PONTI, SOCIETÀ APERTA E I BENETTON.
Il crollo del Ponte Morandi a Genova è l’immagine plastica della Corrosione e del Marciume che impregna il Capitalismo Globale postmoderno. Esso ha le fondamenta marce e a breve imploderà.
La Storia presto annovererà la Dittatura del Capitale e dei Mercati…
alla stessa stregua dei più brutali e feroci Fallimenti Storici, Sociali ed Economici, assieme a Bolscevismo e Nazifascismo.
PONTI EUROPEI E PONTE DI GENOVA.
Il cedimento del Ponte sul Polcevera è la rappresentazione icastica del Futuro che attende la Sovrastruttura tecnocratica UE. Una veloce implosione.
Nelle banconote stampate dal Banchiere Privato BCE Mario Draghi sono raffigurati Ponti, emblema del superamento dei fossati etnici.
Addirittura, i propagandisti e i pennivendoli del Mainstream Media euromaniaci sono arrivati a definire la Prima e la Seconda Guerra Mondiale come Guerre Civili, come se migliaia di anni di Storia fossero semplicemente carta straccia.
La sedicente Europa dei Popoli è in realtà l’Europa dei Banchieri (Banksters) e degli Squali Finanziari Globali come George Soros, e il Caso Grecia dimostra – senza alcuna ombra di dubbio – che il Liberal-Capitalismo Globale punta alla programmata liquidazione delle etnie.
Per siffatti individui e i loro cantori, le Nazioni sono «Comunità Immaginarie» (B.Anderson), «Cose Tribali» (R. Negri), che vanno liquidate, se necessario anche calpestando i diritti sociali e vitali di centinaia di milioni di cittadini italiani, greci, spagnoli, portoghesi… che tutto sono fuorché cittadini europei e giammai si sentiranno, malgrado le algide e fredde bandiere della Ue esposte all’esterno di tutti gli uffici pubblici, aliene dal cuore e dalla Storia di tutti gli Stati Nazionali.
È per tale motivo che le Êlites Globali vogliono sostituire i cittadini (rectius: sotituirci) en masse con i migranti Africani, l’Esercito Industriale di Riserva, formato da individui non scolarizzati, sradicati, senza storia né cultura etnica nazionale. Gli schiavi perfetti.
Gli schiavi della Cacotopia Tanatocapitalista Globale.
IL CASO ITALIA
Il governo gialloverde ha cambiato la carte in tavole. I Cabalisti Globali si trovano a far fronte ad una bandiera mai morta: il ritorno vigoroso di Partiti Sovranisti e antiglobalisti. Una speranza anche per quei Paesi che, come la Francia, ora si mangiano le mani per aver votato un burattino della Cabala Finanziaria Globale.
Sembra un segno del destino che a cedere sia stato il Ponte che maggiormente rappresentava la “fratellanza economica Italia-Francia”. Geopoliticamente e storicamente, la Francia era e rimane il nostro più feroce nemico e il maggior pericolo per la nostra già limitata sovranità.
Donald Trump – altro pugno sferrato dal Popolo in faccia alla Massoneria Contro-Iniziatica Globale – lo sa perfettamente. Come ha affermato il politologo Edward Luttwak in un’intervista resa a ilMessaggero del 31 luglio 2018, «gli Stati Uniti non son per nulla impressionati dalla Francia in Libia, pensano che sia responsabile del terribile errore di rimuovere Gheddafi. L’importanza dell’Italia è geografica, strategica e politica. Siete nel mezzo del mediterraneo, avete le basi militari».
Assolutamente prægnans la chiosa finale:
Il termine populista non aiuta a descrivere la realtà. Con l’immigrazione di massa in Europa la reazione popolare è stata quella di non volerla: I politici delle Êlites non ascoltano la gente comune ma George Clooney e il Papa per cui l’Europa dovrebbe aiutare i migranti. Ma 50 milioni di africani sono pronti a partire domani. La politica convenzionale si rifiuta di dare alla gente quello che vuole. […] Così il popolo ha scelto i politici non convenzionali.
I PONTI CHE CROLLANO SONO L’IPOSTASI DI UNA ÈLITE GLOBALE DALLA FONDAMENTA FRIABILI.
Della Dinasty dei Benetton lasciamo parlare il sempre sagace Marco Travaglio:
Ora che, con soli due giorni di ritardo, giornali e tg hanno finalmente scoperto il nome del concessionario delle Autostrade – Benetton – ovviamente per difenderlo dalle proditorie calunnie per il ponte autostradale crollato a Genova, e la casata trevigiana s’è prontamente ricordata dopo appena 48 ore di “esprimere profondo cordoglio alle famiglie delle vittime
e la propria vicinanza ai feriti nel tragico crollo” senza neppure attendere i funerali. […]Ciò che ci lasciava senza fiato erano erano le loro chiome, soggette a un singolare processo di stagionatura e cromatura. Sulle copertine dei rotocalchi per parrucchieri, che li ritraevano in posa in magioni principesche, sempre molto sorridenti, in smoking, le mani sinistre nelle tasche delle giacche, circondati di marmocchi ma soprattutto cani e gatti (anch’essi a pelo lungo), le loro zazzere non incanutivano con l’età, come per noi comuni mortali: passavano direttamente dal castano all’azzurro metallizzato, per un inspiegabile fenomeno di cui, sempreché si tratti davvero di capelli e non di lane, sono noti due soli precedenti: quello dell’Avvocato Agnelli e quello della Fata Turchina di Pinocchio. Due personaggi che presentano ciascuno un punto comune con i nostri fratellini: il primo, l’abilità nell’accumulare miliardi inversamente proporzionale al numero delle ore lavorate; la seconda, una certa indulgenza verso i bugiardi.
A un certo punto – era il 1999, in piena età dell’oro del centrosinistra – scoprimmo che i fratelli turchini s’erano aggiudicati la concessione di Autostrade per l’Italia, che gestisce oltre la metà della rete nazionale. Nessuno spiegò perché mai un bene pubblico, costruito con le tasse dei cittadini, dovesse fruttare miliardi a un privato, né cosa c’entrassero col cemento e l’asfalto quei simpatici tosatori di pecore e fabbricanti di maglioni.
Eppure quella “privatizzazione”, come i lettori del Fatto ben sanno, era piuttosto singolare. […]
Il fatto che nel caso Autostrade il contadino fosse lo Stato, cioè milioni e milioni di italiani che per decenni avevano finanziato con le imposte la rete viaria, avrebbe dovuto sollevare qualche obiezione su un’operazione che regalava a un privato una gallina dalle uova d’oro in regime di monopolio e senza rischi d’impresa, mentre privava la collettività di un bene pubblico che non può sottostare alle regole del mercato: perché le autostrade non devono produrre profitti, ma risorse da reinvestire in manutenzione, sicurezza, nuove infrastrutture e, se avanza qualcosa, taglio delle tariffe. Il contrario di quanto accade da 19 anni: sempre meno manutenzione e sicurezza, sempre più utili ai Benetton (nascosti dietro sigle rassicuranti, tipo “Atlantia”, più adatta a un’astronave, o “Sintonia”, che fa pensare a un gruppo rock).
