VOTA GIORGIA
Nell’adunata oceanica di Pescara un solo urlo si levò unanime: Vota Giorgia. Votare e Voteremo!
VOTA ANTONIO VOTA ANTONIO, OPS VOTA GIORGIA
Sono in tanti a far rilevare la retorica del plebiscitarismo nell’ultima scelta dei Melonians, la finta candidatura di Giorgia alle Elezioni Europee: tanto – ahinoi – Giorgia non si dimetterà mai da presidente del Consiglio e, quando sarà costretta a farlo, sarà troppo tardi per noi.
L’Italia sarà, allora, in pieno disastro democratico ed economico.
Nel Vota Antonio, ops Vota Giorgia, prevalgono i tratti macchiettistici, non certo quelli leaderistici.
“Vota Giorgia Vota Giorgia Vota Giorgia Vota Giorgia Vota Giorgia”.
Gli Italiani sono usi a dimenticare il passato. Si resettano con enorme facilità.
Hanno già dimenticato quando, in pieno silenzio elettorale, la Meloni si pubblicizzò in siffatto modo:
Giorgia, nell’epopea del “Signore degli Anelli” di J.R.R. Tolkien si millanta Samise Gamgee o Gandalf, ma alcuni la paragonano piuttosto al Gollum, un essere dominato dal Potere e dall’Anello del Potere.
Sotto il grande ombrello tolkeniano che copre e protegge la destra di Giorgia Meloni c’è un personaggio della popolare saga fantasy del “Signore degli Anelli” che riassume meglio di ogni altro l’anno a Palazzo Chigi della prima donna premier.
Procediamo per sottrazione.
Non si tratta di Frodo…
Non Frodo, dunque. E né Eowyn…
Semplice: Gollum…
Ed è proprio attorno all’ambiguità della sua azione di governo, sovente draghiana qualche volta sovranista, che gira il Ventitré di Giorgia Meloni. La premier versione Sméagol, accomodante, è quella che scorta l’europremier Ursula von der Leyen a Lampedusa (immagine incredibile dopo lustri trascorsi a gridare contro l’Unione europea) oppure sostiene il finto-leghista Giancarlo Giorgetti, ministro draghiano fino alla cima dei capelli nonché vero Coniglio Mannaro della Terza Repubblica, nel nuovo compromesso-capestro sul Patto di Stabilità. Per non parlare poi dell’atlantismo senza se e senza ma sulle guerre in Ucraina e in Medio Oriente.
E’ il realismo, bellezza, altro che fantasy. Compensato però dalla Meloni versione Gollum che fa la guerra ai poveri e ai lavoratori sfruttati (lo stop a reddito di cittadinanza e al salario minimo)…
A distanza di più di dieci anni dall’ultimo governo di destra (Berlusconi nel 2011), Meloni è a capo di una coalizione che in questo Ventitré ha accumulato uno scandalo dopo l’altro, e senza alcuna conseguenza: i quadri di Vittorio Sgarbi; le soffiate di Delmastro Delle Vedove; l’assoluzione paterna di La Russa al figlio Leonardo Apache sospettato di violenza; i guai di Santanchè; la fermata ferroviaria ad personam per Lollobrigida, ministro e Cognato d’Italia. […]
Epperò, a lungo andare, la scissione interiore tra Giorgia Gollum e Giorgia Sméagol rischia di essere logorante e fatale. (Fabrizio D’esposito, segue link)
Io sono Giorgia detta Giorgia afferma di essere «una donna del popolo, una di voi».
Invece è il nume tutelare in Italia dei poteri forti internazionali, dal Capitalismo Assoluto all’Impero USA, dalla UE alla NATO.
Il “Vota Giorgia” — versione moderna del “Vota Antonio” di Totò — è molto più che uno slogan. È un manifesto politico. Parafrasando McLuhan: la leader è il messaggio. Tutto il resto non conta o viene dopo, come l’intendenza di De Gaulle che, inevitabilmente, “seguirà”. I guai giudiziari di Santanchè e i tazebao culinari di Lollobrigida, le stroncature di Reporters sans Frontières sulla libertà di stampa e le bocciature della Commissione Ue sui conti pubblici, le censure della Rai e le abiure del fascismo, le bordate di Capitan Salvini e le boiate del Generale Vannacci. Piccoli equivoci senza importanza, per un’aspirante Statista che si sente già a un passo dalla Grande Storia.
Potremmo chiamarla la Svolta di Pescara, e segna un prima e un dopo: Meloni capolista ovunque, candidata alle elezioni del 9 giugno non per andare a Strasburgo ma per capire se a Roma, dopo un anno e mezzo di governo, “la gente è ancora con me”. Una mossa furba ma bugiarda, annunciata da una donna fortemente populista, oggettivamente popolare e orgogliosamente popolana, che finge di non essere élite pur essendo stata parlamentare da cinque legislature, ministra per quasi quattro anni e ora premier da diciotto mesi. (Massimo Giannini)
GIORGIA DETTA GIORGIA NON È UNA DI NOI
Su Repubblica la giornalista Liana Milella interroga vari costituzionalisti. Condivisa la tesi che non esiste una norma che vieti quanto proposto dalla premier, “ma la mossa di Meloni per diventare “solo” Giorgia nel seggio elettorale si espone a una bocciatura senza sconti da parte dei giuristi. E al rischio di contestazioni”.
Il costituzionalista della Sapienza Gaetano Azzariti si chiede: «Solo Giorgia? E se c’è un’altra Giorgia che fanno? Saranno costretta a eliminarla? Vietate tutte le Giorgia dentro FdI? Già questa è una discriminazione e una lesione di un diritto fondamentale…». Per Azzariti «siamo di fronte a un’evidente forzatura della legge elettorale che parla chiaro, solo il cognome, nome e cognome, se due cognomi anche uno solo dei due, e se c’è confusione tra omonimi ecco la data di nascita. Ormai gli esponenti di questo governo si ritengono legibus soluti, come dimostra il voto annullato e ripetuto sull’autonomia».
