Fatti alla mano, la presidente del Consiglio dimostra di avere la memoria corta.

Fratelli d’Italia è un partito nato alla fine del 2012 e la stessa Meloni lo aveva definito come un «movimento eurocritico, contrario a questa Europa che ci mette in croce». «O si rinegoziano i patti – aveva dichiarato la fondatrice di Fratelli d’Italia nel 2013 in un’intervista con Libero – o non stiamo nell’euro a costo di uccidere l’Italia».

Il programma elettorale di Fratelli d’Italia per le elezioni europee del 2014 proponeva lo «scioglimento concordato dell’eurozona», ossia dell’insieme dei Paesi che utilizzano l’euro come moneta unica. «L’euro e le sue regole si sono purtroppo rivelati un fattore di disgregazione dell’unità europea, anziché un elemento di rafforzamento della solidarietà tra i popoli d’Europa», sottolineava il programma.

«Per queste ragioni, Fratelli d’Italia si impegna a farsi promotore nel prossimo Parlamento europeo di una risoluzione comune a tutti i gruppi “eurocritici”, per spingere la Commissione europea a procedere allo scioglimento concordato e controllato dell’eurozona». Secondo il partito di Meloni, se quella strada non fosse stata perseguita dalle istituzioni europee, l’Italia avrebbe dovuto «avviare una procedura di recesso unilaterale dall’eurozona», ossia uscire dall’euro.

Un paio di mesi prima del voto, Meloni aveva dichiarato durante un comizio elettorale che l’Italia avrebbe dovuto dire «chiaramente» all’Europa: «Noi vogliamo uscire dall’euro: e se pensate che questo sia un problema per l’euro, allora convinceteci a rimanere». In quel periodo la leader di Fratelli d’Italia aveva scritto vari post sui social network contro la moneta unica. Eccone alcuni dei principali.

«Marine Le Pen contro l’euro? Ha ragione», aveva scritto la presidente di Fratelli d’Italia su Twitter il 14 maggio 2014, riferendosi alla leader del partito francese di destra Rassemblement national. «Sull’euro abbiamo detto cento volte che SIAMO PER USCIRE», 24 aprile 2014. «Io non so come altro dirlo che siamo per uscire dall’euro», 24 aprile 2014. «Il 13 dicembre in piazza contro l’euro», 9 novembre 2014.

«Alla Commissione Ue che dice che l’appartenenza all’euro è irrevocabile dico: niente è irrevocabile in democrazia. Soprattutto la schiavitù», 5 gennaio 2015. «Cos’altro dobbiamo aspettare? Liberiamoci dalla zavorra dell’euro e vediamo come se la cavano i tedeschi a competere con le imprese italiane ad armi pari», 9 settembre 2016. «L’euro è una moneta sbagliata destinata a implodere. Vogliamo lo scioglimento concordato e controllato dell’eurozona», 25 marzo 2017. (pagellapolitica.it, segue link)

Altro che Giorgia “Patriota e Sovranista”!

L’ultimo vero Sovranista degno di questo nome è stato Aldo Moro.

Aldo Moro e la visione di una Italia sovrana

Aldo Moro era un uomo che aveva una visione dell’Italia molto precisa e peculiare. Lo aveva già dimostrato negli anni precedenti in cui era stato alla Farnesina.

L’Italia era incardinata nell’ordine Euro-Atlantico costruito dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale a Yalta nel 1945. L’Italia era stata assegnata nel campo dell’Occidente che era quello che apparteneva alla cosiddetta anglosfera, ovvero le potenze anglo-americane che hanno dominato l’Europa Occidentale dal dopoguerra in poi.

Ed è tale “equilibrio” che ha determinato tutta la storia d’Italia e tutte le stragi che sono nate negli anni successivi.

E tale equilibrio si fondava spesso sulla logica del terrore. La strategia della tensione non è un fenomeno ascrivibile a dei gruppi di estremisti di destra o sinistra radicalizzati dal clima politico teso degli anni 70.

La strategia della tensione è un fenomeno geopolitico che fu concepito da determinati ambienti atlantisti per impedire che l’Italia slittasse troppo verso la cortina di ferro e scivolasse verso il blocco sovietico.

Ciò che voleva fare Aldo Moro non era però certo far passare la Penisola da un blocco ad un altro. Moro non fu ucciso e la sua scorta non fu trucidata perché l’uomo più influente della DC voleva attuare il “compromesso storico” che avrebbe avvicinato il PCI ai banchi del governo.

Il PCI fu uno dei partiti in prima linea nel difendere la cosiddetta “linea della fermezza”. Come gli altri, non fece nulla per salvare veramente la vita dello statista democristiano. Quando Moro fu rapito, l’allora segretario del partito comunista, Enrico Berlinguer, assestò subito la linea del partito su tale posizione.

Non si tratta. Moro era stato già condannato a morte da un potere politico che risiedeva Oltreoceano e nessuno dei partiti dell’epoca si oppose a tale decisione.