Ma, si sa, alle privatizzazioni non si comanda, e soprattutto non si domanda. Specialmente se i beneficiari elargiscono qualche aiutino per le campagne elettorali dei partiti che, appena vanno a governo, si sdebitano aumentando le tariffe autostradali senza badare troppo a dettagli tipo gl’investimenti previsti dal contratto (peraltro coperto da segreto di Stato). E se, dal tavolo dei loro banchetti, ogni tanto cade qualche boccone dritto in gola ai giornaloni e alle tv sotto forma di pubblicità. Questo forse spiega perché, dopo il crollo epocale di Genova, stampa e tg non riuscivano proprio a ricordare il nome del concessionario che avrebbe dovuto garantire la sicurezza del Ponte Morandi e che, mentre si cercavano cadaveri, feriti e superstiti fra le macerie, favoleggiava di “costanti monitoraggi”. (“United Dolors”, di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano -17 agosto 2018)
«BENETTON MALETTON»
Riprendiamo parti di un articolo di Marcello Veneziani, «Benetton Maletton»:
I Benetton non hanno prodotto solo maglioni e gestito autostrade ma sono stati la prima fabbrica nostrana dell’ideologia global. Sono stati non solo sponsor ma anche precursori dell’alfabeto ideologico, simbolico e sentimentale della sinistra. Sono stati il ponte, è il caso di dirlo, tra gli interessi multinazionali del capitalismo global e dell’americanizzazione del pianeta, coi loro profitti e il loro marketing e i messaggi contro il razzismo, contro il sessismo, a favore della società senza frontiere, lgbt, trasgressiva e progressista. Le loro campagne, affidate a Oliviero Toscani, hanno cercato di unire il lato choc, che spesso sconfinava nel cattivo gusto e nel pugno allo stomaco, col messaggio progressista umanitario: società multirazziale, senza confini, senza distinzioni di sessi, di religioni, di etnie e di popoli, con speciale attenzione ai minori. Via le barriere ovunque, eccetto ai caselli, dove si tratta di prendere pedaggi. (Marcello Veneziani, “Toscani, Benettono e i «Maletton»”, «Fanno la morale e poi lucrano senza scrupoli. Sono il simbolo del capitalismo allo sfascio. E il fotografo è il loro profeta», iltempo.it)
La svendita, imperante Massimo D’Alema nella qualità di presidente del Consiglio pro tempore, di Autostrade e Autogrill fu,
un “regalo” del pubblico al privato, come succede solo in Italia. Il capitalismo italiano ha sempre avuto questo lato parassitario e rapace: non investe, non rischia di suo ma campa a ridosso del settore pubblico o delle sue commesse. A volte socializza le perdite e privatizza i profitti, come spesso faceva per esempio la Fiat, o piazza i suoi prodotti scartati dal mercato allo Stato, come faceva ad esempio De Benedetti accollando materiali un po’ vecchiotti dell’Olivetti alla pubblica amministrazione. Aziende che si scoprivano nazionaliste quando si trattava di mungere dallo stato italiano e poi si facevano globalità quando si trattava di andarsene all’estero per ragioni di produzione, fisco o costi minori. O si rileva la gestione delle Autostrade come i Benetton e i loro soci, con sontuosi profitti ma poi è tutto da verificare se si siano curati di investire adeguatamente per ammodernare la rete e fare manutenzione efficace. La tragedia di Genova pende come un gigantesco punto interrogativo tra i cavi sospesi sulla città.
Di tutto questo, naturalmente, si parla poco nei media italiani, soprattutto nei grandi; non dimentichiamo che Benetton, oltre che importante cliente pubblicitario nei media, è azionista nel gruppo de la Repubblica-L’Espesso-La Stampa, dove si sono incrociati – ma guarda un po’ – i sullodati Agnelli e De Benedetti. In miniatura, segue lo stesso modello ideologico e d’affari alla Benetton, anche Oscar Farinetti, il patron di Eataly. Il capitalismo nostrano da un verso sostiene battaglie “progressiste” appoggiando forze politiche pendenti a sinistra e finanziando campagne global e antirazziste; poi dall’altro si trova invischiato in storie coloniali di espropriazione delle terre alle popolazioni indigene, di sfruttamento delle risorse e di uomini per produrre a costi minimi e senza sicurezza, ottenendo il massimo profitto. (Marcello Veneziani, “Toscani, Benetton e i «Maletton»”, «Fanno la morale e poi lucrano senza scrupoli. Sono il simbolo del capitalismo allo sfascio. E il fotografo è il loro profeta», iltempo.it)
Ma non dimentichiamo soprattutto che,
Dietro la facciata “progressista” di Benetton c’è però la realtà di Maletton, il lato B. È il caso, ad esempio del milione d’ettari della Benetton in Patagonia, sottratto alle popolazioni locali, come le comunità mapuche, vanamente insorte e sanguinosamente represse. O lo sfruttamento senza scrupoli dell’Amazzonia, ammantato dietro campagne in difesa dell’ambiente. O la storia dei maglioni prodotti a costi stracciati presso aziende che sfruttavano lavoratori, donne e minori a salari da fame e condizioni penose, come accadde in Bangladesh a Dacca, dove morirono un migliaio di sfruttati che lavoravano in un’azienda che produceva anche per Benetton. Le loro facce non le abbiamo mai viste negli spot umanitari di Benetton, così come non vedremo nessuna maglietta rossa, nessun cappellino rosso sponsorizzato da Benetton o promosso da Toscani per le vittime di Genova. (Marcello Veneziani, “Toscani, Benetton e i «Maletton»”, «Fanno la morale e poi lucrano senza scrupoli. Sono il simbolo del capitalismo allo sfascio. E il fotografo è il loro profeta», iltempo.it)
Conte dà lo sfratto ai Benetton. pic.twitter.com/fj1mOxDilH
— MC79 (@Virus1979C) 17 agosto 2018
QUANDO CADONO I PONTI, A MENO CHE NON CI SIA UN TERREMOTO EPOCALE, NON SI PUÒ PARLARE DI FATALITÀ
Il Prof. Antonio Brencich dell’Università di Gemelli ha sempre affermato che i ponti con stralli in calcestruzzo armato precompresso (CAP), invece che acciaio, come quelli progettati da Riccardo Morandi sono «stati progettati male».