Azzariti porta l’esempio di Marco Pannella, in cui vero nome era Giacinto, e quindi si candidava come Giacinto detto Marco Pannella. Qui nulla quaestio. Ma se il nome è già Giorgia Meloni, quel “detta Giorgia” è «solo una forzatura». Peggio: «Per demagogia viene piegata la legge elettorale e la lettera stessa della legge per uno scopo populista». (segue link)
Come chiosa sagacemente Marco Travaglio,
Io e Giorgia Meloni abbiamo questa particolarità in comune: un soprannome che è uguale al nome. Una cosa rarissima, forse unica al mondo”. È la risposta ironica che il direttore de Il Fatto QuotidianoMarco Travaglio dà a Lilli Gruber nella trasmissione Otto e mezzo (La7) sul suo editoriale del 30 aprile, che reca il titolo “Giorgia detta Giorgia” e la firma “Marco detto Marco”.
Travaglio spiega: “La mia era una battuta per cercare di sottolineare la tripla truffa elettorale di cui gli italiani sono vittime. La prima truffa elettorale è condivisa da Giorgia Meloni con Elly Schlein, con Antonio Tajani e con Carlo Calenda, perché sono tutti parlamentari che non lasceranno il Parlamento italiano per andare al Parlamento europeo. Quindi, nel caso della Meloni, l’elettore che sulla scheda scrive Giorgia Meloni o Giorgio Meloni o Giorgia o quel cavolo che gli pare ha già la certezza matematica che quel nome è una truffa“.
“La terza ‘truffettina’ di Giorgia Meloni – aggiunge Travaglio – riguarda persone quasi decerebrate, credo, perché mi chiedo: che idea ha la Meloni dei suoi elettori se pensa che non siano in grado di scrivere per intero il suo nome e il suo cognome? Insomma, è una tripla truffa elettorale. Io mi auguro che gli elettori si ribellino sia alla truffa tripla della Meloni, sia a quelle singole di Schlein, di Calenda e di Tajani, perché vengono davvero trattati come dei baluba con l’anello al naso“.
Giorgia detta Giorgia e Giorgetti, il factotum di Draghi, esultano perché si contano 500.000 occupati in più dal gennaio 2023 al gennaio 2024 (dati Istat). Ciò che, però, essi non sono in grado di comprendere è il motivo per cui, malgrado sia diminuita la disoccupazione, il PIL rimane stagnante o arretra addirittura.
Eppure Giorgia una di noi non può non sapere che l’aumento degli occupati è il frutto avvelenato dell’abolizione del Reddito di Cittadinanza. Quelle stesse persone che percepivano il Reddito ora sono costrette a lavorare come schiave per svariate ore alla settimana, svendendo il loro lavoro agli Imprenditori Negrieri Necroliberisti, ma in tasca hanno gli stessi soldi di prima, o ancor meno, rimanendo costrette a fare file chilometriche alle Mense dei Poveri.
C’è il lavoro povero e ci sono i lavoratori poveri. I due fenomeni sono solo in parte sovrapposti. Lavoro povero è quello sottopagato, o con orario forzosamente ridotto (part time involontario), o con contratti precari, vuoi a tempo brevissimo vuoi rinnovati infinite volte ma mai trasformati in un tempo indeterminato. Spesso è caratterizzato da più di una di queste condizioni. […]
Avere un lavoro povero, specie quando è un’esperienza duratura e apparentemente senza sbocchi, riduce fortemente i gradi di libertà – uscire dalla famiglia di origine per un giovane, formare una famiglia, uscire da un matrimonio o una convivenza in cui si sta male, progettare il futuro. È anche una forma di disconoscimento della dignità del lavoro e del lavoratore/lavoratrice.
La situazione non solo è peggiorata rispetto al 2022, è anche la peggiore nell’arco di tempo che va dal 2014 al 2023. […]
La combinazione di lavoro povero e di famiglie di lavoratori povere, che costituisce una delle caratteristiche della povertà italiana, oltre a smentire l’idea che la povertà sia frutto della mancanza di voglia di lavorare, mette anche in dubbio il senso di «quel fondata sul lavoro» che costituisce l’incipit della nostra Costituzione. (Chiara Saraceno)
Non è ultroneo rammentare che, grazie al PD prima – il Partito dei Ricchi Parassiti e delle ZTL – e oggi grazie a FdI di Giorgia – che tutela gli stessi Ceti Parassitari – abbiamo i più alti tassi di Povertà in Italia dal dopoguerra ad oggi.
“La povertà assoluta è in aumento ed è sempre più strutturale: lo certifica il Rapporto Bes 2023, appena pubblicato, con cui Istat misura il benessere economico e sostenibile. Due dati mi sembrano particolarmente allarmanti, all’interno dei tanti contenuti nel Rapporto.
Primo dato. Il rischio povertà in Italia è significativamente superiore rispetto alla medie europea: 20,1% in Italia , contro il 16,5% dell’Ue27.
Secondo dato. Riguarda l’incidenza individuale della povertà assoluta: questa ‘dal 2019 al 2023 (serie storica ricostruita secondo la nuova metodologia di stima) presenta una crescita – si legge nel Rapporto – Nel 2019 era scesa al 7,6%, in concomitanza con l’introduzione del Reddito di cittadinanza, trasferimento monetario non indicizzato all’inflazione come le altre prestazioni socio-assistenziali; nel 2020, l’incidenza riprende a crescere, arrivando al 9,1% e rimanendo stabile nel 2021. Nel 2022, l’incidenza torna ad aumentare al 9,7%, in larga misura a causa della forte accelerazione dell’inflazione, che ha colpito in particolar modo le famiglie meno abbienti.
“Nei prossimi mesi, se non si interverrà con determinazione e con misure efficaci, non potrà che esserci un aggravamento della situazione, con un ulteriore aumento della povertà assoluta – aggiunge Antonio Russo – Da un lato, infatti, le nuove misure di contrasto alla povertà hanno smantellato il principio dell’universalismo selettivo e, dividendo i poveri in categoria, di fatto hanno escluso dal sostegno milioni di persone.
