato nella Home Guard, iniziando a lavorare per la Bbc e poi a dirigere il settimanale «Tribune», la Seconda guerra mondiale incalza e i progetti euromondialisti di Kalergi e confratelli sembrano piuttosto remoti.Tuttavia, dopo essersi occupato nel 1944, con La fattoria degli animali (pubblicato nel 1945), di stigmatizzare quello stalinismo comunista totalitario e illiberale già preso di mira in Omaggio alla Catalogna del 1938, a partire dal 1947, allorché come abbiamo visto Coudenhove-Kalergi e confratelli collaboranti rientrano alla grande sulla scena del potere e della propaganda euroatlantica, Orwell inizia a elaborare un grande affresco romanzesco mediante il quale mettere in guardia anche l’Occidente liberaldemocratico da possibili derive autoritarie elitarie e oligarchiche.
In effetti, il riferimento orwelliano, in 1984, a Pan-Europa e ad altre opere kalergiane è evidentissimo e clamoroso proprio a partire dallo scenario internazionale descritto dallo scrittore britannico nell’ambientazione del suo romanzo.
Il massone progressista Orwell descrive un’umanità del futuro aggregata in tre grandi super-Stati sovranazionali – Oceania, Eurasia, Estasia – in perenne conflitto tra loro per il dominio su altri territori non altrettanto organizzati e unificati.
Come non cogliere una imitazione polemica del progetto che venne illustrato e discusso già nel 1926, nel corso del congresso viennese dell’Unione paneuropea di Kalergi & Company?
In quella sede, infatti, si parlò di un’auspicabile, futura organizzazione del mondo in cinque gruppi macrostatuali: Eurasia a egemonia russa, Unione panamericana (Nord e Sud America), Stati Uniti d’Europa, Commonwealth britannico, Unione panasiatica (Giappone, Cina e altri paesi orientali), introducendo il concetto di dominio condiviso sui propri possedimenti coloniali in Africa, Medio Oriente eccetera, da parte delle nazioni europee federate tra loro.
Ebbene, con intento chiaramente polemico e demistificatore, Orwell accorpa l’Europa continentale e la Russia, denominandola appunto Eurasia, egemonizzata da una sorta di neobolscevismo; fonde insieme nell’Oceania Americhe e Commonwealth con tutte le colonie britanniche, soggette al governo oligarchico, elitario, gerarchico e autoritario del «Socing», evoluzione antidemocratica del Partito laburista inglese; unifica nell’Estasia Cina, Giappone, Mongolia, India, Birmania eccetera, ugualmente a guida di pochi autocrati; infine individua una serie di regioni come Africa centrosettentrionale, Medio Oriente e Asia centrale, suscettibili di scatenare istinti predatori e conflitti bellici tra i tre super-Stati menzionati.
In buona sostanza, Orwell sta avvisando l’opinione pubblica del suo tempo (1948) che, ove il progetto (kalergiano e/o di altri) di costruire entità statuali sovranazionali evolvesse entro un orizzonte di dominio extrademocratico, burocratico e tecnocratico da parte di élite neoaristocratiche fautrici di una qualche forma di «pensiero unico», il rischio sarebbe quello raccontato nel suo agghiacciante romanzo: anche per l’Occidente sarebbero prevedibili forme di governance antidemocratiche e liberticide, come già verificatosi in Unione Sovietica e/o in altre lande del pianeta.
Ma la genialità di Orwell sta anche e soprattutto nella capacità di disvelare e spiegare dal di dentro l’analogia strutturale e funzionale tra tutti i generi di dittature, soft o hard, palesi o occulte, di destra o di sinistra: al fondo, dietro le figure unificanti di singoli leader carismatici in stile Grande Fratello, si cela la gestione del potere da parte di élite organizzate in gerarchie burocratiche e tecnocratiche, con un potere che promana dall’alto verso il basso, dai pochi che comandano veramente ai molti e ai moltissimi cui spetta soltanto obbedire in una gamma variabile di sfumature, passando per alcuni che in gran parte ubbidiscono a loro volta, ma hanno anche qualche responsabilità di comando su altri a loro inferiori.