L’unico uomo che voleva rompere il fronte della fermezza e negoziare per salvare la vita del presidente Moro fu un giovane Bettino Craxi, da poco segretario del PSI, e che fu spazzato via negli anni successivi da quegli stessi poteri che decisero la morte del politico democristiano e che concepirono il golpe giudiziario del 1992.

Negli anni successivi alla morte di Moro, iniziò ad emergere la verità che non trovo mai asilo presso le pagine dei libri di storia o quelli dei quotidiani contemporanei.

In un’aula di tribunale nel corso del processo sulla strage di via Fani, lo storico collaboratore di Aldo Moro, Corrado Guerzoni, rivelò che il presidente fu minacciato pesantemente dall’ex segretario di Stato, Henry Kissinger, già nel 1974.

E la stessa vedova del presidente, Eleonora Moro, confermava quanto disse Guerzoni. Henry Kissinger rivolse pesanti minacce nei confronti del leader della balena bianca.

All’epoca Moro era il ministro degli Affari Esteri e la sua visione diplomatica stava già uscendo dal seminato che l’atlantismo aveva assegnato all’Italia.

Erano gli anni in cui infuriava in Medio Oriente la guerra dello Yom Kippur tra Israele e i Paesi arabi, quali Egitto e Siria.

Washington, storico garante dello stato ebraico, non mancava di far avere tutto il suo sostegno ad Israele e chiese all’Italia di poter utilizzare le basi NATO per poter meglio assistere le forze armate israeliane.

Aldo Moro oppose un netto rifiuto. Moro non voleva che l’Italia partecipasse attivamente al conflitto e si schierasse contro i Paesi arabi. La sua visione politica era quella di mantenere saldi i rapporti con i Paesi del Medio Oriente e di non seguire la linea geopolitica che la potente lobby sionista aveva indicato.

Moro era esattamente l’antitesi di ciò che sono i figuranti politici contemporanei che affollano la decadente scena del Parlamento italiano e che non mancano mai di baciare la pantofola di Israele per poter entrare a palazzo Chigi.

Aveva prima di tutto in mente l’interesse nazionale e non voleva che il suo Paese fosse ridotto ad una piattaforma a noleggio per poter compiacere lo stato profondo di Washington o Israele.

Kissinger non poteva tollerare un simile affronto. Kissinger era cresciuto alla scuola politica del CFR, il Consiglio per gli Affari Esteri e del suo omologo britannico, il RIIA, l’istituto reale per gli affari internazionali.

Sono quelle lobby che costituiscono l’essenza del potere politico in America e in Gran Bretagna.

Sono questi gruppi sconosciuti all’opinione pubblica che decidono chi entra nell’ufficio ovale della Casa Bianca.

Non c’è stato un presidente degli Stati Uniti nel corso degli ultimi 70 anni che non sia stato deciso dal CFR.

L’unica rilevante eccezione a questa regola è stata quella di Donald Trump ed è noto quale tipo di guerra permanente lo stato profondo di Washington abbia scatenato al presidente che ha disallineato gli Stati Uniti da quei poteri che hanno esercitato il controllo su questa strategica e potente nazione per lunghissimo tempo.

Kissinger era il guardiano del mondo unipolare. Suo scopo e missione era quello di salvaguardare l’ordine Euro-Atlantico che negli anni successivi si sarebbe espanso fino a fagocitare i Paesi della vecchia cortina di ferro e a smascherare una menzogna che veniva ripetuta dal 1945.

La NATO non aveva lo scopo di garantire la sicurezza dei Paesi europei messi in pericolo dalla minaccia comunista.

La NATO non era altro che l’esternazione dell’esercito del governo mondiale che i potenti club ai quali apparteneva Kissinger aspiravano.

E l’Italia era ed è una nazione che occupava un posto privilegiato nella gerarchia di questo sistema. Senza di essa nessun governo mondiale e nessuna Unione europea sarebbe stata possibile.

Troppo importante la sua posizione, troppo grande la sua economia e troppo spiritualmente rilevante per la presenza della Chiesa Cattolica. (Cesare Sacchetti, segue link)

Secondo Matteo Brandi, già da tempo Giorgia Meloni aveva esplicitato segnali forti che evidenziavano un totale RIBALTAMENTO delle strategie geopolitiche. Oggi ella è Ultra-atlantista, Super-Bideniana, Iper-Europeista, Turbo-Liberista.

Giorgia detta Giorgia abbraccia la Baronessa Furfantessa Leyen, Dementor Biden, il Macellaio di Gaza Netanyahu e Zelensky il Duce Tossico. È Giorgia l’Americana come hanno chiosato rettamente Gianni Alemanno e Diego Fusaro.

A Giorgia Meloni interessa solo una cosa: aumentare la sua presa del potere sull’Italia.

A Giorgia detta Giorgia interessa solo il Potere, come al Gollum.

È virale da anni siffatto video satirico di Giorgia-Gollum:

Molti predicano l’astensionismo per la tornata elettorale europea. Ma ciò avrebbe l’effetto da amplificare la vittoria di Giorgia Meloni.
Bisogna recarsi alla urne e votare contro Giorgia detta Giorgia.
E contro i Falsi “Patrioti” d’Italia.