L’Italia è tornata indietro di settanta anni. Siamo nuovamente occupati dai Tedeschi. Il dittatore pro tempore è la Cancelliera Tedesca: Angela Merkel.
Può sembrare un’iperbole, ma non è così.
Quasi tutti i Media parlano di “compiti a casa” imposti dalla UE germanocentrica, esultano perché il mediocre Jobs Act ha l’approvazione del Paese occupante (la Germania, appunto) e brindano al fatto che la dominatrice d’Europa definisce, con sense of humour, “impressionanti” la riforme renziste, come “impressionanti” erano quelle dei precedenti nominati Letta e Monti. E’ impressionante che – a parte rari casi come “il Fatto Quotidiano” e pochi giornalisti coraggiosi come Paolo Barnard e Marco Travaglio – tutta l’autoreferenziata informazione italiana abbia accettato supinamente il fatto che, grazie ad Euro e alla UE, l’Italia è diventata un Protettorato, un Gau germanico e i governanti italiani dei semplici Gauleiter, nominati solo dopo il placet tedesco.
Non è un caso infatti che, dopo il golpe dello spread dell’autunno 2011, quando venne rimosso l’ultimo premier votato dagli Italiani a Palazzo Chigi. si siano succeduti solo nominati, dal Trilateralist Mario Monti al Bilderberger Enrico Letta fino ad arrivare a Matteo Renzi che, prima di detronizzare Enrico Letta si recò a Canossa a rendere omaggio, da fresco segretario PD, alla Cancelliera teutonica. Resta il dubbio che la Merkel non gli abbia mandato un sms con l’hashtag #goRenziego in segno di placet per la rimozione di Enrico Letta. A suo tempo l’Huffington Post ironizzò con:
#CoeRenzie è l’hashtag che sta letteralmente inondando twitter dopo il risultato emerso dalla Direzione del Partito democratico che ha portato alle dimissioni di Enrico Letta. Così il segretario Pd e ormai premier in pectore Matteo Renzi viene preso in giro sui social network. Dopo l’hashtag “#Enricostaisereno”, (lanciato proprio da Renzi per rassicurare il dimissionario presidente del Consiglio), ora gli utenti continuano a rilanciare vecchi tweet in cui il sindaco di Firenze affermava che non sarebbe mai andato a Palazzo Chigi, per “mettere a nudo la coerenzie” del segretario
Ma, a differenza di Berlusconi che non dette alcun seguito al diktat Trichet-Draghi dell’agosto 2011, Renzi, pur di rimanere in sella, non esita ad allestire le “riforme strutturali” nelle stesse modalità indicate dalle locuste della Finanza Speculatva Internazionale che si nascondono dietro la Troika. Flessibilità del lavoro (ce lo chiedono UE e BCE), tagli alla Sanità Pubblica, deflazione salariale e tagli alle pensioni medio-basse (come vuole FMI). «Questo è il piano dell’Europa: trasformarci in una nazione di poveri e Matteo è ben contento di eseguirlo: Lui ride contento assiame alla Merkel. A piangere saranno gli Italiani!»:
Quando organismi sovranazionali tristemente famosi come OCSE, Banca Mondiale, FMI, UE, BCE, parlano di “riforme strutturali” e di “piena flessibilità lavorativa” retrocedono milioni di lavoratori a cose, infischiandosene se dietro a “ristrutturazioni” e “globalizzazione” ci sono milioni di famiglie a rischio sopravvivenza.