In questo contesto, l’insistenza di Orwell anche sugli aspetti propagandistici, di fabbrica e manipolazione del consenso e della pubblica opinione da parte dei reggitori dell’Oceania, capi del Socing, fa pensare ai ragionamenti polemici che proprio in quegli anni – all’interno dei verbali della Ur-Lodge «Thomas Paine» c’è ancora traccia di ciò – venivano fatti in relazione all’opera di massoni statunitensi come […] Lippmann, Lee e Bernays. In particolare, i massoni progressisti della «Thomas Paine», cui Orwell apparteneva e cui era stata iniziata anche Eleanor Roosevelt, non dimenticavano e non perdonavano al fratello Bernays di essere stato il regista della propaganda mediatico-pubblicitaria anti-New Deal organizzata dalla Nam, National Association of Manufacturers, e dalla General Motors.v
Quando Marine Le Pen, leader del Fronte Nazionale, parla dell’esiziale Unione Europea come dell’Unione Sovietica Europea non esprime la figura retorica conosciuta come iperbole, ma compie una vera e proprio operazione di esegesi epistemologica. Descrive quella che è divenuta l’essenza di fatto della UE a causa dei disegni oscuri avviati dalla Cabala-Sinarchia quasi cento anni fa, con la kalergiana associazione Paneuropa del 1922, ove già si parlava esplicitamente di Unione Europea.
L’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA E GEORGE SOROS
Come avevamo scritto in La Cabala,
L’immigrazione clandestina destinata a crescere esponenzialmente non è altro che il piano di Soros e della Cia per destabilizzare l’Europa, svelato in uno sconvolgente report da Wayne Madsen della Strategic Culture Foundation. (clicca qui per leggere)
La Cabala non sta facendo altro che applicare la “teoria del caos” non solo nei confronti di Africa e Medio Oriente ma anche contro i Paesi della UE, in particolare l’Italia. Come spiega Thierry Meyssan, «il caos non è l’accidente, è l’obiettivo»:
Quando, nel 2003, la stampa statunitense ha cominciato a evocare la “teoria del caos”, la Casa Bianca ha risposto evocando un “caos costruttivo”, lasciando intendere che si sarebbero distrutte delle strutture oppressive affinché la vita potesse sgorgare senza ostacoli.
Ma né Leo Strauss né il Pentagono, fino a quel momento, avevano mai utilizzato questa espressione. Al contrario, secondo loro, il caos doveva essere tale che niente potesse strutturarsi, tranne la volontà del Creatore dell’Ordine nuovo, gli Stati Uniti.
Il principio di questa dottrina strategica può essere così riassunto: il modo più semplice per saccheggiare le risorse naturali di un Paese sul lungo periodo non è occuparlo, ma distruggere lo Stato. Senza Stato, niente esercito. Senza esercito nemico, nessun rischio di sconfitta. Da quel momento, l’obiettivo strategico delle forze armate USA e dell’alleanza che esse guidano, la NATO, consiste esclusivamente nel distruggere Stati. Ciò che accade alle popolazioni coinvolte non è un problema di Washington.
Questo progetto è inconcepibile per degli Europei, i quali, dalla guerra civile inglese, sono stati convinti dal Leviatano di Thomas Hobbes che è necessario rinunciare a certe libertà, o addirittura accettare uno Stato tirannico, piuttosto che venire sprofondati nel caos.
Fin dai tempi della Civiltà di Ur, le ondate migratorie hanno avuto un solo effetto: la dissoluzione delle civiltà. Il corollario è che insieme alle civiltà vengono liquidate le culture che hanno espresso tali civiltà.
Mediante le ondate migratorie provenienti dai Paesi destabilizzati dalla Cabala si intende liquefare la cultura dei Paesi Europei, in primis l’Italia. La Cabala sa che un essere umano senza cultura è senza storia. Un essere senza storia è il perfetto schiavo della dittatura delle Èlites, che la Cabala sta costruendo.