In varie occasioni, l’ex senatore genovese Maurizio Rossi di Scelta Civica, aveva rivolto interrogazioni parlamentari all’allora Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il piddino Del Rio proprio sul rischio del cedimento del Ponte Morandi.
Stefano Marigliani, Direttore Autostrade Tronco Genovese, affermava che,
va tutto bene e che“i lavori attualmente in corso sono opere manutentive, e sono in progetto due interventi di carattere strutturale da realizzarsi nel 2018 che consisteranno nell’installazione di stralli e impalcati per il rafforzamento della infrastruttura”.
Ma i tecnici consultati dalla stessa società Austostrade per l’Italia poche settimane dopo evidenziarono che c’erano dei problemi urgenti. Come scrive il Corriere della sera i professori Carmelo Gentile e Antonello Ruoccolo, del Politecnico di Milano, nella relazione consegnata alla società il 12 novembre segnalarono una “evidente” disparità di tenuta tra i tiranti. “In particolare gli stralli, ovvero i tiranti, del sistema numero 9 si presentano con una deformata modale non conforme alle attese e certamente meritevole di approfondimenti teorico-sperimentali”. Non si conoscono le cause di questi problemi (corrosione, eccessivo stress cui era sottoposta la struttura, difetti al momento della costruzione) ma di sicuro andava fatto un intervento per correre ai ripari.
Già altre volte erano stati lanciati degli allarmi, purtroppo rimasti inascoltati. Nel 2001 la professoressa Giovanna Franco, dell’Università di Genova, in uno studio per una rivista tecnica scriveva che “la fase diagnostica ha evidenziato una situazione ben più grave rispetto alle forme di degrado cui sono solitamente oggetto le infrastrutture realizzate con gli stessi materiali. Gli stralli, infatti, elementi generalmente tesi, sono in questo caso soggetti a compressione, così come la guaina di rivestimento in calcestruzzo”. Questo dettaglio tecnico aveva causato un problema di non poco conto: non era stato possibile “effettuare alcuna operazione ispettiva sui trefoli di acciaio, le singole fibre del cavo interno, che in molti casi avevano già raggiunto lo snervamento”. E più avanti la docente sottolineava che “numerosi trefoli erano tranciati o fortemente ossidati, altri erano visibilmente rilasciati lasciando supporre una loro rottura a valle”.
C’è poi un’altra domanda che pesa come un macigno. La pone l’ingegner Francesco Pisani, 84 anni, per 13 anni collaboratore di Riccardo Morandi, l’uomo che aveva progettato il ponte di Genova. Pisani ricorda quanto fu fatto nei primi anni Novanta: “Riparammo e rinforzammo solo gli stralli della pila 11. Un intervento mirato. Mi dissero che gli altri piloni erano in condizioni accettabili e sarebbero stati monitorati. Perché negli ultimi 25 anni non sono stati rinforzati come quello di cui mi sono occupato io? Questo dovete chiederlo ad Autostrade”. (Raffello Binelli, “Ponte Morandi, quegli allarmi inascoltati”, ilgiornale.it)
POSSIBILE CHE ATLANTIA E AUTOSTRADE PER L’ITALIA NON SAPESSERO CHE ANCHE IL PONTE MORANDI IN LIBIA È CHIUSO?
Il ponte gemello di quello sul Polcevera, a Wadi al Kuf in Libia è chiuso al traffico dall’ottobre 2017, per lo stesso problema evidenziatosi a Genova, il deterioramento degli stralli costruiti in calcestruzzo armato invece che in acciaio.
Come è riuscita Autostrade ad ottenere un margine operativo lordo di 2 miliardi di euro nel solo 2017? Con l’aumento delle tariffe e il taglio degli investimenti.
Mario Giordano per “la Verità” si chiedeva il 15 agosto:
Dove sono i Benetton? Dov’è Oliviero Toscani? Stanno scattando altre foto choc? O, per oggi, si accontentano dello choc del ponte crollato? Perché non parlano? Perché non spiegano?
Ora sappiamo che gli algidi Benetton erano alla festa ferragostana organizzata nella loro sontuosa villa a Cortina d’Ampezzo.
Invitati alla festa, altri Olimpici dell’Empireo di coloro i quali non sono costretti a lavorare per vivere di rendita da Paperoni Globali, a differenza delle vittime del Ponte Morandi volate in Cielo o, se preferite, passate all’Oriente Eterno.
Il giorno dopo la tragedia di #Genova i #Benetton hanno tenuto una festa a Cortina. Una novantina di invitati e grigliata di pesce nel quartiere più elegante della Perla delle Dolomiti per festeggiare il Ferragosto. https://t.co/bcz04dSIVP
— La Verità (@LaVeritaWeb) 18 agosto 2018
Lo scarno comunicato con cui Autostrade per l’ Italia, la società che fa capo all’ impero di Treviso e che è responsabile del viadotto crollato, ha commentato la tragedia di Genova, è una vergogna che non si potrà cancellare nemmeno con tutte le campagne pro immigrati dell’ Oliviero bollito: «In relazione al crollo la società comunica che sulla struttura erano in corso lavori di consolidamento della soletta. I lavori erano sottoposti a costante attività di osservazione. Le cause saranno oggetto di approfondita analisi». […]
i Benetton, oggi, avrebbero tante cose da spiegare. Per esempio: perché ogni anno la loro società ottiene dal ministero la possibilità di aumentare abbondantemente le tariffe autostradali anche se non ha fatto gli investimenti previsti (e che sono il motivo per cui vengono concessi gli aumenti)? I dati: fra il 2008 e il 2016, secondo l’ ultimo rapporto, le tariffe nelle tratte gestite da Autostrade per l’ Italia sono aumentate del 25%. Cifra che non trova giustificazione nell’ inflazione. Perché quell’ aumento? Per fare gli investimenti, per l’ appunto. Che però Autostrade per l’ Italia non fa.
O, almeno, non come promesso. Mancano almeno 1,5 miliardi di euro sull’ intera rete che gestisce. E qui arriva il bello, uno dei punti dove la società ha investito meno è proprio il tratto ligure: qui erano previsti 280 milioni (280.354.000 per l’ esattezza), ne sono stati spesi solo 76 (76.013.000). Cioè il 27,11% di quanto avrebbero dovuto e per cui si sono fatti lautamente pagare in anticipo. […]
Perché, poi, lo Stato abbia voluto fare questo regalo ai signorotti di Treviso, non l’ ha mai capito nessuno.