In verità, le riforme strutturali sono solo Macelleria Sociale. Scrive il giornalista economico e scrittore Paolo Barnard:
Ormai ce lo dicono chiaro: la democrazia è il nemico. Costituzione, elezioni, parlamento e leggi sono ostacoli da rimuovere. Se vogliamo veramente le riforme, se vogliamo essere governati, se vogliamo cambiare, dobbiamo dare tutto il potere agli uomini che hanno la determinazione, le capacità e i mezzi per comandarci. Se anche solo vent’anni fa il capo di un partito avesse detto cose del genere, sicuramente il Presidente della Repubblica in carica si sarebbe levato a difesa delle Istituzioni che è suo compito salvaguardare. Oggi no. Oggi è proprio il Capo dello Stato quello che raccomanda l’urgente potatura della Costituzione, il celere dimezzamento del Parlamento per facilitare all’Esecutivo il compito di riformare il Paese. Riforme strutturali. Ma quali riforme? Ci sono forse state grandi manifestazioni di piazza in cui il popolo ha chiesto a gran voce di rendere più facili i licenziamenti, di abbassare gli stipendi e di tagliare le pensioni? No, la parola riforme deve essere sempre preceduta o seguita da un aggettivo: necessarie. Così funziona…
(Qui il link di Edizioni Andromeda sul libro di Paolo Barnard “Il complotto e i colpi di Stato”)
Angela Merkel, può permettersi di ridere alla facciadegli Italiani e degli altri Europei non-Tedeschi che la Germania sta spogliando di tutte le ricchezze, con la collaborazione degli Eurocrati.
In breve, i soldi delle nostre tasse finiscono in gran parte nelle tasche della Germania. Stiamo tirando la cinghia affinché i grassi, pingui, rosei, rubizzi Tedeschi diventino ancora più obesi a nostre spese.
[La Germania] esporta troppi beni e servizi: nel 2013 la sua bilancia commerciale, cioè la differenza tra export e import, è risultata in attivo per la cifra monstre di 198,9 miliardi di euro. Un eccesso che crea problemi al resto del continente, perché si traduce in un rafforzamento dell’euro, ostacola le vendite degli altri 27 Paesi, tiene bassa l’inflazione e per quella via contribuisce pure ad aumentare il valore reale dei debiti pubblici. A tutto svantaggio delle economie più deboli. Ma non è solo questione di “buon vicinato”: il pacchetto di regolamenti europei “Six pack”, lo stesso che impone di tenere strettamente sotto controllo il debito, vieta di avere un surplus superiore al 6% del prodotto interno lordo per tre anni di fila. Ebbene, il Paese guidato da Angela Merkel ha già sforato per quattro volte e si appresta a farlo anche nel 2014. Non per niente lo scorso anno la Commissione aveva, come si usa dire, “acceso un faro” su questa situazione. “Dobbiamo esaminare bene la questione e capire se l’elevato avanzo tedesco danneggi il funzionamento dell’economia europea”, aveva detto il presidente Josè Manuel Barroso. Lo stesso che non perde occasione per ricordare a Roma che “i patti vanno rispettati”. Evidentemente, però, per Berlino il verdetto finale è stato di assoluzione. Non verrà sanzionata con una multa pari allo 0,2% del Pil, come prevedono le regole condivise.
E’, infatti, patente e sotto gli occhi di tutti che Matteo Renzi si è ben guardato di battere i pugni sul tavolo europeo come aveva millantato in innumerevoli tweet. Ha mentito, per l’ennesima volta agli Italiani. Non creerà mai alcun problema alla Merkel.
Di converso, pur di conservare la cadrega, Renzi sta assecondando con totale acquiescenza i piani di dissoluzione dell’economia e del welfare italiani programmati dalla UE germanocentrica.
L’appoggio che il fiorentino ha richiesto al banchiere mondialista Mario Draghi nel famoso “patto dell’elicottero” dell’agosto scorso va in questa direzione.