Sprizzava soddisfazione da tutti i pori lo storico di Trilateral Commission Francis Fukuyama quando affermava che «è possibile che siamo giunti alla fine della storia in quanto tale; vale a dire al capolinea dell’evoluzione ideologica dell’umanità e all’universalizzazione della democrazia liberale occidentale quale forma ultima di governo dell’umanità».
Il governo della Cabala.
Ricordiamo cos’è la Cabala. La Cabala è quel clan massone e globalista a cui orgogliosamente proclama di appartenere David Rockefeller, Sr., il Gran Maestro della più eversiva e potente Ur-Lodge mondiale, Three Eyes Lodge. La Cabala è l’oscuro deep state che manovra i politici marionetta come Barack Obama e The Clintons. La Cabala è quell’1% di privilegiati che hanno depredato il 99% della ricchezza mondiale (Dati Oxfam).
CABALA E PSICOPATIA: STESSA COSA
Affermano recenti studi che esistono due categorie di psicopatici: quelli di enorme successo e i depravati senza capacità. I primi diventano membri della Cabala, i secondi diventano serial-killer. Ma non è assolutamente da escludere che gli appartenenti alla Cabala non si lascino andare a riti demoniaci, se non addirittura ad efferati delitti, coperti da potere e ricchezza.
E’ nato da poco un nuovo settore di studio: la corporate psychopathy (psicopatia aziendale).
Negli scandali di fine secolo xx e inizio secolo xxi, infatti, non si sono trovate immoralità occasionali di persone che hanno sbagliato, e possono pentirsi, ma perversioni morali permanenti che, se non fossero state scoperte, sarebbero continuate perché non lasciavano sensi di colpa: è la condizione chiamata psicopatia, considerata difficile da redimere.
Uno dei più noti questionari per identificare i disturbi psicopatici è lo Psychopathy Checklist di Robert Hare. Sotto la spinta della nuova immoralità aziendale, l’autore ne ha prodotto una versione differenziata in due parti. Una prima lista va in cerca del fattore 1:
mancanza di scrupoli, di responsabilità,
di sensi di colpa,
tendenza alla menzogna e alla manipolazione,
cinismo e cosi via.
Il secondo elenco riguarda il fattore 2:
instabilità,
comportamenti apertamente devianti,
aggressività non controllata.
In Europa gli studi sulla corporate psychopathy sono meno sviluppati rispetto all’America, ma mostrano tendenze simili. Una ricerca di Belinda Board e Katarina Fritzon, dell’Università del Surrey, ha comparato un gruppo di 39 manager di successo con criminali e pazienti psichiatrici gravi. La loro classificazione finale ha diviso la popolazione esaminata in «psicopatici di successo» e «psicopatici senza successo».
Proviamo a riassumere quello che interessa ai nostri scopi. Tanto secondo gli studi di Hare e Babiak, quanto secondo quelli di Board e Fritzon – effettuati non solo in istituzioni diverse, ma in continenti diversi:
la personalità del manager brillante
ha non pochi elementi in comune
con quella dello psicopatico.
Le caratteristiche antisociali, però, sono presenti in quantità diverse e si manifestano meno direttamente. Il fattore 1 di Hare, che corrisponde a un’immoralità non visibile, quindi particolarmente pericolosa, è presente sia nei manager sia negli psicopatici criminali.
Il fattore 2, invece, si ritrova solo nei criminali tradizionali. È, in un certo senso, meno sorprendente e meno pericoloso, perché scontato e visibile.
I soggetti che, nella classificazione di Hare, possiedono solo il fattore 1, secondo l’Università del Surrey sono «psicopatici di successo» e rivestono alte cariche aziendali.
Quello che li differenzia dal gruppo dei «senza successo» è l’aggressività. Nei manager essa si manifesta in modo più differenziato e senza fretta: non aggrediscono fisicamente, sottomettono l’ex-prossimo a un cinismo aziendale.
Un CEO su cinque è psicopatico, ma più si sale nella scala gerarchica è più cresce il livello di psicopatia.