Attualmente, l’assegno di inclusione ha raggiunto 589 mila famiglie: meno della metà rispetto a quelle che, fino a luglio 2023, hanno trovato nel reddito di cittadinanza un riparo contro la povertà assoluta. Ora, con l’inflazione che non accenna a diminuire, complice la grave crisi internazionale, e con il venir meno di un sostegno universale, per quanto selettivo, è inevitabile che l’Italia faccia registrare dati ancor più drammatici”. (larepubblica.it)
Dal 1992, da quando imperversa in Italia The Undertaker Draghi e a seguito dei tre golpe contro l’Italia, quello della Mafia, quello di Mani Pulite e quello contro la lira operato da Soros (tutti eterodiretti da Henry Kissinger), i lavoratori dipendenti italiani hanno gli stipendi più bassi dell’area OCSE e sono gli unici ad aver perso quasi il 10% del potere reale d’acquisto.
Le famiglie italiane, dunque, hanno inevitabilmente perso potere d’acquisto, vedendosi sfilare da sotto gli occhi a causa dell’inflazione in media sei carrelli di spesa al supermercato tra il 2019 e il 2022 come ha certificato una indagine dell’Acli, e molte volte si sono dovute rivolgere al proprio interno, cioè a famigliari, per trovare la forza finanziaria di tirare avanti.
Il dato emerge, questa volta, dall’Osservatorio Findomestic di febbraio, che dipinge il 40% delle famiglie italiane in difficoltà economica. Ampliando lo sguardo agli ultimi anni, vien fuori che “quasi 3 italiani su 10 (29%) hanno ricevuto un aiuto economico dalla propria famiglia, la maggior parte (23%) in modo ricorrente, soprattutto per pagare le bollette e la spesa alimentare”.
Secondo la rilevazione della società del gruppo Bnp Paribas, c’è poi un altro 10% che “ha ricevuto un sostegno economico una tantum dai propri familiari sotto forma di prestito, donazione di denaro o di beni importanti”. Ma da dove arriva questo aiuto?
Non sorprende che nella maggioranza dei casi (60%) siano i genitori a rispondere “presente” alla richiesta di soccorso finanziario, ma non mancano (13%) fratelli o sorelle. “L’analisi di febbraio – commenta in una nota Claudio Bardazzi, Responsabile Osservatorio Findomestic – evidenzia una situazione economica che per il 40% delle famiglie italiane continua a essere “molto” o “abbastanza” problematica. Oltre la metà (52%) negli ultimi 3 mesi non è riuscita a risparmiare nulla del reddito guadagnato e l’inflazione rimane saldamente la preoccupazione principale di 6 italiani su 10”. (Carlotta Sisti)
Grazie Giorgia detta Giorgia, «una del Popolo», per aver contribuito a impoverire ulteriormente il Popolo Italiano.
Non va obliato che Giorgia ha ricevuto in pompa magna (rispettivamente ad Atreju e a Palazzo Chigi) due dei principali Sociocidi Supermiliardari Soroi: Elon Musk e Bill Gates, come il piddino e nobile Paolo Gentiloni Silveri fece stendere nel 2017 il tappeto rosso per accogliere nientepopodimeno che il Re degli Psicopatici, George Soros.
Giorgia detta Giorgia (Meloni) è certamente non meno liberista di uno qualsiasi degli elitisti globalisti. Non per nulla ha firmato il nuovo Patto di Stabilità che imporrà la più feroce austerità di marca UE a detrimento dei ceti più poveri d’Italia.
Per l’Italia si preannunciano tempi difficili: dopo le elezioni Europee dell’8 e 9 giugno e dopo i nuovi assetti politici che ne deriveranno, l’Italia insieme ad altri Paesi Ue comincerà ad applicare il nuovo Patto di Stabilità sotto la rigida osservazione delle istituzioni comunitarie: chiunque soffra di deficit eccessivo e metta in atto misure giudicate insufficienti a ridurlo, affronterà la procedura di infrazione.
Per l’Italia, azzoppata da 90 miliardi l’anno di interessi sul debito, rientrare nelle stringenti indicazioni comunitarie significa tagliare oltre 10,5 miliardi. Per il governo significa prima di tutto dire addio allo strumento dello scostamento di bilancio. Poi, in mancanza di nuove entrate, ci saranno due sole strade percorribili: aumento della pressione fiscale o tagli alla spesa pubblica che metteranno a rischio le misure bandiera del governo, in primis il taglio del cuneo fiscale e vari bonus. (Mauro Di Gregorio)
Un motivo in più per non votare Giorgia detta Giorgia.
IL PLEBISCITO DI GIORGIA
Finta Patriota e Finta Candidatura quella di Giorgia
Una tentazione plebiscitaria che serve anche come referendum sul suo governo, è il senso del discorso della premier davanti alla platea di FdI sulla spiaggia abruzzese. Prendere o lasciare. “Dopo l’Italia cambiamo l’Europa e io voglio fare la mia parte”, aggiunge la premier. E che sia un test sul governo lo dice chiaramente: “Va alzata la posta, smentiremo ancora i pronostici”. Certo spiega che non vuole “togliere tempo” alla sua attività di capo del governo ma attacca la segretaria del Pd Elly Schlein: “Non essendo la segretaria dem, confido che voi mi aiuterete”. Un paio di comizi dovrebbe farli, uno al Nord e uno al Sud prima della chiusura a Roma l’1 giugno.
Il referendum sul governo porta con sè anche una sfida all’alleato Matteo Salvini che ieri ha disertato la presentazione. Il leghista si è solo videocollegato per un “impegno improrogabile” ma si è mostrato da via del Corso a passeggio con la figlia. La premier lo ha deriso spiegando che Salvini “ha preferito fare il ponte”. Poi i due si sono sentiti dopo il discorso della premier per chiarirsi. Ma le tensioni rimangono. E non è un caso che la premier abbia fatto un comizio identitario per coprirsi alla sua destra: immigrazione, natalità (“figli da padre e madre”) e sicurezza (“basta gli universitari che picchiano i poliziotti”). (Giacomo Salvini, segue link)
Beh certo, abbiamo l’Ultradestra Meloniana e Leghista – quella che urla ancor oggi “Ad Maiora Semper Fascismo” – e che, conculcando la Costituzione, vorrebbe impedire le manifestazioni contro Israele e a difesa dei Palestinesi sottoposti a genocidio dai Nazisionisti di Netanyahu,
Poi c’è chi nell’Ultradestra governativa stigmatizza i manifestanti minorenni cattivissimi pro-Palestina che vanno a picchiare i tonfa della Polizia, andandosi a spiaccicarci contro le loro stesse facce, rompendosi il naso. (la mia è ironia, ovviamente).