È successo nel 1999. L’ Iri sapeva di avere per le mani, con le autostrade, una gallina delle uova d’ oro, ma pensò bene di cederla. Uno degli affari peggiori che si ricordi per lo Stato, uno dei migliori che si ricordi per i Benetton, che da quel momento campano di rendita. A gestire l’ operazione fu l’ allora presidente dell’ Iri, Gian Maria Gros Pietro, gran frequentatore di salotti che contano e amico di Romano Prodi. Subito dopo la privatizzazione delle autostrade, Gros Pietro fu assunto dai Benetton per presiedere le autostrade. Stipendio: un milione di euro l’ anno. […]
E allora, di fronte alla disumana freddezza di quel vostro comunicato, chiedo al ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, responsabile della pratica: ma è proprio necessario che metà delle nostre autostrade siano gestite da questi signori? Il cambiamento non dovrebbe passare di qui? Mettendo fine all’ impero dell’ United Colors of Pedaggio? (Mario Giordano, “alle Autostrade liguri mancavano centinaia di milioni promessi di Benetton”, riportato da infosannio)
Condividiamo anche noi l’invito a Toninelli, la vogliamo vedere la Dinasty Trevigiana costretta a ributtarsi nel mercato ultra-concorrenziale del tessile, dopo aver lucrato, grazie al Monopolio di Autostrade, miliardi di euro in dividendi:
Il Ministero dei Trasporti ha fatto sapere che nel 2016 Autostrade ha incassato 3,1 miliardi con 624 milioni di utile al netto delle tasse. Mica male. Il motivo? Anche l’aumento dei pedaggi. Dal 2008 infatti insieme al prezzo della benzina è salito anche il costo per il transito in autostrada. Come scriveva ilGiornale, al casello il prezzo è salito in 10 anni del 30%.
Lo stesso non si può dire per gli investimenti. Le cifre che tutti i gestori (non solo Autostrade per l’Italia) hanno speso in investimenti sono calate di 2 miliardi nel 2012, 1064 milioni nel 2016. E anche la manutenzione di base è scesa in un anno del 7%. (ilgiornale.it)
IL PONTE ERA SICURO SECONDO AUTOSTRADE. ALLORA…
Nel 2017 i tecnici assicuravano che «il ponte Morandi non presenta problemi strutturali».
Perché un appalto bandito il 28 aprile 2018 per sostituire gli stralli della pila 9 e 10 in calcestruzzo con tiranti in acciaio? Proprio lo strallo della pila 9 è quello che ha ceduto. Lo riferisce ilsole24ore:
L’importo in appalto era pari a 20,15 milioni di euro circa. […] Nel dettaglio, gli interventi di adeguamento del viadotto, definito «un’opera strategica» prevedevano «il rinforzo degli stralli di pila numero 9 e 10 poiché quelli di pila 11 sono stati oggetto di rinforzo già negli anni 90», si legge nel bando. Le pile, tecnicamente parlando, sono le strutture portanti verticali che sorreggono le arcate di un ponte. L’intervento doveva consistere nella «disposizione di nuovi cavi esterni che vanno dal traversone dell’impalcato fino alla sommità delle antenne» del ponte.
E il quotidiano La Verità del 19 agosto rivela che Riccardo Morandi, in uno studio pubblicato nel 1979, e a cui Autostrade dovrebbe aver avuto accesso, chiedeva interventi improcrastinabili sul suo ponte.
«Penso che prima o poi, e forse già tra pochi anni, sarà necessario ricorrere a un trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi esposti, con iniezioni di resine epossidiche dove necessario, per poi coprire tutto con elastomeri ad altissima resistenza chimica».
«La struttura viene aggredita dai venti marini che sono canalizzati nella valle attraversata dal viadotto. Si crea così un’atmosfera, ad alta salinità che per di più, sulla sua strada prima di raggiungere la struttura, si mescola con i fumi dei camini dell’acciaieria e si satura di vapori altamente nocivi».
«Le superfici esterne delle strutture, ma soprattutto quelle esposte verso il mare e quindi più direttamente attaccate dai fumi acidi dei camini, iniziano a mostrare fenomeni di aggressione di origine chimica».
In breve, era già allora in atto una «perdita di resistenza superficiale del calcestruzzo»
Tra l’altro,
A febbraio [2018] l’architetto Ferrazza, rivela L’Espresso, guidò un vertice tra il ministero dei Trasporti e la società concessionaria Autostrade per l’Italia che produsse un report sullo stato di corrosione degli stralli, la cui area totale si era ridotta “dal 10 al 20%“. Lo si legge, riporta il settimanale, “nel verbale della riunione con cui il primo febbraio 2018 il Provveditorato alle opere pubbliche di Genova rilascia il parere obbligatorio sul progetto di ristrutturazione presentato da Autostrade”. Tra le firme che campeggiano in calce al documento ci sono quelle del provveditore, l’architetto Ferrazza, e quella del consulente esterno Antonio Brencich, docente dell’università di Genova che già nel 2016 (e in diverse interviste concesse negli ultimi giorni) denunciò le problematiche del viadotto e oggi membro insieme a Ferrazza della stessa commissione nominata dal Mit. (ilfattoquotidiano.it)
In compenso quelli di Autostrade erano sempre sul pezzo quando si tratta di pretendere i pedaggi, anche dalle ambulanze di soccorso.
Interessante il video che segue inerente alle webcam puntate sul ponte
IN SOCCORSO DEI BENETTON SOVVENGONO NON SOLO…
i più costosi pool di avvocati ma, soprattutto, i Leccons del Blocco Mondiale Globalista e Neoliberista (BMG).
Ne parla uno dei pochi giornalisti indipendenti in Italia, Marco Travaglio, in United Leccons of Benetton:
Impreparati come siamo in fatto di modernità, di progresso, ma soprattutto di Stato di diritto, ci eravamo fatti l’idea che il crollo di un ponte notoriamente pericolante fosse responsabilità anzitutto di chi (la società Atlantia della famiglia Benetton) l’aveva in gestione e si faceva pagare profumatamente per tenerlo in piedi ma non aveva fatto nulla; e poi anche di chi (i governi di destra e di sinistra degli ultimi 19 anni) si faceva pagare profumatamente per controllare che ciò avvenisse ma non faceva nulla; e che, dopo 40 morti e rotti, il governo avesse il diritto-dovere di revocare il contratto al concessionario inadempiente. Ma ieri per fortuna abbiamo letto il Giornalone Unico e scoperto che sbagliavamo di grosso. Attribuire qualsivoglia colpa per il ponte crollato a chi doveva tenerlo in piedi e controllare che fosse tenuto in piedi è sintomo di gravissime patologie: populismo, giustizialismo, moralismo, giustizia sommaria, punizione cieca, voglia di ghigliottina, ansia da Piazzale Loreto, sciacallaggio, speculazione, ansia vendicativa, barbarie umana e giuridica, cultura anti-impresa che dice “No a tutto”, pericolosa deriva autoritaria, ossessione del capro espiatorio, esplosione emotiva, punizione cieca, barbarie, pressappochismo, improvvisazione, avventurismo, collettivismo, socialismo reale, decrescita, oscurantismo (Repubblica, Corriere, Stampa, il Giornale).