Sagace Andrea Scanzi quando descrive Matteo Renzi come il Gattopardo 2.0. Altro che “Ammazziamo il Gattopardo” di Friedman…
Malgrado Renzi sia il Gattopardo 2.0, sottili avvertimenti gli arrivano di continuo, come l’editoriale del 3 agosto 2014 edito da Eugenio Scalfari, qui ripreso da “il Fatto quotidiano”:
Fallita l’operazione “80″euro, compresa una situazione ormai difficile per conti ed economica, non ci resta che la Troika. Il messaggio è di Eugenio Scalfari che fa intendere che in un paio di mesi le cose sono cambiate e parecchio, visto che alla vigilia delle elezioni europee scrisse uno dei suoi fondi domenicali con il titolo “Il 25 maggio bisogna votare per Renzi e per Schulz“. Nell’editoriale di oggi, 3 agosto, il fondatore di Repubblica arriva al punto quasi nel finale: “Dirò un’amara verità che però corrisponde a mio parere ad una realtà che è sotto gli occhi di tutti: forse l’Italia dovrebbe sottoporsi al controllo della Troika internazionale formata dalla Commissione di Bruxelles, dalla Bce e dal Fondo monetario internazionale“. Secondo Scalfari non c’è più la Troika per come l’abbiamo conosciuta fin qui. “Un tempo (e lo dimostrò soprattutto in Grecia) quella Troika era orientata ad un insopportabile restrizionismo – ammette – Ora è esattamente il contrario: la Troika deve combattere la deflazione che ci minaccia e quindi punta su una politica al tempo stesso di aumento del Pil, di riforme sulla produttività e la competitività, di sostengo della liquidità e del credito delle banche alle imprese”. Certo, l’Italia non farebbe questa gran figura, ma in certi casi serve mettere da parti l’orgoglio, spiega Scalfari: “Capisco che dal punto di vista del prestigio politico sottoporsi al controllo diretto della troika sarebbe uno scacco di rilevanti proporzioni, ma a volte la necessità impone di trascurare la vanagloria e questo è per l’appunto uno di quei casi”.
Agli editoriali domenicali scalfariani risponde efficacemente Mitt Dolcino di “Scenari economici”, qui ripreso da “Rischio calcolato”:
Infatti, riassumendo, è stato oggi correttamente citato nel domenicale – ma senza spiegarlo – il concetto elaborato da Keynes secondo cui il sistema capitalistico ha due principali debolezze, il non controllare né l’accumulo di ricchezza né la disoccupazione. Da qui deriva, sempre secondo Scalfari ed anche per estensione, il controllo del potere delle elites nei vari paesi occidentali con un monopolio degli investimenti ad alto rendimento non sempre coincidenti con il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione (…). Poi (…) si passa a Roosevelt ed al fallimento dei suoi vari new deals (…), dimenticando totalmente di chiarire come la grande depressione negli States sia stata risolta solo con la seconda guerra mondiale, compendiando – come è giusto che sia – la distruzione creativa, i limiti del capitalismo ed il fallimento delle politiche roosveltiane, con la soluzione alla crisi trovata solo in un conflitto epocale (adesso [Scalfari] si accorge dei rischi della depressione, dove era quando benediva il Governo Monti, vera ‘pietra angolare’ dell’austerità depressiva?).
Fa pensare che, se ha ragione Scalfari, ancora una volta ci troviamo con un America che, incapace di correggere i propri eccessi, possa cercare una via d’uscita con una guerra, lo fece con le provocazioni al Giappone nel sud est asiatico che portarono a Pearl Harbour, potrebbe fare qualcosa di simile oggi con la Russia dando un senso compiuto ad un atteggiamento altrimenti perfettamente incomprensibile. E non sarebbe casuale il nesso politico tra i due presidenti, entrambi democratici (ossia connotati dal tipico interventismo ideologico). Scalfari non dà ricette ma semplicemente traccia una via: eliminare le grandi differenze sociali e di accumulo di ricchezza, evitando di dire quello che non si ha il coraggio di spiegare, ossia che dalle depressioni si esce solo con una guerra. E dimenticandosi anche di dire che le elites a cui bisognerebbe togliere un po’ di privilegi e ricchezza sono le stesse che comandano il paese e che normalmente posseggono influenze di stampa, comprendendo anche – ma non solo – il proprietario della stessa testata di cui egli è redattore, Repubblica appunto, il quale in modo molto scaltro ha abbandonato