Quegli stessi tonfa che hanno massacrato migliaia di manifestanti inermi al G8 2001 di Genova, mentre 400 terroristi Black Bloc, pagati dalla CIA e da George Soros, hanno letteralmente messo a ferro e fuoco Genova, tornandosene a casa ubriachi, liberi e festanti nei loro furgoncini neri, senza che nessuna polizia europea li abbia fermati nel loro tragitto.
Ma se i guastatori in nero riescono agilmente a fuggire, il resto dei manifestanti se la vedrà perfino più brutta del giorno prima: mentre Genova è ormai trasformata in un campo di battaglia, manifestanti fermi e con le mani alzate – inclusi anziani e giovani donne – vengono manganellati senza tregua. Chiunque, tra i feriti, riesca ancora a stare in piedi, viene inoltre strappato di peso ai paramedici e messo in arresto. (segue link)
Guarda caso, nel 2001, era assiso al potere un esecutivo di Ultradestra del tutto identico a quello attuale.
Opporsi alle porcate meloniane è sacrosanto, ma a patto di conservare un po’ di memoria e di pudore: solo chi li ha persi può rimpiangere B.. Che è stato il peggio del peggio e nessuno, per quanto si sforzi, riuscirà mai a eguagliarlo, tantomeno a superarlo. Perciò il continuo “al lupo al lupo” sul ritorno del fascismo suona fesso e cade in un misto di fastidio e indifferenza. Dopo il fascismo l’Italia ha conosciuto un solo regime autoritario: quello pluto-mediatico di B.. Tutto il resto è noia. (Marco Travaglio)
O c’è ancora chi, col figlio indagato per violenza sessuale, ha definito le SS uccise dai Partigiani in via Rasella come “una banda musicale di semipensionati” (sic!)
Ovviamente con questa mossa elettorale di presentarsi fittiziamente all’Europarlamento, la Meloni non vuole colpire l’intelletto, ma le emozioni (cfr. A.C. Robert, “La strategia dell’emozione”).
Al contempo, anche tra i politici ha preso piede l’evidenza che le storie vendono. Nella battaglia per avere attenzione, i modelli narrativi sono maggiormente efficaci degli argomenti. Cosí si fa strada anche il loro uso strumentale sul piano politico. Ancora una volta, non deve essere toccato l’intelletto ma le emozioni. Nel suo essere una tecnica efficace di comunicazione politica, lo storytelling è qualcosa di radicalmente differente da una qualche visione politica che si protende verso il futuro e offre agli esseri umani senso e orientamento. […]
Lo storytelling, di contro, conosce solo una forma di vita, quella consumistica. Lo storytelling racconta storie per vendere
storie e per questo non è capace di tratteggiare forme di vita completamente differenti. Nel mondo dello storytelling tutto viene ridotto al consumo e in questo modo noi perdiamo la capacità di vedere altre narrazioni, di vedere altre forme di vita, di avere altrepercezioni e di vedere altre realtà.
Questa, infine, è la crisi della narrazione nell’epoca dello storytelling (B.C. Han, “La crisi della narrazione”)
Giorgia sarebbe la “donna del Popolo”, l’underdog…
«Sono una donna del popolo», dice Giorgia Meloni. Con l’accento romano, la gestualità, la mimica che da sempre contraddistinguono la sua politica. Chi la conosce da prima che diventasse premier le ha visto fare ottime imitazioni di colleghi parlamentari. […]
«C’è una contraddizione che finora ha retto benissimo. La domenica a Pescara dice: chiamatemi Giorgia e crea un brand elettorale di tipo familiare, confidenziale; il lunedì a Roma lavora a riforme istituzionali che esautorano il Parlamento e tolgono al presidente della Repubblica il suo potere di arbitro. Queste sono le cose che inquietano perché erodono la lingua comune della democrazia». […]
L’underdog? Lo svantaggiato solo contro il mondo cattivo che difendendo se stesso difende il popolo?
«Quello. Io sono sempre stato convinto di una legge generale della tarda modernità, e cioè che le stesse doti che sono necessarie per vincere le elezioni sono quelle che escludono che tu possa governare bene». (A. Cuzzocrea intervista S. Bartezzaghi)
Difatti, Giorgia ha dimostrato nei fatti, malgrado i reboanti toni e i tonitruanti propositi, di essere il peggior presidente del Consiglio dalla Fondazione della Repubblica ad oggi.
Solo faccette e macchiettismo à la Totò (sperando che il grande Antonio de Curtis non si offenda nell’aldilà) da Giorgia detta Giorgia.
Brava in esternazioni teatrali come questa:
Iconico e icastico, come sempre, Maurizio Crozza.
«Meloni in lista senza alcuna intenzione di fare l’eurodeputata? Ma questo è ingannare gli elettori!», dice a Domani la liberale olandese Sophie in’t Veld, eurodeputata nota come difensora dello stato di diritto. «È una candidatura fake, che trasforma i Fratelli in un partito personalistico, La Sorella». In quello che è a tutti gli effetti un comizio per giugno, Meloni pratica la stessa vecchia tattica dei populismi di destra: personalizza la competizione, si presenta come la portatrice dei voleri popolari – «Io sono e resterò una persona del popolo» – e costruisce nemici immaginari. […]
Meloni punta all’en plein. Ricorda «che nel 2014 alle europee non avevamo superato la soglia di sbarramento», il 2019 «è stato lo spartiacque», il 2022 il momento in cui «noi patrioti e conservatori siamo diventati primo partito in Italia». «Non per fortuna ma per ostinazione». Ora punta a «cambiare l’Europa». Vuole spostare gli equilibri e così spiega il «rifiuto di negoziare nomine prima del voto». La scommessa acchiappa voti di «Giorgia» in lista serve a questo. (editorialedomani.it)
Fulminante con la sua sferzante ironia il governatore della Campania De Luca: «Dopo Dante e Galileo ora avremo… Giorgia!»
GIORGIA LA TRADITRICE
Napoleon Macron continua la sua ignobile farsa sulla necessità che gli Europei aggrediscano la Russia al fianco degli Ukronazi Banderisti Zelenskyani.