Prendiamo nota e ci scusiamo con i Benetton e i loro compari politici se li abbiamo offesi anche solo nominandoli invano o pubblicando loro foto. […]
C’è anche il caso che alcune circostanze infauste (tipo i funerali dei vostri cari o le fratture multiple che vi paralizzano in un letto d’ospedale) vi inducano a cedere all’emotività al punto di pretendere almeno la sostituzione dell’amministratore inadempiente, specie se doveste scoprire che costui (come l’Ad di Atlantia-Autostrade, Castellucci, sotto processo per la strage di Avellino) era già imputato per omicidio colposo plurimo per disastri precedenti: ecco, resistete a questi barbari istinti di giustizia sommaria. E, se vi chiedono ancora l’affitto della casa crollata, tenete a bada le mani e continuate a pagarlo, per non precipitare nel gorgo della cultura anti-impresa che dice “No a tutto” e porta dritto al socialismo reale.
Ci siamo fin qui barcamenati nella metafora della casa per non ricadere nel tragico errore di citare i Benetton e i governi degli ultimi 20 anni, cioè i concessionari e i concessori di Autostrade che credevamo responsabili politico-amministrativi del Ponte Morandi. Ora sappiamo dai giornaloni che essi non solo non vanno incolpati, ma neppure nominati. Al massimo – ci insegna Ezio Mauro – si può parlare di “una delle più grandi società autostradali private del mondo” che, “in attesa che la magistratura faccia luce”, non può diventare “il capro espiatorio di processi sommari e riti di piazza”, “tipici del populismo”. E guai a dire, come fa Di Maio, “a me Benetton non pagava campagne elettorali”: questo non l’avrebbe detto “nemmeno Perón”, forse perché a Perón i Benetton non pagavano le campagne elettorali, mentre Autostrade le pagò al centrosinistra e al centrodestra almeno nel 2008 (vedi Report).
Se c’è di mezzo Atlantia, che sponsorizza La Repubblica delle Idee e nel cui Cda siede la vice presidente del gruppo Repubblica Monica Mondardini, la responsabilità politico-amministrativa non esiste più: le concessioni si danno subito, anche in una notte, pure senza gara, ma per revocarle bisogna aspettare la Cassazione. Anzi, nemmeno quella, perché la revoca sarebbe – ammonisce Daniele Manca del Corriere – “una scorciatoia”, “un errore” e “un indizio di debolezza”: uno Stato forte viceversa lascia le sue autostrade in mani private, e che mani. Nemmeno Manca fa nomi, anche se sembra sul punto di farli: quando scrive “chi quelle società guida e controlla…”, par di vederlo mordersi la lingua e torturarsi le dita per impedire loro di scrivere “Benetton”. Poi, per non pensarci più, si scaglia contro i veri colpevoli: “Chi ha alimentato e salvaguardato l’interesse di minoranze a scapito del benessere del Paese, ostacolando nuove opere”
Sistemati i veri colpevoli, restano da accertare le vere vittime: provvede Giovanni Orsina su La Stampa, lacrimando inconsolabile per i poveri Benetton (mai nominati), “sacrificati” come “capro espiatorio contro cui l’indignazione possa sfogarsi”. Roba da “paesi barbari”, soprattutto dinanzi “a una questione complessa come il crollo del Ponte Morandi”. Talmente complessa che ora Atlantia è pronta a ricostruirlo “in cinque mesi” […]
Questi eterni Tartuffe italioti, usi a negare anche l’evidenza, Indro Montanelli li ritraeva con un apologo: “Un gentiluomo austriaco, roso dal sospetto che la moglie lo tradisse, la seguì di nascosto e la vide entrare in un albergo. Salì dietro di lei sino alla camera e dal buco della serratura la osservò spogliarsi e coricarsi insieme a un giovanotto. Ma, rimasto al buio perché i due a questo punto spensero la luce, gemette a bassa voce: ‘Non riuscirò dunque mai a liberarmi da questa tormentosa incertezza?’”. (Marco Travaglio, “United Leccons of Benetton”, ilfattoquotidiano.it)
Il fine @marattin , arbiter elegantiarum. pic.twitter.com/e2lF7FjmBm
— Diego Fusaro (@DiegoFusaro) 14 agosto 2018
UN BREVE INCISO SUI «GIORNALONI»
Piergiorgio Odifreddi, proprio riferendosi a Repubblica e Scalfari scrisse:
Alla maggior parte dei giornalisti e dei giornali non interessano le verità, ma gli scoop: cioè, le notizie che facciano parlare la maggior parte degli altri giornalisti e degli altri giornali. E se una notizia falsa fa parlare più di una vera, allora serve più quella di questa.
l vero problema è perché mai certe cose dovrebbero leggerle i lettori. Che infatti spesso non leggono le fake news, e a volte alla fine smettono di leggere anche il giornale intero.
Ovviamento all’attuale Ur-Sinistra Globalista la verità piace poco e ancor meno piace ai Mainstream Media megafoni del Capitalesimo Postmoderno. Odifreddi venne allontanato dal direttore di Repubblica perché «non si […] può sostenere che della verità ai giornalisti non importa nulla. Che oggi serva di più pubblicare il falso del vero».
Un esempio dell‘informazione rilasciata da laRepubblica? La manipolazione dell’audio dei funerali di Stato per la tragedia di Genova. I radical-chic di Repubblica hanno trasferito l’ovazione rivolta dal Popolo Italiano all’arrivo di Salvini e Di Maio, spacciandola per quella rivolta a Mattarella.
Le “scuse” di Repubblica, arrivate ad una settimana dai Funerali, sono credibili quanto l’infinita pletora di suoi errori che mi hanno convinto, da anni, a rinunciare alla lettura di laRepubblica per informarmi obiettivamente.
Immensamente più credibile – pur con alcune riserve – il Fatto di Marco Travaglio.
Quindi il solito main stream nn riesce più a nn mentire.
Monta nel video di Mattarella l’audio l’applauso a Di Maio e Salvini.
I miei ossequi al PdR, ma questo tipo di informazione bufala danneggia anche il Capo dello Stato. pic.twitter.com/UWNmdVxXAz— Ben Tranellio ᏍᏏᏉᏯ (@tranellio) 18 agosto 2018
Capitalesimo, la Religione del Male – L’Isola di Avalon
Capitalesimo, la Religione del Male – L’Isola di Avalon
IL CAPITALISMO ANZI IL CAPITALESIMO È LA RELIGIONE DEL MALE: La Cabala è la sua Chiesa e George Soros è il suo Profeta.