Un esempio? Il frontman della Cabala, George Soros, definito “Uno psicopatico per psicopatici”:
[Soros occulta] completamente il proprio ruolo esteso nella creazione del problema [la crisi migratoria, ndr] che pretende di cercare di risolvere; nel frattempo, accusa la Russia, l’unico stato in grado di pareggiare nella guerra sulla Siria, di essere dietro la ”migrazione” per la quale proprio lui, Soros, ha speso milioni nella progettazione.
[Soros] è parte di una cabala che prevede il rovesciamento dei paesi a ”cena”. La psicopatia è il requisito base per aderire a questo ”club”. Quindi se pensate che la coscienza farà fermare lui e i suoi amici prima che voi e la vostra famiglia finirete in condizioni identiche a quelle degli abitanti della regione del Donbass, o se pensate che l’Europa Occidentale sia oltre la portata dei loro piani per un crollo progettato solo perché voi non fareste una cosa del genere – vi state sbagliando.
Quando l’Europa sarà a brandelli, e i suoi uomini (trasformati dal denaro di Soros da veri uomini in effeminati liberali acculturati lemming) starnazzeranno increduli mentre i loro deliri viziati andranno in frantumi nel ”collasso”, che Soros prevede, non gli importerà niente.
Per lui non importa che questa sia l’Europa e che la vostra vita sia sotto attacco, e non quella delle persone di colore o degli europei dell’Est. Non farà alcuna differenza. Per uno psicopatico è semplice: voi lo lasciate fare – e la colpa è vostra.”
Il filmato che segue è una prova schiacciante di quanto rilevante sia la psicopatia che affligge George Soros.
In un’intervista del 1998 a “60 Minutes” ammette di aver collaborato alla requisizione dei beni appartenenti ai suoi correligionari ebrei ungheresi effettuata dalle SS nel 1944.
Afferma, con totale amoralità, di “non provare alcun senso di colpa”, sogghignando addirittura.
Soros è esiziale per gli Stati Nazionali e per i Mercati. Come afferma il Nobel Paul Krugman,
Nobody who has read a business magazine in the last few years can be unaware that these days there really are investors who not only move money in anticipation of a currency crisis, but actually do their best to trigger that crisis for fun and profit. These new actors on the scene do not yet have a standard name; my proposed term is ‘Soroi’
Krugman ci spiega che il Soros provoca il caos per lucrare miliardi di dollari. E’ Soros stesso il Caos e considerando la sua convinzione di essere un Dio, il nome che dovrebbe assumere è Seth. «Seth dio del caos, del disordine, della violenza e degli stranieri nella mitologia egizia». Un perfetto nomen omen per chi finanzia rivoluzioni “colorate” (caos) in Est Europa, Africa e Medio Oriente per creare una massa di migranti stranieri da utilizzare per gettare nel caos altri Stati e poter vincere ulteriori scommesse finanziarie.
Il sito DCLeaks lo afferma con fondatezza, «Soros è l’architetto o il finanziatore di più o meno ogni rivoluzione o colpo di stato nel mondo negli ultimi 25 anni. Spilla sangue a milioni e milioni di persone solo per diventare più ricco lui».
Chiosa Giampaolo Rossi sull’uomo della Sinarchia György Schwartz,conosciuto come George Soros:
Tra tutte le cause “progressiste” che Soros finanzia, quella per agevolare l’immigrazione clandestina è forse la più curiosa (ed anche la più rivelatrice).
Nel 2014 il New York Times rivelò che la decisione di Obama di modificare la legge sull’immigrazione per facilitare il riconoscimento degli irregolari, fu spinta dalla campagna delle associazioni pro-immigrati divenute una “forza nazionale” grazie all’enorme quantità di denaro versato nelle loro casse dalle ricchissime fondazioni di sinistra tra cui, appunto, la Open Society di Soros (oltre alla sempre presente Ford Foundation); “Negli ultimi dieci anni – scrive il NYT – questi donatori hanno investito più di 300 milioni di dollari nelle organizzazioni di immigrati” che lottano “per riconoscere la cittadinanza a quelli entrati illegalmente”.