il paese da mo’, vive all’estero da anni. Scenario molto ardito a concretizzarsi quello scalfariano non c’è dubbio, anche perché a pensare male il rischio odierno è quello di far pagare il conto alla media borghesia preservando i grandi potentati. Molto spesso ci si azzecca… La senilità. Solo un vecchio che ha perso le speranze può immaginare un futuro in cui si debba cedere sovranità (leggasi, libertà) sull’altare di un sistema europeo chiaramente asimmetrico, in cui gli interessi di coloro che ci hanno traviato in guerra come nessun altro sono gli interessi da preservare; direi che questa visione rischia di rappresentare la speranza di una persona delusa e vicina alla fine dei propri giorni terreni, spiacente Scalfari – lo dico con tutto il rispetto per la sua persona, pur non condividendo gran parte delle argomentazioni proposte -. Parlavo alcuni anni fa con un manager mio amico di una grande banca con forti radici ebraiche, anche lui ebreo, discutendo sul perché in Germania non ci fosse stata una salita dei prezzi degli immobili fino al 2008 come accaduto in Spagna ed Inghilterra ad esempio. La riposta fu che con la Germania era meglio lasciare stare le speculazioni, messaggio per altro reiterato al contrario – se ce ne fosse stato bisogno – da F. Muentefering ex chairman del SPD che assimilò gli speculatori a locuste… (da allora il termine locusta per gli hedge funds è diventato gergale in Germania). Quando si dice essere chiari, il lupo perde il pelo ma non il vizio.Questa sarebbe la Germania a cui Scalfari vorrebbe dare le chiavi del Continente. (…)
Deve aver preoccupato il premier anche l’endorsement dato a Scalfari da un altro rappresentante dei Poteri Forti Italiani, Piero Ottone, che sulla rubrica “Vizi&Virtù” in “il venerdì” di Repubblica del 5 settembre 2014 titola “Affidare il governo agli stranieri? Eugenio, hai ragione”, dichiarando:
Gli stranieri che ci osservano, per incoraggiarci, dicono che «si fidano» di noi. Ma non è umiliante, dovere ascoltare frasi del genere? Non dovrebbe essere scontata, questa fiducia? Siamo ragazzacci, o i governanti di un grande Paese? Insomma: la capacità di governarci non fa parte, purtroppo, delle nostre doti. Per questo è bene che ci governino gli altri.
Oggi in Europa, ci sono anche gli organismi in grado di prendere in mano la situazione senza troppo umiliarci. La Troika, per esempio. In altri Paesi, che sembravano disperati come il nostro, ha funzionato. Perché non provare?
Secondo i turiferari dell’Eurozona, dovremmo accettare di essere governati dai Collaborazionisti della Troika, i quali, eseguendo con zelo le direttive tedesche, hanno riportato nel Medioevo la Grecia:
Dovrebbero, tutti i liberi popoli Europei, accettare di essere nuovamente tiranneggiati da un popolo, quello Tedesco, la cui ferocia non ha eguali nella Storia dell’Umanità?
Ricordiamoli i Germani, dei Barbari capaci di ordire qualsiasi tradimento pur di massacrare le legioni di Publio Quintilio Varo, un uomo di giustizia che credeva di aver a che fare con esseri umani, quando aveva di fronte a sé solo barbari crudeli assetati di sangue:
Varo credeva che [i Germani] potessero essere civilizzati con il diritto, questo popolo che non si era potuto domare con le armi. Con questa convinzione egli si inoltrò in Germania come se si trovasse tra uomini che godono della serenità della pace e trascorreva il periodo estivo esercitando la giustizia […] davanti al suo tribunale […] ma i Germani, molto astuti nella loro estrema ferocia e fingendo [di essersi adeguati alla legge romana] indussero Varo ad una tale disattenzione ai problemi reali, che Varo si immaginava di amministrare la giustizia quasi fosse un Pretore urbano nel Foro romano, non il comandante di un esercito in Germania. (Velleio Patercolo, Storia romana, II,117.)
Nella foresta di Teutoburgo, il tradimento ordito dall’infido Germano Arminio ebbe il suo effetto: Tre legioni Romane, tra le migliori dell’Impero, vennero completamente annientate.
Nulla [fu] più cruento di quel massacro fra le paludi e nelle foreste (…) ad alcuni soldati romani strapparono gli occhi, ad altri tagliarono le mani, di uno fu cucita la bocca dopo avergli tagliato la lingua (…) (Floro, Epitome de T. Livio Bellorum omnium annorum DCC Libri duo, II, 36-37.)