Forse ispirato/a dal suo vero partner politico di sempre – il ministro già mercante d’armi Guido Crosetto; perfetta incarnazione di Gru, il personaggio del cartoon Cattivissimo me – il/la premier, in piena campagna elettorale, scatena dal Libano tutta la sua ferocia da bulletta mannara contro chi intralcia la sua corsa ad accreditarsi nel salotto buono Casa Bianca-Nato-Ue, andando in guerra con l’elmetto calato sul capino.
Ossia i critici di una mattanza senza via d’uscita lungo l’asse Mosca-Kiev, che si rivela sempre di più una lucrosa rendita per politici intenzionati a depistare pubbliche opinioni trasformate in greggi e per gli affaristi del settore materiale bellico. Sicché il meloniano “pacifisti da divano”, rivolto ai critici del nuovo corso “armiamoci e partite” di mussoliniana memoria (che riutilizza l’ignobile retorica del “poltronismo” già all’opera per massacrare i miseri redenti dal reddito di cittadinanza, nella versione italica della guerra dei ricchi contro i poveri), non è soltanto irridente.
È qualcosa di più inquietante: il segno di una strategia argomentativa volta all’eliminazione dello spirito critico nel confronto dialettico, criminalizzando chi tenta di praticarlo. Quel mix di manicheismo e Torquemada scaturito dagli alambicchi della semplificazione e dell’intolleranza che pretende di mettere al muro chi non la pensa come i guardiani del “pensiero pensabile” (copy Noam Chomsky). […]
Conferma di un totale rifiuto della parrhesia (la diade verità-potere della saggezza greca) che – tanto per dire – ha interrotto i miei contatti con la comunità ebraica genovese (un tempo aperta e ora spaventosamente sciovinista etnica), in quanto reo non solo di aver definito Benjamin Netanyahu “un nazista”, ma di aver replicato all’allora presidente del circolo Primo Levi, che dichiarava ebraica tutta la cultura del Novecento, “non sapevo che John Maynard Keynes fosse un vostro correligionario”. (Pierfranco Pellizzetti, segue link)
Anche ammettendo la (remota) possibilità che un attacco congiunto dei Paesi Europei alla Russia non sfoci in un conflitto nucleare, l’Europa subirebbe comunque una sconfitta schiacciante e definitiva, con conseguenze catastrofiche dal punto di vista geopolitico, sociale, economico.
Ovviamente, anche a prescindere dalle perdite umane e materiali, il rischio serio di un eventuale conflitto di questo genere sarebbe non solo l’umiliazione dell’Europa, ma il suo precipitare in una condizione di dipendenza-sudditanza ancora più accentuata. Significherebbe spezzarne per decenni ogni possibilità di ripresa, morale e politica innanzitutto, ma non solo.
Per questa ragione, è importante comprendere bene come una terza grande guerra sul suolo europeo avrebbe conseguenze terribili per generazioni, ed è quindi necessario fare tutto il possibile per evitarla. Fermare gli Stranamore che giocano col fuoco, prima che il gioco sfugga loro di mano e non sia troppo tardi.Ovviamente, anche a prescindere dalle perdite umane e materiali, il rischio serio di un eventuale conflitto di questo genere sarebbe non solo l’umiliazione dell’Europa, ma il suo precipitare in una condizione di dipendenza-sudditanza ancora più accentuata. Significherebbe spezzarne per decenni ogni possibilità di ripresa, morale e politica innanzitutto, ma non solo.
Per questa ragione, è importante comprendere bene come una terza grande guerra sul suolo europeo avrebbe conseguenze terribili per generazioni, ed è quindi necessario fare tutto il possibile per evitarla. Fermare gli Stranamore che giocano col fuoco, prima che il gioco sfugga loro di mano e non sia troppo tardi. (Enrico Tomaselli, segue link)
Gli Stranamore à la Macron vanno assolutamente fermati prima che sia troppo tardi.
Grazie alla guerra-farsa in Ucraina, i mercanti di morte e l’inner circle di Zelens’kyj si sono arricchiti spropositatamente.
— Mario Improta (@MarioImpro95596) March 30, 2024
La farsa è sinceramente andata in scena ben oltre ogni limite di tempo accettabile superando, per somma, le vette tollerabili del ridicolo e della decenza in ben quattro ulteriori relativamente recenti occasioni che vale la pena di ricordare per capire quella che ritengo sia stata la ben calibrata mossa strategica di un Macron che alla guerra in Ucraina, fosse stato per lui, avrebbe posto termine da un pezzo con buona pace di Washington. […]
In altre parole, alla luce dei fatti — e fino a prova contraria— pare oltremodo lecito supporre, visti pure i reiterati passati tentativi operati dall’Eliseo proprio per bocca dello stesso Macron di far ragionare gli Europei da Europei e non da vassalli (ma che dico “vassalli”, meglio parlare di “valvassini”) possibilisti alla “armiamoci e partite” di Washington, che il suo pronunciamento sia stato un abile bluff in questa estenuante partita a poker giocata dagli angloamericani (con un mazzo di carte decisamente truccato) sulle spalle degli Europei e sulla pelle degli Ucraini.
Conferme ad una tale interpretazione, così come del previsto fallimento di qualsivoglia tentativo di supporto all’Ucraina nonché della concreta impossibilità per l’Occidente di far conseguire a Kyiv la millantata vittoria militare, giungono implicitamente anche da altre dichiarazioni quali quella del Ministro della Difesa francese, Sebastien Lecornu, che il 27 Febbraio 2024 ha ribadito che “è fuori questione fare la guerra alla Russia” annunciando che Parigi riuscirà a fornire ogni mese all’Ucraina circa 3.000 proiettili d’artiglieria, pari al fabbisogno di circa mezza giornata di fuoco delle truppe ucraine: una notizia questa che non ha bisogno di alcun commento.
Per non parlare di quanto dichiarato dal Ministro degli Esteri Stephane Sejourné che sottolineato come la presenza di truppe occidentali in Ucraina non porterebbe a un superamento della “soglia di belligeranza” nel conflitto contro la Russia se limitata ad alcune operazioni, come quelle riguardanti lo sminamento o la cyberdifesa. (Silverio Allocca, enfasi aggiunta, segue link)
Come sottolineato dal Presidente ungherese non molto tempo fa, la non rielezione di Putin era uno degli obiettivi della politica sanzionatoria posta in essere dall’Occidente contro Mosca e visto il risultato … c’è ben poco da dire.