Ora, Soros, che di mestiere fa lo speculatore finanziario, è uno che con i soldi non produce ricchezza ma povertà. Il suo lavoro è, di fatto, scommettere sulla perdita degli altri; lui vince se il mondo perde.
Soros appartiene a quella aristocrazia del denaro per la quale, crisi economiche e guerre, sono linfa vitale per il proprio portafoglio (e per il proprio potere).
E infatti i suoi miliardi li ha fatti (e continua a farli) mettendo in ginocchio le economie di mezzo mondo; ne sappiamo qualcosa anche noi italiani che nel 1992, subimmo l’attacco speculativo orchestrato dal suo fondo “Quantum” che bruciò il corrispettivo di 48 miliardi di dollari delle nostre riserve valutarie, costringendo la Lira ad uscire dallo Sme (insieme alla sterlina inglese).E se “destabilizzare le economie” è il suo lavoro, destabilizzare i governi è il suo hobby; e così Soros finanzia da anni rivoluzioni colorate (dall’est Europa alle Primavere Arabe) che altro non sono che guerre civili all’interno di Stati sovrani per sostituire governi legittimi con replicanti a lui rispondenti; e adotta (finanziando campagne elettorali) candidati particolarmente inclini a fare le “guerre umanitarie” con cui stravolgere intere aree del mondo.
LO SCHEMA SOROS: POVERI-PROFUGHI-IMMIGRATI
Per semplificare (anche troppo) lo chiameremo “SCHEMA SOROS” anche se in realtà è un preciso disegno dell’élite tecno-finanziaria per costruire il proprio sistema di potere globale.Lo “Schema Soros” funziona così: l’élite prima produce i poveri, poi trasforma alcuni di loro in profughi attraverso una bella guerra umanitaria o una colorata rivoluzione (in realtà i profughi sono meno della metà degli immigrati) e poi li spinge ad entrare illegalmente in Europa e in Usa grazie alle sue associazioni umanitarie, ricattando i governi occidentali e i leader che essa stessa finanzia affinché approvino legislazioni che di fatto eliminano il reato di immigrazione clandestina. Il tutto, ovviamente, per amore dell’Umanità.
In questo schema un ruolo centrale ce l’ha il sistema dei media e della cultura nel manipolare l’immaginario simbolico e costruire il “pericolo xenofobo e populista” contro chiunque provi ad opporsi a questo processo.E francamente fa uno strano effetto vedere la sinistra americana di Obama e della Clinton solidarizzare con i profughi dopo aver lanciato sulla loro testa 26.000 bombe solo nel 2016 (quasi 50.000 in due anni) e venduto ai loro governi più armi di qualsiasi amministrazione americana, nel rumorosissimo silenzio di Soros e dei benpensanti che oggi scendono in piazza contro Trump.
A COSA SERVE L’IMMIGRAZIONE INDOTTA?
L’immigrazione in atto non è un processo naturale ma indotto per consolidare un modello incentrato non sulla ricchezza reale (produzione di beni e consumo) a vantaggio di tutti, ma su quella “irreale” del debito e dell’usura, a vantaggio di pochi.
La globalizzazione non è altro che il processo di concentrazione della ricchezza mondiale nelle mani di un numero sempre più ristretto di persone (quel famoso 1% che detiene il 50% della ricchezza globale).Per l’Occidente il vero sconvolgimento è la dissoluzione della classe media, l’erosione ormai costante di quella che è stata il motore trainante dello sviluppo economico e civile dell’ultimo secolo e mezzo.
Non è un caso che “l’abbattimento della borghesia” (sogno di ogni ideologia totalitaria di destra e di sinistra) va di pari passo con i tentativi di smantellamento delle democrazie in atto in Occidente attraverso l’ascesa di governi tecnocratici e revisioni costituzionali scritte direttamente dai banchieri.