[Germanico giunto sul luogo della battaglia osservava] nel mezzo del campo biancheggiavano le ossa ammucchiate e disperse (…) sparsi intorno (…) sui tronchi degli alberi erano conficcati teschi umani. Nei vicini boschi sacri si vedevano altari su cui i Germani avevano sacrificato i tribuni ed i principali centurioni. (Cornelio Tacito, Annali I, 61.)
Tale manifesta ferocia non fu certamente un episodio isolato. I Teutonici hanno – da millenni – nel loro DNA l’aggressione e il desiderio di occupare l’intera Europa. Li ritroviamo, stavolta con la sempiterna Drang nach Osten (Spinta verso l’Est), nei panni dei cavalieri Teutonici:
Nel 1242 la disfatta del Lago Peipus, presso Vybiti, subita dai cavalieri dell’Ordine da parte di Alexander Nevsky, principe di Novgorod, segna una battuta di arresto nella loro espansione verso est. (…) Il 15 luglio del 1410 l’Ordine subì una memorabile sconfitta a Tannenberg, in Prussia orientale, ad opera di polacchi e lituani: da allora iniziò un rapido processo di decadenza, culminato con il trattato di Toruń (1466). Con tale accordo l’Ordine teutonico riuscì a mantenere sotto il suo controllo i soli territori prussiani dovendo però riconoscere la sovranità nominale del re di Polonia su di essi. Si era definitivamente chiusa un’epoca. (Wikipedia, voce Ordine Teutonico)
Francesco Guicciardini si rivolterebbe nella tomba se sapesse che coloro che definiva Barbari si starebbero riappropriando, per interposta persona, della Sovranità Nazionale Italiana: «Tre cose desidero vedere innanzi alla mia morte; ma dubito, ancora che io vivessi molto, non ne vedere alcuna; uno vivere di repubblica bene ordinato nella città nostra, Italia liberata da tutti è Barbari, e liberato el mondo dalla tirannide di questi scelerati preti».
Lo stesso Benito Mussolini, prima di allearcisi, così parlava del popolo Tedesco:
Noi possiamo guardare con un sovrano disprezzo talune dottrine d’oltralpe, di gente che ignorava la scrittura con la quale tramandare i documenti della propria vita, in un tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio ed Augusto.
Tra gli infiniti delitti compiuti dai Tedeschi durante la II Guerra mondiale, ne ricordiamo uno tra i più infami, ma poco citato:
Le forze della Wehrmacht commisero regolarmente stupri di donne e ragazze durante l’invasione della Polonia. E stupri furono commessi anche in danno di donne e ragazze polacche durante le esecuzioni di massa compiute soprattutto dalle Selbstschutz, che erano scortate da soldati della Wehrmacht sul territorio sotto amministrazione militare tedesca, prima di giustiziare le prigioniere. Il comunista ebreo polacco Szymon Datner, partigiano, asserisce che numerose donne sovietiche, dottoresse e infermiere, furono stuprate prima di essere assassinate. La Wehrmacht gestiva anche bordelli dove le donne venivano costrette a lavorare. Ruth Seifert in War and Rape. Analytical Approaches (Guerra e stupro. Un approccio analitico) scrive: “nei territori orientali la Wehrmacht era solita marchiare con le parole “puttana per le truppe di Hitler” i corpi delle partigiane catturate e di altre donne, prima di usarle conseguentemente”. (Wikipedia, voce “Crimini di Guerra della Wehrmacht”)
Tralasciando le inumani e infami barbarie genocide perpetrate nella II Guerra Mondiale dai Tedeschi contro gli Ebrei, contro i Maquis, contro le popolazioni Slave, contro la Russia nel tentativo di occupare l’Heartland di cui scriveva Mackinder, vogliamo ricordare agli immemori e ai dimentichi che anche la I Guerra mondiale fu provocata dalla Germania, a causa delle stesse politiche mercantiliste e di dumping commerciale che Merkel e le sue Quinte Colonne stanno praticando a spese di tutte le Nazioni europee non-tedesche, in particolare contro gli Italiani e i Paesi del Sud Europa.