Questa ennesima missione fallita fa sì che ora…
Macron, il presidente della Francia, è un mezzo scemo. Siccome si tratta di un’affermazione impegnativa, mi corre l’obbligo di documentarla. Macron pensa di inviare soldati europei a sparare contro i russi sapendo che Putin può chiudere la guerra in qualunque momento con le…
— Alessandro Orsini (@orsiniufficiale) March 16, 2024
Il Ministro della “Difesa” di Macron, certo Lecornu (satiricamente possiamo definirlo un Servo del Grande Cornuto Satana, nomen omen) ha delirato gaiamente del passaggio ad un’economia di guerra,
per sostenere l’Ucraina [e che] “non escluda” la requisizione “di personale, scorte o strumenti di produzione”. Il ministro ha parlato della possibilità “di chiedere ai produttori di dare priorità alle esigenze militari” precisando che “non esclude di farlo nelle prossime settimane”.
Affermazioni che si aggiungono a quelle del presidente Emmanuel Macron che “non esclude l’invio di truppe di terra” in Ucraina. Per giustificare queste requisizioni, Lecornu si avvale della Legge sulla Programmazione Militare 2024-2030, promulgata in agosto, che prevede che in caso di “minaccia, attuale o prevedibile, che grava su attività essenziali alla vita della Nazione, alla protezione della popolazione, all’integrità del territorio o alla permanenza delle istituzioni della Repubblica” sia possibile “la requisizione di qualsiasi persona, fisica o giuridica, e di tutti i beni e servizi necessari per far fronte agli stessi, una misura che può essere decisa con decreto del Consiglio dei ministri». (segue link)
Attenzione: gli Stranamore europei si stanno facendo appioppare lo stato Marcio e Putrefatto ucraino dai Satanisti NaziDEM e Neocon Bideno-Sorosiani.
Come argomenta correttamente il sociologo Pino Arlacchi,
Dal lato americano non si profila alcuna espansione perché, con una spesa militare mostruosa, vicina al trilione di dollari e finanziata prendendo denaro in prestito da Europa e resto del mondo, gli Stati Uniti hanno raggiunto un grado di indebitamento insostenibile. E sul piatto c’è anche la lamentela americana che è ora che gli europei finanzino la propria sicurezza smettendo di vivere sulle spalle di uno Zio Sam che si accolla l’80% del bilancio Nato.
Le spese per la difesa europea, perciò, dovrebbero più che raddoppiare in pochi anni, e la richiesta del segretario Nato di un fondo di 100 miliardi di euro soltanto per l’Ucraina può essere solo un assaggio. Il problema è: da dove arriveranno i 300-400 miliardi di spesa aggiuntiva annua necessari per finanziare una Nato che soddisfi la pretesa americana? […]
Sono incline a ritenere che la svolta verso una Europa bellicista, che si riarma per allinearsi con gli Stati Uniti, avverrà – se avverrà – senza alcuna resa dei conti con Washington. Nel senso che nessun leader nostrano oserà denunciare il patto non scritto con gli Stati Uniti che vige dai tempi della nascita della Nato.
Secondo questo patto, noi europei compriamo i buoni del Tesoro Usa che consentono all’America di vivere al di sopra dei propri mezzi e che le hanno permesso di fare tutte le guerre che ha voluto in quasi ogni parte del mondo in nome della Nato e della difesa dell’Occidente.
L’ esistenza di questo patto imperiale è ignorata dal 99,9% dei cittadini dell’Unione europea. […]
I soldi per abbuffare la Nato non proverranno, quindi, da una dichiarazione di indipendenza economica e finanziaria dell’Europa verso gli Stati Uniti. I soldi necessari per difenderci da una minaccia completamente inventata – la Russia di Putin – occorrerà trovarli da altre parti. Vista la stagnazione ormai cinquantennale del capitalismo europeo e l’assenza di un progetto di rilancio della potenza commerciale e industriale dei Paesi dell’Unione, si proverà a seguire la solita strada dell’austerità. Con il fondo del barile ormai raggiunto.
Ridurre salari, stipendi, pensioni e spesa sociale in nome di sacrifici per una guerra inesistente può essere un gioco molto pericoloso. A scendere in piazza questa volta non ci sarebbero solo agricoltori, gilet gialli e pacifisti risoluti, ma masse di cittadini impoveriti dalle politiche di una élite europea codarda, inadeguata e serva di interessi altrui.
Già, il partito dei sedicenti “Patrioti”, dei cosiddetti “Fratelli d’Italia”, ci ha traditi e consegnati – legati mani e piedi – all’Impero Amerikano e alla UE della Baronessa Furfantessa von der Leyen, inseguita dalla Procura Tedesca e da quella Europea (affaires McKinsey-Pfizer)
Ayant fait le choix de rester dans l’UE et l’euro, #Meloni trahit ses promesses de campagne et vient d’annoncer un #budget italien d’ultra-austérité !
Après la trahison sur l’immigration, plus massive que jamais depuis qu’elle est aux commandes, maintenant la trahison sur… pic.twitter.com/dZG78Q6POk
— Florian Philippot (@f_philippot) September 8, 2023
Valvassini della UE e Nemici degli Interessi d’Italia, i Fiddìni, avendo reificato OGGI al governo esattamente quanto stigmatizzavano IERI nel momento in cui erano all’opposizione.
Ipocriti.
Eh voilà ! Ils viennent de découvrir une fraude de 600 millions d’euros sur le « plan de relance UE covid » en Italie !
Or qui finance ce plan de relance ?! La France très largement ! Vous et moi ! On y met 80 milliards…pour en récupérer 39 ! 🤦On paume 41 milliards + la fraude… pic.twitter.com/LVtLoBQ09X
— Florian Philippot (@f_philippot) April 4, 2024
Giorgia Meloni ha tradito financo il suo vate J.R.R. Tolkien, essendosi ella sottomessa e subordinata al Capitalesimo Cosmopolita dei Soroi, mentre Tolkien ha sempre affermato:
Trovo questo cosmopolitanesimo americano terrificante.