Per Soros e per l’élite tecno-finanziaria, “la democrazia è un lusso antiquato” (come scrisse il Financial Times, la Bibbia del gotha finanziario); e i meccanismi di sovranità popolare e rappresentanza parlamentare sono un intralcio alla gestione diretta del potere.Il processo d’immigrazione indotta serve proprio a questo: disarticolare l’ordine sociale e culturale, generare conflitti endemici (guerra tra poveri), imporre legislazioni più autoritarie, alterare l’equilibrio demografico e generare un’appiattimento della stratificazione sociale per ridurre il peso di quella classe media, elemento da sempre in conflitto con le élite.
Per Soros e i suoi amici è molto più funzionale una società a due livelli: una élite con in mano grande potere economico (e decisionale) in grado di gestire anche i flussi informativi (e formativi) e una massa sempre più povera, dipendente da questa élite e dall’immaginario che essa costruisce; e nel progetto globalista, le identità nazionali e religiose (proprio perché pericolose costruttrici di senso) devono essere annullate all’interno di una massa indistinta e perfettamente funzionale al sistema di dominio.
Il sogno di un mondo governato da pochi plutocrati passa per la dissoluzione dell’Occidente come lo conosciamo e l’immigrazione di massa costruita a tavolino e legittimata persino nelle dichiarazioni ufficiali dei tecnorati sulla “Migrazione Sostitutiva”, serve a trasformare il loro sogno nel nostro incubo.
LA CABALA E’ IL NUOVO SOCING
La Cabala controlla totalmente la sinistra radical chic che da Tony Blair, passando da Bill Clinton, arriva fino a Barack Obama. Più che sinistra dovremmo chiamarla per quella che essa effettivamente è, una sorta di clone del Socing (o Ingsoc), il Partito Unico dominato dal Grande Fratello in 1984.
Paradigmatica, a riprova di quanto testé affermato, la figura dell’elitista Ray Dalio, fondatore dell’Hedge Fund Bridgewater Associates, tratteggiata dal giornalista economico Paolo Barnard:
La narrativa che corre nel mondo di questi tre temi del boss di Bridgewater non è compresa, a volte addirittura è scambiata per un innovativo approccio al mondo dell’impiego. Ma no, sono tre punture di cianuro studiate con abilità che definire maligna è riduttivo.
Il Dalio-assioma, si è detto, è che ogni componente del pianeta umano può essere visto come una Machine. La Machine vince perché l’accumulo di dati incrociati e analizzati la rende invincibile, dice Ray. La Machine del mondo del lavoro è fatta di umani però (non nel mondo metalmeccanico dove il robot disintegrerà l’operaio per l’eternità fra pochissimo), ma gli umani devono essere conformati alla Machine. L’Amigdala del cervello umano, però, mette i bastoni fra le ruote con l’emotività, l’emotività PERSONALIZZA i dipendenti. Essi allora, continua il Credo-Dalio, vanno totalmente spersonalizzati. Ma oggi non è lecito usare i sistemi di spersonalizzazione di Stalin, e allora come si spersonalizzano oggi i dipendenti nel mondo post orwelliano per ottenere macchine che ottimizzano il profitto?
Si usano pifferai magici che formulino parole e pratiche che incantano: Ray Dalio ne è il maestro.
La TRASPARENZA di Ray Dalio suona una bellissima cosa al lavoro, ma a Bridgewater essa significa che esiste un sistema dove ogni singolo minuto di lavoro in ufficio è filmato e registrato, e tutto ciò è reso disponibile in una videoteca a chiunque nell’azienda, dal barista a Dalio. Il dipendente sa di essere trasparente perché non può nascondere neppure un colpo di tosse di disapprovazione senza che tutta l’azienda possa vederlo. Ray Dalio ha dato ordine a tutti i suoi dipendenti di sfidare di continuo gli altri con giudizi o polemiche, anche se i fatti riguardano comparti dove lui/lei non sono affatto coinvolti.