Ma i nostri media mainstream sono come le tre scimmie, non vedono, non sentono, non parlano. Come scrive Rischio Calcolato:
In italia invece i nostri giornali mainstream si occupano di fatti secondari, come la finta riforma del lavoro che non aggiungerà nulla alle possibilità di ripresa italiana, per quanto, in parte, necessaria. Eppure in nostro debito pubblico supera i 2184 miliardi. L’euro sta triturando e distruggendo tutte le economie europee , a parte quella tedesca. Eppure, soprattutto dopo il successo di AfD alle ultime elezioni, non ci si può aspettare nulla se non un ulteriore irrigidimento della posizione della Merkel nei confronti dei paesi eurodeboli. Il treno verso Euroexit è partito, rimangono solo le domande relative al come ed al quando.
Qualche penna economica però inizia – finalmente – a rivelare l’estrema gravità del comportamento dei Tedeschi e dei loro maggiordomi della Ue nei confronti di tutto il resto d’Europa. Scrive Adriana Cerretelli per “il Sole 24 ore”:
“Deutschland, Deutschland über alles”: il predominio sempre più capillare dei tedeschi nelle istituzioni comunitarie è diventato nel frattempo il tema del giorno a Bruxelles. Se ne parla con fastidio, intolleranza, malcelato rancore o pura rassegnazione.
C’è chi minimizza: «Da sempre l’occupazione delle istituzioni Ue ha un andamento ciclico: in principio i francesi a tappeto, poi gli inglesi fino a una decina di anni fa e ora i tedeschi a modo loro, con metodo e precisione teutonica». C’è chi denuncia una presenza sempre più soffocante e tentacolare. Chi riconosce che «è inevitabile, sono i più bravi». Sylvie Goulard, eurodeputata liberale francese, invece avverte: «Troppo nazionalismo nelle istituzioni comuni è pericoloso».
Che il nuovo quinquennio europeo si annunci più germano-centrico che mai lo dice la meteorologia politica e ancora di più la mappa del potere Ue: quello emerso, che aggiunge lustro a chi lo possiede, ma soprattutto quello sommerso, che si vede poco ma decide silenzioso nei corridoi e controlla le vere leve che fanno e disfano le politiche comuni. (…) Ammesso e non concesso che i proconsoli [della Merkel] a Bruxelles non si rivelino leali come dovrebbero – accadde a Margaret Thatcher: inviò a Bruxelles l’euroscettico Lord Cockfield per romperne i giochi ma se lo ritrovò contro, folgorato dal progetto europeo – il cancelliere ha comunque approntato un’efficiente e ben organizzata seconda linea. A diversi livelli e in tutte le istituzioni.
Tedeschi sono i potenti segretari generali del Consiglio e del Parlamento europeo, Uwe Corsepius e Klaus Welle. In cima alla piramide del servizio diplomatico europeo, al posto del francese Pierre Vimont, un’altra tedesca, Helga Schmid, l’interfaccia di Federica Mogherini, la nuova Mrs Pesc. Nella Commissione, su un totale di 28, saranno tedeschi almeno sei capi di Gabinetto (compreso quello del presidente, Martin Selmayr) e dieci vice. Spesso un capo di gabinetto ha un ruolo più incisivo del proprio commissario e quasi sempre, a fine mandato, si riconverte agli apici della struttura dell’Esecutivo Ue. Ma la penetrazione programmata della Germania nelle istituzioni europee non si ferma certo qui. Oggi in Commissione detiene quattro direzioni generali, Eurostat, Ambiente, Fondi Regionali e Interni, e sei vice-direzioni (Industria, Ricerca, Bilancio, Sviluppo e Agricoltura), oltre a quasi una trentina di direttori. (…) Fosse oggi la Germania una superpotenza illuminata, attenta all’interesse comune oltre che al proprio, la sua crescita politica sarebbe provvidenziale e benvenuta in un’Europa divenuta un preoccupante magma di debolezze allo sbando. Purtroppo non è così. «La Germania oggi è prigioniera di autismo politico, considera la Francia la sua sorella minore e l’Italia quella minorata», riassume brutale un diplomatico europeo.
La chiusa sul dna tedesco la lasciamo a Paolo Barnard.