Se grazie al gaio Napoleon Macron la Francia declina, l’Italia, grazie a Giorgia Meloni, affonda velocemente come il Titanic.
L’ultima a suonare l’allarme è stata ieri la Banca d’Italia, secondo cui il Pil 2024 salirà di circa la metà rispetto alle stime del governo. E rincara la dose l’Istat, che registra nel primo anno delle destre al governo il minimo storico nella capacità di risparmio degli italiani, anche perché le imposte sulle famiglie sono aumentate di 24,6 miliardi, alla faccia di chi prometteva di ridurre le tasse, le accise e gli sprechi. (Gaetano Pedullà)
A tutti gli ex liberi Cittadini Europei rimane solo una possibilità per rimanere in vita e tornare alla Democrazia e alla Libertà:
Spazzare l’Unione Europea. EU Delenda Est. Le sue direttive distopiche sono una replica di quelle del Terzo Reich. Tra la Europäische Wirtschaftsgemeinschaft di Hitler-Funk e l’attuale Unione Europea non v’è differenza alcuna, come afferma correttamente il prof. David Blake dell’Università di Londra.
Vedasi la folle e cacotopica Direttiva “Case Green”.
Dalla UE non basta uscire. Va distrutta per poi cospargere di sale le sue rovine di modo che non rinasca mai più. pic.twitter.com/ssLFxZl1Wh
— Gilberto Trombetta (@Gitro77) April 13, 2024
Ha ragione Chiara Appendino a definire Giorgia «mentitrice compulsiva».
In un question time del novembre 2023 Giorgia detta Giorgia ha affermato di non ricordare affatto che nel suo programma di governo di alcuni anni fa ci fosse l’uscita dall’Euro.
Durante il question time in Senato la presidente del Consiglio ha dimenticato il suo passato fortemente euroscettico e quello del suo partitoOggi, giovedì 23 novembre, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha risposto ad alcune domande durante un question time al Senato. Replicando a un intervento del leader di Italia Viva Matteo Renzi, Meloni ha dichiarato: «Le ho sentito dire che avrei detto che bisognava uscire dall’euro: non mi ricordo di aver detto che bisognava uscire dall’euro, mentre mi ricordo di aver detto che l’Italia poteva stare in Europa a testa alta ed è esattamente quello che stiamo facendo».
Fatti alla mano, la presidente del Consiglio dimostra di avere la memoria corta.
Fratelli d’Italia è un partito nato alla fine del 2012 e la stessa Meloni lo aveva definito come un «movimento eurocritico, contrario a questa Europa che ci mette in croce». «O si rinegoziano i patti – aveva dichiarato la fondatrice di Fratelli d’Italia nel 2013 in un’intervista con Libero – o non stiamo nell’euro a costo di uccidere l’Italia».
Il programma elettorale di Fratelli d’Italia per le elezioni europee del 2014 proponeva lo «scioglimento concordato dell’eurozona», ossia dell’insieme dei Paesi che utilizzano l’euro come moneta unica. «L’euro e le sue regole si sono purtroppo rivelati un fattore di disgregazione dell’unità europea, anziché un elemento di rafforzamento della solidarietà tra i popoli d’Europa», sottolineava il programma.
«Per queste ragioni, Fratelli d’Italia si impegna a farsi promotore nel prossimo Parlamento europeo di una risoluzione comune a tutti i gruppi “eurocritici”, per spingere la Commissione europea a procedere allo scioglimento concordato e controllato dell’eurozona». Secondo il partito di Meloni, se quella strada non fosse stata perseguita dalle istituzioni europee, l’Italia avrebbe dovuto «avviare una procedura di recesso unilaterale dall’eurozona», ossia uscire dall’euro.
Un paio di mesi prima del voto, Meloni aveva dichiarato durante un comizio elettorale che l’Italia avrebbe dovuto dire «chiaramente» all’Europa: «Noi vogliamo uscire dall’euro: e se pensate che questo sia un problema per l’euro, allora convinceteci a rimanere». In quel periodo la leader di Fratelli d’Italia aveva scritto vari post sui social network contro la moneta unica. Eccone alcuni dei principali.
«Marine Le Pen contro l’euro? Ha ragione», aveva scritto la presidente di Fratelli d’Italia su Twitter il 14 maggio 2014, riferendosi alla leader del partito francese di destra Rassemblement national. «Sull’euro abbiamo detto cento volte che SIAMO PER USCIRE», 24 aprile 2014. «Io non so come altro dirlo che siamo per uscire dall’euro», 24 aprile 2014. «Il 13 dicembre in piazza contro l’euro», 9 novembre 2014.
«Alla Commissione Ue che dice che l’appartenenza all’euro è irrevocabile dico: niente è irrevocabile in democrazia. Soprattutto la schiavitù», 5 gennaio 2015. «Cos’altro dobbiamo aspettare? Liberiamoci dalla zavorra dell’euro e vediamo come se la cavano i tedeschi a competere con le imprese italiane ad armi pari», 9 settembre 2016. «L’euro è una moneta sbagliata destinata a implodere. Vogliamo lo scioglimento concordato e controllato dell’eurozona», 25 marzo 2017. (pagellapolitica.it, segue link)
Altro che Giorgia “Patriota e Sovranista”!
L’ultimo vero Sovranista degno di questo nome è stato Aldo Moro.
Aldo Moro e la visione di una Italia sovrana
Aldo Moro era un uomo che aveva una visione dell’Italia molto precisa e peculiare. Lo aveva già dimostrato negli anni precedenti in cui era stato alla Farnesina.
L’Italia era incardinata nell’ordine Euro-Atlantico costruito dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale a Yalta nel 1945. L’Italia era stata assegnata nel campo dell’Occidente che era quello che apparteneva alla cosiddetta anglosfera, ovvero le potenze anglo-americane che hanno dominato l’Europa Occidentale dal dopoguerra in poi.
Ed è tale “equilibrio” che ha determinato tutta la storia d’Italia e tutte le stragi che sono nate negli anni successivi.
E tale equilibrio si fondava spesso sulla logica del terrore. La strategia della tensione non è un fenomeno ascrivibile a dei gruppi di estremisti di destra o sinistra radicalizzati dal clima politico teso degli anni 70.