Questo porta al Dalio-concetto di VERITA’ RADICALE. Chi lavora in un luogo e sa che ogni sua mossa e parola è filmata/registrata e verrà vista da tutti, e sa che vi saranno di continuo riunioni dove ogni singolo dipendente è incoraggiato a sfidare gli altri in base a quei filmati, bè, chi lavora in un posto così non può che essere coercito a reagire con altrettante intrusioni e attacchi ad altri, la distorta VERITA’ RADICALE di Ray. Ma è verità, sincerità, o è l’essere maciullati senza sosta in una pubblica arena giornaliera per ogni respiro fatto e parola detta, in continue riunioni di critica, confronto, giudizio, esposizione in pubblico?
Ma certo che questo porta a RELAZIONI INTENSE, nel Dalio-gergo. Intense perché ti devastano ogni secondo, e ogni secondo devi poter attaccare o difenderti perché tutta l’azienda ha visto e udito ciò che hai ‘respirato’ detto o registrato in video e audio. Questo dal lunedì, alle 08:00 alle 20:00, fino al venerdì. E peggio, orrendamente peggio…
Questa psicotizzante pratica, viene detto ai dipendenti, gli serve per imparare che solo un orwelliano lungo processo di aggregazione, limatura ed eliminazione dei propri errori e dei propri autoinganni li potrà portare ad essere una Macchina infallibile, cioè li porterà al successo eterno che è prerogativa delle Machines. L’Amigdala va polverizzata dalla Storia, e se possibile dalla biogenetica in futuro. L’emozione è il nemico della Machine e del successo in ogni sfera del vivere. Questo viene detto ai dipendenti.
Così Ray Dalio SPERSONALIZZA del tutto un dipendente, che gli diventa Machine, perfetta Machine per i suoi profitti che fanno record mondiale. E così faranno i datori di lavoro di tuo figlio e del figlio di tuo figlio.
La Cabala, l’Élite, l’Oligarchia, la Sinarchia, la Massoneria Neofeudale, in qualunque modo vogliate chiamarla, ci odia, ci disprezza, ci considera semplici schiavi, al più ci teme come “mucchio selvaggio”, come “bestie umane”, che vanno blandite, controllate e uccise. In Cina muoiono ogni anni 600.000 lavoratori per stress da lavoro, In Europa decine di migliaia di cittadini muoiono di suicidio, fame e stenti a causa dell’Eurolager.
Ma, a similitudine di Big Brother, la Cabala vuole controllare totalmente le nostre vite e vuole addirittura che amiamo i suoi membri!
La Cabala non ha regole, non ha empatia, non ha coscienza, non ha anima. Mente. Mente in modo spudorato. Da secoli se non addirittura da millenni.
In ogni caso è provato che, da secoli, la Cabala propala bufale e rilascia disinformazione e misinformazione.
E’ ridicola, o addirittura criminale, questa campagna propagandistica che la Cabala sta conducendo contro le bufale che ora vengono definite fake news, post truth, post verità o palle varie.
I Cabalisti hanno sempre avuto il controllo dei Mainframe Media, prima cartacei, poi radiotelevisivi e adesso digitali.
Media da sempre mendaci, perché da sempre in mano alla Cabala come New York Times, Washington Post e ora CNN, MSNBC et similia. le cui presstitutes hanno da sempre mentito pur difendere da sempre gli interessi dei loro Padroni, i potentissimi e ricchissimi Cabalisti.
Un esempio? Torniamo al già citato massone Edward Bernays, il primo spin doctor della Cabala neoaristocratica e antidemocratica.
Autore di “Propaganda” e nipote di Sigmund Freud – lo psicoanalista studioso delle forze irrazionali che albergano nell’animo umano – sfruttò gli studi dell’avo per lucrare immense somme di denaro.
Grandi somme ricevette per le menzogne propagandistiche che propalò per salvare la reputazione di John Davison Rockefeller (allora Gran Maestro della Cabala Massonica Mondiale) e nonno di David Rockefeller, reputazione compromessa a seguito del “massacro di Ludlow”: il 20 aprile le guardie della Colorado Fuel and Iron Company di proprietà di Rockefeller spararono contro i minatori in sciopero, uccidendo venti persone fra cui 12 donne e bambini.