Source: www.isoladiavalon.eu/capitalesimo-religione-demoniaca/
LA SINISTRA NON È FATTA SOLO DI PROPAGANDA NEOLIBERISTA E ANTISOCIALE…
La sinistra – fortunatamente – non è fatta solo di sicofanti che propalano il brago prodotto dalla barbarie dell’Illuminismo Totalitario (cfr. M. Horkheimer- Th. W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo), di politici quisling, o degli intellettualoidi che avvallano qualsiasi follia sorosiana.
Ci sono anche giornalisti di sinistra onesti e obiettivi come Lucia Annunziata:
Non sappiamo se Atlantia, azienda di proprietà del gruppo Benetton abbia un cuore, come suggeriva ieri sul Corriere della Sera Massimo Gramellini, ma se ce l’ha è certamente quello del coniglio. Dopo il primo smemorato intervento delle 13,39 in cui, a un’Italia con le mani nei capelli per l’orrore, Atlantia forniva un comunicatino senza un parola sulle vittime, la società dei Benetton non ha mai smesso di fuggire da ogni umana emozione, ma anche da ogni assunzione di responsabilità morale. […]
Dove sono il Presidente Fabio Cerchiai, l’AD Giovanni Castellucci, i responsabili della comunicazione, o i proprietari, la celeberrima e ipercomunicativa Famiglia Benetton? In tre giorni di dolore e discussioni, Atlantia non ci ha mai messo la faccia – tranne che con il funzionario di zona, il responsabile del tronco di Genova. […]
Oltre ai Benetton, che hanno tentato senza riuscirci di fuggire dall’orrore di Genova, abbiamo scoperto in questi giorni un secondo gruppo di conigli: il Pd. Un’affermazione, questa, che scrivo con particolare dispiacere perché se di Benetton posso scrivere in astratto, del Pd sono una elettrice, e continuo a riconoscermi nella tradizione della sinistra.
E’ incomprensibile, intanto, che il primo partito di opposizione non si sia presentato a Genova in tutti i suoi ranghi. C’era Martina, segretario attuale, che in tutta la sua provvisorietà ci ha tuttavia messo la faccia. Con lui, oltre la Pinotti, c’erano Cofferati (da tempo non più Pd) e Chiamparino, la deputata Paita, e figure dell’amministrazione locale. Ma non c’era il segretario di fatto Matteo Renzi, non c’erano il Presidente Matto Orfini, Graziano Del Rio ex ministro delle Infrastrutture, il ligure ed ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, l’ex premier Paolo Gentiloni, e nemmeno altri della storia di questo partito; o del sindacato, come Susanna Camusso. E non è forse Genova, nella iconografia italiana, una città simbolo della lotta, dello spirito, della storia della sinistra, per decenni governata da amministrazioni rosse? Davvero non era necessario (anche a costo di prendersi fischi?) presentarsi a omaggiare quei morti? […]
Globalizzazione, tecnologia – lo ripeto qui solo per forma – hanno cambiato il mondo e tutti noi. Ai meravigliosi balzi in avanti di cui oggi godiamo i vantaggi, è corrisposta la distruzione delle classi sociali come le conoscevamo. Nel grande treno dello sviluppo i vagoni di testa hanno accelerato e i vagoni di coda si sono staccati per strada. Uso questa immagine perché si impose anni fa nella scena mediatica internazionale perché usata dal Comandante Marcos, un giovane messicano incappucciato che nel capodanno del 1994 guidò un piccolo esercito di indios armati di frecce ad occupare i comuni di alcune città del Chiapas. Fu la prima rivolta contro la globalizzazione e venne considerata paternalisticamente come un segno di un mondo che scompariva. Da allora oltre agli indios sono stati massacrati dal treno del Chiapas anche operai e classe media. Ridotti il loro reddito, il loro prestigio, il loro percorso nel futuro. In questo l’Italia è stata tutt’altro che sola. E tutt’altro che inconsapevole.[…]
Cosa sia andato perduto nel suo operato e in quello del suo Pd, lo sapremo forse fra alcuni anni da qualche studioso serio. Di certo la sinistra oggi, in tutte le sue affiliazioni, è profondamente invisa ai più. Ripiegata nella denuncia del populismo come origine dei suoi mali, e di quelli del paese. Con il risultato che sempre più spesso, la condanna ai vari Trump , Salvini e Di maio, coincide per la sinistra con la condanna anche di chi li ha votati. (Lucia Annunziata, “Conigli” e “Conigli/2”, Huffingtonpost.it)
La Sinistra Globale (cioè quella di tutto il Mondo, a parte Venezuela e pochi altri) ha cessato di essere sinistra nel momento in cui è diventata Globalista invece che Internazionalista, nel momento in cui ha rivoltato come un calzino i suoi valori fondanti, operaistici e sociali, per convertirsi – sulla via di Damasco – alla lucrosa “Terza Via” dei Massoni Neofeudali e Ordoliberalisti Bill Clinton e Tony Blair (affiliati alle Ur-Lodges massoniche ultrareazionarie Three Eyes, Hathor Pentalpha).
In re ipsa, la Sinistra è diventata la fotocopia sbiadita della Destra massonica contro-iniziatica, quando ne ha condiviso i corrotti valori della “Società Aperta” globalista popperiano-sorosita e i distillati corrosivi del catallatico Mercatismo neoliberista di von Hayek, il vate di Jacques Attali e Mario Monti.
Ius soli, magliette rosse, europeismo, atlantismo, mito omosessualista, cosmopolitismo dei mercati, bandiere arcobaleno. I vili pagliacci delle sinistre traditrici di Marx, Gramsci e dei lavoratori raccolgono quello che hanno seminato. E vengono fischiati senza pietà.
— Diego Fusaro (@DiegoFusaro) 18 agosto 2018
«SERIAMENTE PENSATE CHE I BENETTON AVRANNO QUALCHE SCRUPOLO NELLE TRATTATIVE PER IL PONTE MORANDI?»
Riportiamo integralmente un articolo di scenarieconomici.it sui migrazionisti Benetton:
Cari amici,
se pensate che in qualche modo sia possibile una trattativa con Atlantia, controllata dalla famiglia Benetton, che possa portare ad una soluzione in qualche modo concordata della tragedia del Ponte Morandi, mi dispace , ma penso che siate in un grosso errore.
Per spiegarvi le motivazioni del mio personale pensiero devo aggiornavi su quanto sta accadendo dall’altra parte del mondo: in Patagonia. Negli anni 90 la famiglia Benetton acquista, con la holding Edizioni, per 50 milioni di dollari la CTSA, che possiede 900 mila ettari di terreno, quasi tutti in Patagonia. Questa terre sono le terre ancestrali della gente Mapuche che le abita ad origine e che se era viste strappare nell’ottocento con un atto di donazione del governo argentino a dieci famiglie inglesi successivamente definito di dubbia validità. Menem quando vendette quelle terre ne scacciò gli abitanti, i Mapuche, obbligandoli o a vivere in aree marginali ed improduttive oppure a trasferirzi forzatamente in città.