La strategia della tensione è un fenomeno geopolitico che fu concepito da determinati ambienti atlantisti per impedire che l’Italia slittasse troppo verso la cortina di ferro e scivolasse verso il blocco sovietico.
Ciò che voleva fare Aldo Moro non era però certo far passare la Penisola da un blocco ad un altro. Moro non fu ucciso e la sua scorta non fu trucidata perché l’uomo più influente della DC voleva attuare il “compromesso storico” che avrebbe avvicinato il PCI ai banchi del governo.
Il PCI fu uno dei partiti in prima linea nel difendere la cosiddetta “linea della fermezza”. Come gli altri, non fece nulla per salvare veramente la vita dello statista democristiano. Quando Moro fu rapito, l’allora segretario del partito comunista, Enrico Berlinguer, assestò subito la linea del partito su tale posizione.
Non si tratta. Moro era stato già condannato a morte da un potere politico che risiedeva Oltreoceano e nessuno dei partiti dell’epoca si oppose a tale decisione.
L’unico uomo che voleva rompere il fronte della fermezza e negoziare per salvare la vita del presidente Moro fu un giovane Bettino Craxi, da poco segretario del PSI, e che fu spazzato via negli anni successivi da quegli stessi poteri che decisero la morte del politico democristiano e che concepirono il golpe giudiziario del 1992.
Negli anni successivi alla morte di Moro, iniziò ad emergere la verità che non trovo mai asilo presso le pagine dei libri di storia o quelli dei quotidiani contemporanei.
In un’aula di tribunale nel corso del processo sulla strage di via Fani, lo storico collaboratore di Aldo Moro, Corrado Guerzoni, rivelò che il presidente fu minacciato pesantemente dall’ex segretario di Stato, Henry Kissinger, già nel 1974.
E la stessa vedova del presidente, Eleonora Moro, confermava quanto disse Guerzoni. Henry Kissinger rivolse pesanti minacce nei confronti del leader della balena bianca.
All’epoca Moro era il ministro degli Affari Esteri e la sua visione diplomatica stava già uscendo dal seminato che l’atlantismo aveva assegnato all’Italia.
Erano gli anni in cui infuriava in Medio Oriente la guerra dello Yom Kippur tra Israele e i Paesi arabi, quali Egitto e Siria.
Washington, storico garante dello stato ebraico, non mancava di far avere tutto il suo sostegno ad Israele e chiese all’Italia di poter utilizzare le basi NATO per poter meglio assistere le forze armate israeliane.
Aldo Moro oppose un netto rifiuto. Moro non voleva che l’Italia partecipasse attivamente al conflitto e si schierasse contro i Paesi arabi. La sua visione politica era quella di mantenere saldi i rapporti con i Paesi del Medio Oriente e di non seguire la linea geopolitica che la potente lobby sionista aveva indicato.
Moro era esattamente l’antitesi di ciò che sono i figuranti politici contemporanei che affollano la decadente scena del Parlamento italiano e che non mancano mai di baciare la pantofola di Israele per poter entrare a palazzo Chigi.
Aveva prima di tutto in mente l’interesse nazionale e non voleva che il suo Paese fosse ridotto ad una piattaforma a noleggio per poter compiacere lo stato profondo di Washington o Israele.
Kissinger non poteva tollerare un simile affronto. Kissinger era cresciuto alla scuola politica del CFR, il Consiglio per gli Affari Esteri e del suo omologo britannico, il RIIA, l’istituto reale per gli affari internazionali.
Sono quelle lobby che costituiscono l’essenza del potere politico in America e in Gran Bretagna.
Sono questi gruppi sconosciuti all’opinione pubblica che decidono chi entra nell’ufficio ovale della Casa Bianca.
Non c’è stato un presidente degli Stati Uniti nel corso degli ultimi 70 anni che non sia stato deciso dal CFR.
L’unica rilevante eccezione a questa regola è stata quella di Donald Trump ed è noto quale tipo di guerra permanente lo stato profondo di Washington abbia scatenato al presidente che ha disallineato gli Stati Uniti da quei poteri che hanno esercitato il controllo su questa strategica e potente nazione per lunghissimo tempo.
Kissinger era il guardiano del mondo unipolare. Suo scopo e missione era quello di salvaguardare l’ordine Euro-Atlantico che negli anni successivi si sarebbe espanso fino a fagocitare i Paesi della vecchia cortina di ferro e a smascherare una menzogna che veniva ripetuta dal 1945.
La NATO non aveva lo scopo di garantire la sicurezza dei Paesi europei messi in pericolo dalla minaccia comunista.
La NATO non era altro che l’esternazione dell’esercito del governo mondiale che i potenti club ai quali apparteneva Kissinger aspiravano.
E l’Italia era ed è una nazione che occupava un posto privilegiato nella gerarchia di questo sistema. Senza di essa nessun governo mondiale e nessuna Unione europea sarebbe stata possibile.
Troppo importante la sua posizione, troppo grande la sua economia e troppo spiritualmente rilevante per la presenza della Chiesa Cattolica. (Cesare Sacchetti, segue link)
Secondo Matteo Brandi, già da tempo Giorgia Meloni aveva esplicitato segnali forti che evidenziavano un totale RIBALTAMENTO delle strategie geopolitiche. Oggi ella è Ultra-atlantista, Super-Bideniana, Iper-Europeista, Turbo-Liberista.
Giorgia detta Giorgia abbraccia la Baronessa Furfantessa Leyen, Dementor Biden, il Macellaio di Gaza Netanyahu e Zelensky il Duce Tossico. È Giorgia l’Americana come hanno chiosato rettamente Gianni Alemanno e Diego Fusaro.
A Giorgia Meloni interessa solo una cosa: aumentare la sua presa del potere sull’Italia.
A Giorgia detta Giorgia interessa solo il Potere, come al Gollum.
È virale da anni siffatto video satirico di Giorgia-Gollum:
Molti predicano l’astensionismo per la tornata elettorale europea. Ma ciò avrebbe l’effetto da amplificare la vittoria di Giorgia Meloni.
Bisogna recarsi alla urne e votare contro Giorgia detta Giorgia.
E contro i Falsi “Patrioti” d’Italia.
© 2024, Seyan. All rights reserved.
È il mio stesso pensiero.
Ora Giorgia è più pericolosa del PD.