Il Bernays aveva come scrittore di riferimento Walter Lippmann il quale sosteneva che «se davvero gli esseri umani erano guidati da forze irrazionali inconsce, era necessario ripensare la democrazia. Quello che serviva era una nuova élite, che potesse governare quello che lui chiamava “il branco selvaggio“, e ciò sarebbe stato possibile usando tecniche psicologiche che avrebbero tenuto sotto controllo i sentimenti inconsci delle masse».vi
Per Bernays la democrazia era un concetto meraviglioso,
ma era convinto che l’uomo della strada non avesse opinioni affidabili e che potesse votare per la persona sbagliata o desiderare la cosa sbagliata, quindi credeva che dovesse essere guidato dall’alto. Si trattava di una forma di dittatura. Fare appello ai desideri ed alle paure più profonde, per usarli ai propri fini.vii
LA MASCHERA DELLA CABALA
La Cabala, oltre a manipolare l’uomo comune, sfruttandone ansie e paure per i suoi abietti fini, cerca di nascondere la sua vera faccia.
La maschera che indossa è quella di politici popolari, sostenuti dai corrotti Mainstream Media.
Il libro di Luciano Canfora e Gustavo Zagrebelsky “La maschera democratica dell’oligarchia”, pubblicato nel 2015 da Laterza, raccoglie e approfondisce una serie di loro dialoghi avvenuti a Torino, Bologna e Roma. L’argomento è di stretta attualità, ma gli autori, coadiuvati dal curatore del volume, Geminello Preterossi, partono da lontano. Al cospetto di movimenti che tendono ad intercettare la rabbia dei cittadini e che denunciano l’involuzione del potere democratico in oligarchia, è diventato ormai necessario comprendere il significato di certe parole e prendere atto, come afferma Zagrebelsky, che l’affermazione dell’oligarchia – in un mondo caratterizzato dalla finanziarizzazione dell’economia e quindi dal denaro che non è più mezzo ma fine – non può che passare ormai per procedure democratiche svuotate di senso. Un regime che quindi non si manifesta sempre nelle forme tradizionali, ma che possiamo anche individuare nella cosiddetta oligarchia finanziaria, più nascosta, anche non ufficiale, che si fonda sul denaro che alimenta un potere fondato sulla speculazione e sul potere che, a sua volta, alimenta flussi finanziari in favore di pochi privilegiati. Un’oligarchia contemporanea del tutto peculiare e, per dirla in altri termini, che non potendosi dichiarare per quello che effettivamente è, deve mimetizzarsi, rendersi invisibile, nascondere la sua faccia» (p.10). Un regime del privilegio caratterizzato da cittadini degradati a sudditi, dall’autoconservazione attraverso la cooptazione, quindi palesemente in contrasto con le regole anche formali della democrazia. Tutto ciò, in un momento storico nel quale «i fattori di trasformazione e redistribuzione della ricchezza e potere non [sono] più nella rappresentanza politica, ma nella tutela giurisdizionale dei diritti» (p.38).viii
Questa è la vera, ultima menzogna della Sinarchia.
Coopta sconosciuti politici della finta sinistra radical chic, il Socing, come Bill Clinton, Tony Blair, Barack Hussein Obama II, et similia.
Grazie alle fake news, alle bufale dei Media Mainstream, dei “giornaloni”, monta le loro capacità e li spaccia per saggi e democratici leaders mondiali.
Essi non sono altro che le cinghie di trasmissione del vero potere, la Cabala.
i Cfr. Gioele Magaldi, Laura Maragnani, Massoni Società a responsabilità illimitata – La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere Editore
ii http://soros.dcleaks.com/view/?q=migration&div=europe
iii Gioele Magaldi, Laura Maragnani, “Massoni Società a responsabilità illimitata – La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere Editore
iv Gioele Magaldi, op. cit.
v Gioele Magaldi, op. cit.
vi https://it.wikipedia.org/wiki/Edward_Bernays
vii https://it.wikipedia.org/wiki/Edward_Bernays
viii http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=19&ID=541&NUMBER=6
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Chiunque abbia scritto questo articolo, è un vero genio