I BRANCALEONE: I DIOSCURI SALVINI E DI MAIO.
Brancaleone. L’Armata Brancaleone – intendendo con tale termine, coniato sagacemente da Marco Travaglio, il governo gialloverde – vince e perde. Vediamo come.
Per continuità narrativa, continueremo a chiamarli i…
BRANCALEONES
Diciamocelo apertis verbis: Matteo Salvini non è uno statista. Il suffragio ricevuto nelle elezioni del maggio 2019 è una fiducia a tempo. Come lo furono le elezioni del 2018 a favore del Movimento 5 Stelle.
Il vincitore nel 2018 fu, incontestabilmente, Luigi Di Maio, le cui promesse avevano convinto i ceti meno abbienti e medio-bassi.
Nessuna delle promesse è stata mantenuta: il Reddito di Cittadinanza è stato un autentico flop, non è giunto nelle quantità promesse, ne sono stati esclusi tanti Italiani, a favore di Rom con Porsche Cayenne o immigrati non ancora regolarizzati, e non ha aumentato – come prevedibile – la crescita del Paese.
Non parliamo poi della promessa di abrogare l’obbligo vaccinale. Lettera morta, grazie a Giulia Grillo.
Sottacendo del comportamento ondivago di Toninelli sulla scottante questione Autostrade e quello del dioscuro Di Maio sull’ILVA.
Ridicolo, infine, l’atteggiamento assunto nei confronti del presidente della Repubblica pro tempore da parte dei pentastellati. Richiesta di impeachment appena un anno fa, totalmente appecoronati oggi.
IL BRANCALEONE VINCENTE
Salvini ha vinto. Ma lo ha fatto esclusivamente grazie ai Porti Chiusi.
Da uomo della destra, Salvini preme sulla flat tax.
Ovviamente omette di dire che non favorirebbe affatto le famiglie del ceto medio-basso, ma esclusivamente imprenditori e Grand Commis di Stato. I dirigenti statali di prima fascia risparmierebbero fino a 35.000 euro all’anno, un vero schiaffo per chi porta avanti la carretta in Italia, lavoratori dipendenti privati e pubblici, a cui rimarrebbero solo le briciole.
Matteo Salvini, segretario della Lega, vice premier e Ministro dell’Interno, aveva più volte dichiarato che un’eventuale successo della Lega alle elezioni europee 2019 avrebbe rafforzato fortemente le possibilità di introduzione della flat tax già dal prossimo anno.
La flat tax è stata al centro anche delle dichiarazioni rese ai giornalisti nella notte, quando i primi risultati dello spoglio elettorale confermavano le previsioni: la Lega è il primo partito in Italia e porta a casa quasi il doppio dei voti dell’alleato M5S.
Nonostante ciò, la battaglia sulla flat tax non sarà solo sui numeri, e l’ipotesi di una sua introduzione già dal 2020 non appare realistica e razionale.
È almeno dal 1994 che si parla di flat tax, poi di sistema a doppia aliquota/scaglione, ma tutte le proposte avanzate dalla politica non si sono mai realizzate, fondamentalmente per tre ragioni:
- scarse risorse finanziarie disponibili;
- rigidità dei parametri di bilancio da rispettare;
- difficoltà a garantire un sistema progressivo come quello garantito dall’Irpef.
Al momento quando si parla di flat tax, si fa riferimento solo all’estensione del regime forfettario – precedentemente introdotto dai Governi di centrosinistra – a fatturati fino a 65.000 euro, sia per professionisti che per imprese.
L’obiettivo dichiarato del Governo è estendere tale sistema alle famiglie. Ma al momento non vi sono i presupposti e soprattutto le condizioni economico-finanziarie per poterlo fare. Basti pensare ai 23 miliardi di euro che dovranno essere individuati con la prossima Legge di Bilancio per scongiurare l’attivazione delle clausole di salvaguardia IVA. (money.it)
FLAT TAX IN CAMBIO DI AUMENTI DELL’IVA O LIQUIDAZIONE DELLA SANITÀ PUBBLICA?
Se il Dioscuro vincente del governo gialloverde, Salvini, che ora esulta, dovesse optare tra una delle due opzioni (annichilazione della Sanità Pubblica e/o aumento dell’IVA) pur di realizzare la flat tax, subirebbe l’identico epilogo del Movimento Cinque Stelle.
Secondo l’indagine Confesercenti-Cer in sette anni ci siamo fumati la bellezza di 60 miliardi di consumi. Il che ha comportato la morte di 32 mila negozi alimentari, 13 mila nel settore abbigliamento e così via. Non che la grande distribuzione, come ha indicato un’altra recente indagine da parte delle Coop, sia andata meglio. Salgono ovviamente le vendite on line, ma non compensano né i consumi persi, né gli occupati bruciati da questa gigantesca crisi della spesa.
In questo contesto, scrivono nella ricerca, l’aumento del reddito disponibile derivante dall’introduzione del reddito di cittadinanza e dall’incremento della tassazione forfettaria (la flat tax fino a 65 mila euro per gli autonomi) non darà un grosso contributo. Si stima essere pari a sette miliardi, in tre anni. Direi che è un dato ridicolo. Posto che il costo dei due provvedimenti è almeno triplo. Probabilmente al Cer stimano che solo una parte di questa maggiore disponibilità finirà davvero nei consumi. Vedremo a consuntivo.
Ma ciò su cui in Confesercenti sono sicuri è che l’effetto di un possibile aumento dell’Iva, se dovessero cioè scattare le clausole di salvaguardia inserite nei nostri documenti di finanza pubblica, sarebbe un disastro per la spesa privata. La spesa diminuirebbe di più di otto miliardi, circa 310 euro a testa, con la possibile scomparsa di novemila esercizi commerciali. Più o meno sulla stessa linea, il presidente della Federalimentare, Vacondio, che solo una settimana fa davanti al presidente della sua confederazione e cioè Boccia di Confindustria, ha più o meno detto: «Ho sentito sirene anche in casa nostra dire che si potrebbe pensare a qualche forma di aumento dell’imposizione indiretta, se ciò avvenisse sarebbe un disastro». Messaggio chiaro e netto. (nicolaporro.it)
DI MAIO È IL BRANCALEONE PERDENTE. FRA UN ANNO I BRANCALEONE PERDENTI POTREBBERO ESSERE DUE
Matteo Salvini oggi esulta, ma se non agisce con accortezza e soprattutto se non evita una flat tax che vada a favorire solo i ceti ricchi, abbienti, e spesso parassitari, già il prossimo anno potrebbe accusare un arretramento addirittura superiore rispetto a quello subito oggi dal Movimento 5 Stelle.
Quella conferita alla Lega dagli Italiani è una fiducia a tempo.
Saggio ricordarsene.
Anche per impedire che il PD, il Partito preferito da George Soros, dai radical chic come Lerner e Saviano, e dai Gretinisti, ritorni ad essere il primo partito d’Italia, mentre oggi, malgrado lo Zingaretti proclami vittoria (quale?), è disperatamente aggrappato a poche ridotte storiche, come mostra il seguente grafico.
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Tutto quello che ora vogliamo è il blocco navale. Se non t’invito tu a casa mia non ci vieni. E giù le mani dai Bambini. Iniettali ai tuoi bimbiminkia l’alluminio ed il mercurio cri cri cri del “device”.