Volete essere l’economia leader di questa (putrefatta) Eurozona? Facile: barate, ma barate proprio in modo disgustoso, senza vergogna.[…] Insomma, volete primeggiare in questa Eurozona? Mentite, barate, spogliatevi della minima decenza, siate bugiardi oltre il tollerabile… in altre parole chiamatevi Germania e Deutsche Bank. p.s. Poi hanno il più alto giro di mazzette in termini assoluti di tutta Europa (Craxi era un pivello). E siccome hanno dato il pretesto (la tragedia dell’Olocausto) ai Sionisti ebrei per massacrare i palestinesi, dovrebbero pagare di tasca loro un piano Marshall per tutta la Palestina. Ma non solo: i tedeschi dovrebbero essere processati per crimini contro l’umanità in Grecia, oggi. Dai, i tedeschi sono nazisti nel DNA, inutile, o l’ONU commissaria la Germania in blocco, oppure continueranno a fare Olocausti. Ce l’hanno nel DNA di essere nazisti. (PER ESSERE GERMANIA BISOGNA RUBARE, BARARE… FARE PROPRIO SCHIFO, “paolobarnard.info”)
Mentre l’Eurozona sta implodendo e sia l’Euro (lo Zyklon B del XXI secolo), sia i trattati di Maastricht e Lisbona (i trattati-Lager che tengono prigionieri più di trecento milioni di Europei) mostrano crepe sempre pù profonde e la Torre di Babele europea inizia a scricchiolare sinistramente, le Sturmtruppen cammellate della Merkel proseguono imperterrite ad accerchiare Matteo Renzi, per detronizzarlo e infilarci al suo posto la Troika.
Per guadagnar tempo, nello speranza (probabilmente vana) di rimanere assiso nella sua poltrona, il politico fiorentino procede sulla strada delle riforme strutturali tratteggiata da Eurocrati e JP Morgan Chase, la banca d’affari che ha patteggiato il pagamento di una multa di 13 miliardi di dollari per la truffa dei mutui subprime:
Le perdite della Bear Sterns (assorbita da JP Morgan Chase, ndr) ammontano a 22,5 miliardi di dollari, hanno provocato la disoccupazione di 7 milioni di persone negli Stati Uniti d’America e la crisi che da [anni] imperversa in tutti i paesi d’Europa. (Wikipedia, crisi dei subprime)
Siamo in quella che Zygmunt Bauman definisce la società liquido-moderna.
Il banchiere globalista Mario Draghi, uno degli ex vertici mondiali di Goldman Sachs, ordina la liquefazione dei diritti del lavoro italiani e Renzi esegue, JP Morgan ordina di liquefarele Costituzioni democratiche ed antifasciste europeee soprattutto di liquefare «la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo» e Renzi inizia ad eseguire prontamente.
E se, per conseguenza di tali scelte politico-economiche, si liquefa anche il PD, con il numero di iscritti crollati da oltre 500.000 del 2013 agli attuali 100.000, poco male, per Renzi. Per lui il PD è solo una piattaforma per realizzare le sue ambizioni personali.
Ciò che dovrebbe indurre milioni di Italiani a svegliarsi, assopiti dagli #80euro, dovrebbe essere la considerazione che viene data esecuzione alle disposizioni impartite da JP Morgan Chase, una banca dall’etica quantomeno discutibile (al pari di Goldman Sachs), considerando i suoi precedenti:
La banca statunitense JPMorgan Chase, utilizzata come istituzione finanziaria da Bernard Madoff per i suoi affari illeciti, ha accettato di pagare circa 2 miliardi di dollari alle autorità statunitensi per evitare di incappare in un processo giudiziario. E’ quanto scrivono Wall Street Journal e New York Times, citando fonti informate.