Nel 2007 una parte della comunità ha deciso di iniziare a recuperare almeno una parte dell’enorme territorio portato via dai neo conquistadores, e nel 2014 la INAI, l’agenzia per i diritti delle popolazioni indigene, ha riconosciuto i loro diritti su parte delle terre, tanto che nel 2015 si era prodotto un lento movimento per la “Recuperacion”, cioè per ristabilirsi nelle terre dei Benetton.
Naturalmente la cosa non poteva finire bene. Nel 2017 un attivista dei diritti degli indigeni, Santiago Maldonado, scompare e viene trovato dopo 78 giorno cadavere. Nel 2018 uomini della polizia e dipendenti dei Benetton, tutti armati, attaccano un insediamento dei Mapuche, sparando proiettili di piombo e di gomma, distruggono le povere abitazioni degli indios, catturano diverse persone che poi vengono picchiate in prigione e li cacciano tutti fuori, stabilendo addirittura, in modo arbitrario, un’area di 4 km di sicurezza attorno ai confini della tenuta, il tutto in barba alle decisioni della INAI.
Seriamente, pensate davvero che i Benetton avranno qualche scrupolo nelle trattative per il Ponte Morandi?
I Benetton fanno gli “accoglizionisti globali”, ma
ricordiamo le parole dell’avvocato Veronica Heredia in chiusura della conferenza stampa [ in relazione alla scomparsa dell’attivista Santiago Maldonado, successivamente ritrovato cadavere ] : “Siamo di fronte ad una desapariciòn forzata, che è un reato che prevede il sequestro gestito da forze dello Stato e coperture dal governo, e questo avviene nell’ambito di una escalation di violenza contro i mapuche che va avanti da due anni, ed in particolare contro questa comunità. Tutta questa violenza, arresti illegali, feriti, torture, tutte cose che sono state denunciate e sono esplicitate nei procedimenti penali aperti, vanno avanti da tempo ed hanno raggiunto il culmine con la desapariciòn forzata di Santiago” afferma l’avvocata.
Mentre Sergio [Maldonado] ha ringraziato tutte le persone e le organizzazioni che accompagnano la famiglia nella richiesta di verità e giustizia, l’avvocato afferma che solo “l’unione tra il reclamo della famiglia e la mobilitazione sociale potrà rompere il patto di impunità garantito dallo Stato”. Verità e giustizia, dicono i movimenti e le organizzazioni per i diritti umani, e nella peggiore delle ipotesi che sembra la più probabile, chiederanno “juicio y castigo a los culpables y responsables politicos”. La storica frase utilizzata nella battaglia contro i crimini della dittatura militare, oggi torna drammaticamente attuale. Il ministro Bullrich, il presidente Macri, l’imprenditore italiano Benetton: le responsabilità politiche e militari di questi esponenti sono oggi al centro della protesta a livello nazionale ed internazionale, mentre il governo e i media criminalizzano i mapuche e i comizi finali di una campagna elettorale macchiata di sangue che fa sprofondare l’Argentina nei suoi incubi peggiori sono stati annullati. (dinamopress.it)
ADESSO I TIR CHE VENGONO DELLA FRANCIA…
Adesso il trasporto commerciale che proviene dalla Francia e diretto verso la dorsale tirrenica dove scarrozzarsi 120 chilometri in più (ergo, un guadagno ulteriore per Autostrade), gli imprenditori liguri paventano danni pari a 10 milioni di euro al giorno, fino al momento in cui verranno inaugurati il nuovo Ponte o i nuovi Ponti. Mesi, probabilmente anni.
Il premier Giuseppe Conte ha affermato che anche con i 500 milioni promessi da Atlantia l’esecutivo del Cambiamento procederà con la caducazione della concessione e che, in ogni caso, la somma promessa va, quantomeno, quadruplicata.
Il crollo del Viadotto sul Polcevera va, comunque, anche visto nella prospettiva simbologica dello Zeitgeist: i tempi dei mercantilisti globali e degli importatori di immigrati africani (l’Esercito Industriale di Riserva) è ormai agli sgoccioli.
Scrive il già citato Marcello Veneziani, in riferimento al Caso Italia,
il patto sociale [tra cittadini e istituzioni] è saltato non solo perché si è imbarbarita la società e l’antipolitica che l’esprime, ma anche e soprattutto, perché un ceto dominante, tra potentati e partiti, ha abusato del potere, della società e della gente e l’ha pure disprezzata.
I grillini, i populisti, non sono il rimedio al crollo del patto sociale ma non sono nemmeno la causa, piuttosto sono il sintomo e l’effetto. La causa principale è in quei potentati, nelle oligarchie di sinistra, nei poteri giudiziari, nei giornali e tv di servizio. Rispetto a questo blocco, il centrodestra berlusconiano (e finiano) è stato inefficace, consenziente e da ultimo anche connivente. Con quella classe dominante, la società è cresciuta per conto suo, si è inselvatichita, si è imbastardita. Ora tutto questo non ci porta a soffiare sul fuoco della guerra civile e incivile e ad armare il risentimento, né ci porta a elogiare l’ignoranza e l’arroganza delle masse come rimedio all’abuso di potere. Ma ci porta a sognare disperatamente che passata la furia e il dolore del momento, il trauma del crollo, venga fuori un maturo senso dello Stato con un’adeguata classe dirigente e si ricomponga un decente patto sociale. Altrimenti non solo il ponte crollerà, ma anche la terra che sta sotto. (Marcello Veneziani, “Si è rotto il patto sociale”, dal “Tempo” del 19 agosto 2018)
Gli stralli marci della propaganda dei Turbomondialisti (copyright Diego Fusaro), stanno facendo crollare al suolo le piattaforme dei diritti di cartone liberalisti, piattaforme fondate sulla menzogna più assoluta e sulla disinformazione dei pennivendoli di regime.
I Benetton, armigeri degli united colors della mondializzazione che occulta il monocromatismo assoluto della società di mercato. Il ponte che crolla rivela tragicamente la vera tenuta dei falsi ponti del mondialismo dell’alienazione policroma senza frontiere.
— Diego Fusaro (@DiegoFusaro) 18 agosto 2018
GIÀ NEL 2004 SU AUTOSTRADE MILENA GABANELLI PER REPORT RIVELAVA CHE:
A questo punto una domanda sorge spontanea; ma dove sono finiti i 20 miliardi (stima al ribasso) che la gallina d’oro Autostrade ha fruttato finora?
Dato supersegreto, occultato, secretato? Nulla di tutto ciò. A parte i succosi dividendi agli azionisti, siffatti profitti sono finiti in acquisizioni globali.
Acquisizioni pagate con i pedaggi versati dagli Italiani.
Citiamo Wikipedia, voce Atlantia:
Nel 2011 il consorzio guidato da Autostrade per l’Italia si è aggiudicato la gara indetta dal Governo francese per il pedaggiamento satellitare per mezzi pesanti su circa 15.000 km della rete stradale nazionale francese. Nel 2012 Atlantia ha consolidato la propria strategia di espansione internazionale attraverso la joint venture in Brasile con il gruppo Bertin per creare un polo titolare di oltre 1.500 chilometri di rete autostradale concentrata nell’area di San Paolo. Nel corso del 2013 è stata portata a conclusione la fusione per incorporazione di Gemina S.p.A., azionista di maggioranza della società A.D.R. (Aeroporti di Roma) in Atlantia, con conseguente aggregazione di un secondo core business oltre a quello delle concessioni autostradali.
Nell’estate del 2017 riprende la battaglia a base di Opa (offerta pubblica d’acquisto) per la conquista della società spagnola Abertis (nel 2017 ricavi per 5,3 miliardi di euro, profitti per 897 milioni, 7.500 chilometri di autostrade in Spagna, Francia, Germania e Cile) con Hochtief-Acs dello spagnolo Florentino Pérez, patron del Real Madrid e ben visto dal governo spagnolo di Mariano Rajoy. Nel marzo 2018 Atlantia e Hochtief-Acs raggiungono un accordo: offerta congiunta per il controllo di Abertis sulla base dell’offerta più alta (quella di Hocthief-Acs di 18,76 euro ad azione) per un valore di 18,3 miliardi (l’offerta di Atlantia, ritirata, era di 16,3 miliardi). L’accordo prevede anche che la guida di Abertis spetti ad Atlantia e la presidenza a Hochtief-Acs. Atlantia entra poi con il 24% in Hochtief, gettando le basi per una partnership globale che spazia dalle concessioni autostradali di Atlantia ai servizi di ingegneria di Hochtief.
Nel marzo 2018 Atlantia acquisisce per un miliardo il 15,49% di Gtlink, la società che controlla l’Eurotunnel che attraversa la Manica.
Breviter, Atlantia ha utilizzato gran parte degli utili di Autostrade per diventare una Megacorporation Globale, trasformazione che sta investendo tutti i più grossi gruppi del Blocco Mondiale Globalista.
Il nostro non è affatto un giudizio etico, è semplice esternazione dello status quo del Mondo Globalizzato attuale.
In breve, quella che prima era una sorta di immensa vasca, ove convivevano miliardi di pesci piccoli, medi e grandi, ora a sguazzarci dentro sono rimasti solo squali grandi come immensi Megalodonti che, dopo aver divorato tutte le nostre ricchezze, cominciano ad azzannarsi gli uni con gli altri, non essendo rimasto altro cibo.
Siamo arrivati alla fase patologica, finale, del Capitalismo, quella che noi definiamo Fase di Metastasi Finale o “Megalodontica”.
IL CAPITALISMO DEI MONOPOLI DELLE MEGACORPORATIONS GLOBALI (MMG) È UN CANCRO IN METASTASI FINALE
Il Capitalismo è in re ipsa un tumore, attualmente evolutosi, nella sua Fase Finale, in un Cancro Metastatizzato Globale.
I Megalodonti Globali, guidati da quell’1% di psicopatici che controllo il 99% delle ricchezze globali, i SuperMonopoli Privati come Apple, Google, Facebook, Black Rock, Volkswagen, Bridgewater Associates, JPMorgan Chase, Goldman Sachs, et similia, cominciano a divorarsi tra loro, nell’ambito della “sacralità”, di quella che è, come abbiamo già scritto in “Capitalesimo, la Religione del Male”, una vera e propria Religione Blasfema.
Il filosofo ed epistemologo Erich Voegelin nel suo Die politischen Religionen aveva messo in evidenza le strette correlazioni, anche in ambito simbolico, tra i Totalitarismi e le Religioni.
Confortati da illustri filosofi (citiamo tra i tanti Adorno e Horkheimer) abbiamo ampiamente dimostrato come l’attuale Capitalismo sia solo l’Ultimo dei Totalitarismi, forse ancor più feroce di Nazifascismo e Bolscevismo.
Anche il Capitalismo Totalitario, come tutte le False Religioni, impone i suoi frame, i suoi dogmi di fede.
Il più falso di tutti è sicuramente la “teoria del trickle-down”: l’affermazione che «La ricchezza di pochi avvantaggia tutti» è la più conclamata FALSITÀ della Storia dell’Umanità! (cfr. al riguardo l’omonimo saggio di Zygmunt Bauman).
In particolare nell’Attuale Fase Megalodontica, le Megacorporations Globali utilizzano tutte le proprie risorse per effettuare ulteriori acquisizioni ed aver così la forza di azzannare ed assimilare altri supersquali globali.
Il Capitalismo, essendo il più maligno dei Serpenti, ha iniziato a mangiare la sua stessa coda. È l’attuale ipostasi dell’Ouroboros. È la rappresentazione plastica dell’avvicinarsi dell’Apocalisse e della Fine dei Tempi.
Viviamo il Tempo che Voegelin definiva della «immanentizzazione dell’Eschaton», “ossia la chiusura della direzionalità escatologica all’interno dell’orizzonte intramondano, immanente e cosmologico. I totalitarismi del 20° sec. sarebbero per Veogelin espressione dello gnosticismo in quanto tentativi di trasformare il mondo attraverso la politica, che assume pertanto un carattere mistico o cosmopoietico. Tale è inoltre, secondo Voegelin, l’unico vero senso del termine «totalitarismo», che appunto si distingue dalla mera «tirannia» in quanto quest’ultima è solo un regime politico della forza o della violenza, mentre l’altro è una sorta di teocrazia ove il Dio trascendente è stato, invece, immanentizzato nell’uomo o in alcuni uomini, e che per questo motivo è particolarmente avverso a ogni religione rivelata”. (Treccani)
Il Capitalismo, in quanto Totalitarismo e in quanto Teocrazia, pretende di aver costruito un «Paradiso in Terra senza Dio».
L’offerta di prodotti tecnologici come automobili, gigantesche TV, smartphone o di servizi “senza pari” dovrebbe aver soffocato, nella visione di siffatta immonda Teocrazia, ogni desiderio di Trascendenza dell’Umano; l’ultimo modello di IPhone deve essere adorato e mitizzato come se si trattasse dell’Icona del Dio.
Come vagheggiava Voegelin, oggi – più che mai – è indispensabile recuperare l’insopprimibile anelito alla Trascendenza dell’Essere Umano.
Un’ultima notazione: Eschaton significa Fine dei Tempi.
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