L’annuncio ufficiale, affermano i giornali, è atteso per questa settimana JPMorgan è stata accusata dalle autorità di aver ignorato le prove che avrebbero messo rapidamente fine alla truffa di Madoff. L’importo della transazione rientra nella forbice ipotizzata nelle ultime settimane dalla stampa americana e sarà devoluto alle vittime della truffa. Con questo nuovo compromesso giudiziario, il totale delle sanzioni pagata da JPMorgan negli ultimi 12 mesi sale a circa 20 miliardi di dollari. Nel conteggio rientrano anche le multe relative alla vendita errata di bond legati ai mutui ipotecari e agli errori nel trading della Balena di Londra; la stessa banca aveva dichiarato di aver accantonato 9 miliardi di dollari e gli investitori sono stati informati del fatto che 23 miliardi erano a disposizione per assorbire i costi legali futuri. (laRepubblica)
Il Jobs Act non aumenterà l’occupazione. Tutt’altro. La ridurrà ulteriormente. Lo dice l’ex Ministro del Bilancio Giorgio La Malfa:
Sul piano strettamente economico la decisione del governo di procedere in questo momento a un’ulteriore riforma del mercato del lavoro per aumentarne la flessibilità a me sembra un errore. Anzi un errore grave che può compromettere ulteriormente una situazione economica che è già molto seria.
Non è questa solo l’opinione mia e di molti economisti. Oggi è una posizione che trova importanti convalide nelle analisi delle organizzazioni internazionali. Ha cominciato il Fondo Monetario riconoscendo che gli effetti della correzione accelerata dei conti pubblici ha avuto effetti depressivi molto forti. (…) Non discuto le ragioni politiche che possono indurre il presidente del Consiglio a ingaggiare una polemica con I sindacati. I sindacati non sono molto popolari oggi, nemmeno fra I loro aderenti, e quindi scontrarsi con loro può creare delle simpatie nell’opinione pubblica. E il governo può averne bisogno essendo palpabile la disillusione di una parte dell’elettorato che aveva votato Renzi alle elezioni europee. Tutto questo si capisce, ma non vorrei che la ricerca della popolarità ci facesse fare nuovi e costosi errori.
Lo scrive anche “La Padania”, a nome della Lega, che rappresenta una delle pochissime vere forze politiche anti-Euro insieme al Front National di Marine le Pen e l’UKIP di Nigel Farage:
Si sentiva un forte odore di Trojka al vertice europeo sul lavoro che Matteo Renzi ha voluto si celebrasse a Milano mentre il Senato, a Roma, era costretto a votare una fiducia al buio al suo Jobs Act. Malgrado i soliti proclami di facciata contro l’austerità, infatti, ciò che alla fine rimane della grande rappresentazione renziana sono gli omaggi resi alla riforma del lavoro da tre falchi riconosciuti del rigorismo europeo come José Manuel Barroso, Hermann Van Rompuy e la cancelliera Angela Merkel. Cose che fanno pensar male perché se il Jobs Act piace tanto a Merkel, Barroso e Van Rompuy allora vuol dire che per i lavoratori italiani, così come in passato fu per la applauditissima riforma Fornero, saranno lacrime, sudore e sangue. Quindi saremmo alle solite degli ultimi anni: si chiama riforma quel che sarebbe più giusto chiamare “compiti a casa”. I più smaliziati questo giochino l’hanno capito da un po’. Gli altri invece credono ancora alle grandi rappresentazioni mediatiche per le quali il nostro premier, come noto, ha un indubbio talento naturale. Renzi, infatti, riesce a recitare due parti nella stessa commedia (o tragedia): da un lato prova a convincere l’Europa che la Trojka in Italia non serve perché di fatto è già a Palazzo Chigi e dall’altro però prova a convincere gli italiani che alla guida del Paese c’è una persona determinata a battersi, insieme ai francesi, per cambiare l’Europa. (…) Proclami che non costano nulla, tanto quello che conta è lo scalpo dell’articolo 18 consegnato su un piatto d’argento ai padroni d’Europa.
Il Jobs Act ha solo un’utilità. Quella di riportare i lavoratori Italiani ad una nuova forma di schiavitù. Glebae addicti. Con il plauso deglle locuste della Finanza Internazionale, della rapaci Banche d’Affari e delle Sturmtruppen Cammmellate capitanate dalla Conducător Merkel e dal fido WolfgangSchäuble, die Treue Wolfi.
L’Italia ha solo una speranza, per sopravvivere: USCIRE DALL’EURO PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI.