GIORNALONI, BUFALE, LECCONS, PENNIVENDOLI, SINISTROIDI, ANTITALIANI E PRIVATIZZAZIONI.
Sono stupefatto nell’apprendere che i Cdr del Fatto Quotidiano e de ilfattoquotidiano.it abbiano espresso la piena solidarietà nei confronti dei…
loro colleghi dei Giornaloni del Gruppo Gedi, addossando colpe e responsabilità al governo gialloverde e in particolare a Luigi Di Maio.
E’ inaccettabile che Luigi Di Maio liquidi i problemi di un importante gruppo come Gedi che edita Repubblica,L’Espresso, La Stampa e altre testate sostenendo che “nessuno li legge più perché ogni giorno passano il tempo ad alterare la realtà e non a raccontare la realtà”, con offensivi riferimenti a “bufale” e “fake news” e cioè a una linea editoriale che non gli piace.
LA DIMINUZIONE DELLA DISSONANZA COGNITIVA DEI GIORNALONI
E’ il tipico esempio di neutralizzazione della dissonanza cognitiva di cui parlava Leon Festinger. Se il gruppo Gedi ha perso il 50-60% dei propri lettori dal 2010 ad oggi (ma il fenomeno colpisce anche Corriere della Sera e il Sole 24 ore), la colpa è tutta dei Cattivoni Sovranisti-Populisti-ergoFascisti.
Ma la realtà che si tenta di dissimulare, ai propri stessi occhi, è ben diversa. Se i lettori abbandonano un media, la colpa è sempre della qualità dell’informazione che viene prodotta e diffusa.
Se n’è reso conto Pierluigi Odifreddi che, nel suo blog su Repubblica, ha scritto:
Alla maggior parte dei giornalisti e dei giornali non interessano le verità, ma gli scoop: cioè, le notizie che facciano parlare la maggior parte degli altri giornalisti e degli altri giornali. E se una notizia falsa fa parlare più di una vera, allora serve più quella di questa. Dire che il papa crede all’esistenza dell’Inferno è ovviamente una notizia vera, ma sbattuta in prima pagina lascerebbe indifferenti la maggior parte dei giornalisti e dei giornali. Per questo Scalfari scrive, e Repubblica pubblica, che il papa non crede all’Inferno: perché altri giornalisti e altri giornali lo rimbalzino per l’intero mondo.
Il vero problema è perché mai certe cose dovrebbero leggerle i lettori. Che infatti spesso non leggono le fake news, e a volte alla fine smettono di leggere anche il giornale intero. Forse la meditazione sul perché i giornali perdono copie potrebbe anche partite da qui, nella Giornata Mondiale del Fact Checking.
Il giorno successivo il direttore di Repubblica, Mario Calabresi, ha cacciato Odifreddi, replicandogli stizzito:
Il problema è che non si può collaborare con un giornale e contemporaneamente sostenere che della verità ai giornalisti non importa nulla. Che oggi serva di più pubblicare il falso del vero.
THE TRUST PROJECT
Apprendiamo or ora che i giornaloni italiani, insieme a tutti gli altri Mainstream Media controllati dagli Oligarchi della Cabala Mondiale, aderiscono in toto ad un progetto conosciuto come “The Trust Project”, in cui Google, Facebook, Bing – tremebondi e ormai asserviti ai diktat imposti loro dall’Anomos Globale George Soros al Davos Forum 2018 – propagano un progetto ove i Media appecoronati e funzionali alla Dittatura del Capitale e dei Mercati si auto-attribuiscono la patente e il bollino di fonti affidabili e autorevoli.
Insomma, se la suonano e se la cantano tutto da soli. Nella speranza che i beoti (cioè Noi) si bevano il loro ferale distillato.
Guarda caso, tra i finanziatori di siffatto “Progetto” c’è il Democracy Fund, a sua volta legato ad Open Society Foundations. Gratta gratta e nei progetti antidemocratici del Capitalismo Totalitario spunta sempre Soros.
In un prossimo intervento parleremo delle “inchieste” di Repubblica-L’Espresso, Anno Domini 1978, in relazione ad Aldo Moro e Giovanni Leone sul caso “Antolope Cobbler”.
LA CAUSTICA PENNA DI TRAVAGLIO CONTRO I GIORNALONI
Il Direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, non credo condivida particolarmente la solidarietà espressa ai giornaloni GEDI dai Cdr delle sue creature. In un editoriale redatto il 18 agosto 2018, a pochi giorni dalla tragedia del Ponte di Genova, quando ancora i Benetton non avevano emesso alcun messaggio di solidarietà alle vittime della tragedia di Genova (ma avevano trovato il tempo di festeggiare il ferragosto nella loro villa a Cortina), così si esprimeva:
Impreparati come siamo in fatto di modernità, di progresso, ma soprattutto di Stato di diritto, ci eravamo fatti l’idea che il crollo di un ponte notoriamente pericolante fosse responsabilità anzitutto di chi (la società Atlantia della famiglia Benetton) l’aveva in gestione e si faceva pagare profumatamente per tenerlo in piedi ma non aveva fatto nulla. […] Ma ieri per fortuna abbiamo letto il GiornaloneUnico e scoperto che sbagliavamo di grosso. Attribuire qualsivoglia colpa per il ponte crollato a chi doveva tenerlo in piedi e controllare che fosse tenuto in piedi è sintomo di gravissime patologie: populismo, giustizialismo, moralismo, giustizia sommaria, punizione cieca, voglia di ghigliottina, ansia da Piazzale Loreto, sciacallaggio, speculazione, ansia vendicativa, barbarie umana e giuridica, cultura anti-impresa che dice “No a tutto”, pericolosa deriva autoritaria, ossessione del capro espiatorio, esplosione emotiva, punizione cieca, barbarie, pressappochismo, improvvisazione, avventurismo, collettivismo, socialismo reale, decrescita, oscurantismo (Repubblica, Corriere, Stampa, il Giornale). […]
Ci siamo fin qui barcamenati nella metafora della casa per non ricadere nel tragico errore di citare i Benetton e i governi degli ultimi 20 anni, cioè i concessionari e i concessori di Autostrade che credevamo responsabili politico-amministrativi del Ponte Morandi. Ora sappiamo dai giornaloni che essi non solo non vanno incolpati, ma neppure nominati. Al massimo – ci insegna Ezio Mauro – si può parlare di “una delle più grandi società autostradali private del mondo” che, “in attesa che la magistratura faccia luce”, non può diventare “il capro espiatorio di processi sommari e riti di piazza”, “tipici del populismo”. E guai a dire, come fa Di Maio, “a me Benetton non pagava campagne elettorali”: questo non l’avrebbe detto “nemmeno Perón”, forse perché a Perón i Benetton non pagavano le campagne elettorali, mentre Autostrade le pagò al centrosinistra e al centrodestra almeno nel 2008 (vedi Report). […]
Se c’è di mezzo Atlantia, che sponsorizza La Repubblica delle Idee e nel cui Cda siede la vice presidente del gruppo Repubblica Monica Mondardini, la responsabilità politico-amministrativa non esiste più: le concessioni si danno subito, anche in una notte, pure senza gara, ma per revocarle bisogna aspettare la Cassazione. Anzi, nemmeno quella, perché la revoca sarebbe – ammonisce Daniele Manca del Corriere – “una scorciatoia”, “un errore” e “un indizio di debolezza”: uno Stato forte viceversa lascia le sue autostrade in mani private, e che mani. Nemmeno Manca fa nomi, anche se sembra sul punto di farli: quando scrive “chi quelle società guida e controlla…”, par di vederlo mordersi la lingua e torturarsi le dita per impedire loro di scrivere “Benetton”. (“United Leccons of Benetton“)
Ancora più sagacemente, Travaglio aggiunge:
Sistemati i veri colpevoli, restano da accertare le vere vittime: provvede Giovanni Orsina su La Stampa, lacrimando inconsolabile per i poveri Benetton (mai nominati), “sacrificati” come “capro espiatorio contro cui l’indignazione possa sfogarsi”. Roba da “paesi barbari”, soprattutto dinanzi “a una questione complessa come il crollo del Ponte Morandi”. Talmente complessa che ora Atlantia è pronta a ricostruirlo “in cinque mesi”. Un solo giornalista – il sempre spiritoso LucaBottura – fa nomi e cognomi, con grave sprezzo del pericolo, su Repubblica: “Bagnai”, “Toninelli”, “i grillini” che “serbano nell’armadio lo scheletro della Gronda che forse avrebbe allungato la vita al Ponte Morandi”. (“United Leccons of Benetton“)
Lineare invece la spiegazione del crollo fornita dalla Iena Gaetano Pecoraro:
Raccontiamo come i soldi spesi per questa [la manutenzione del Ponte, ndr] siano diminuiti di sette volte, passando da oltre un milione di euro a 23mila euro all’anno. Per la precisione, dal 1982 al 1999 sono stati spesi più di 24 milioni di euro e dal ’99 a oggi sono stati spesi 470mila euro per il Ponte Morandi sull’autostrada.
Il 1999 è l’anno in cui lo Stato svendette uno dei suoi più redditizi asset, le Autostrade – appunto – a diversi gruppi privati, tra cui, appunto, i Benetton. Presidente del Consiglio pro tempore, il DS Massimo D’Alema.
Ponti, Società Aperta e i Benetton – L’Isola di Avalon
Ponti, Società Aperta e i Benetton – L’Isola di Avalon
Il crollo del Ponte Morandi è l’allegoria della Corrosione e del Marciume che permea il Capitalismo Globale. Esso ha le fondamenta marce e presto imploderà.
Source: www.isoladiavalon.eu/ponti-societa-aperta-e-benetton/
I GIORNALONI TROVANO UN ALTRO COLPEVOLE: GLI ITALIANI
Un super teste ha affermato che “il Ponte andava chiuso. Autostrade sapeva tutto”.
Il testimone inchioda i Benetton. “Ma l’avete letto il report della commissione ministeriale? Hanno avuto accesso a documenti e dossier realizzati in precedenza proprio da Spea, quindi dati che il concessionario stesso aveva prodotto. E li’ e’ indicato che il fattore di sicurezza per certi segmenti d’impalcato (la strada, ndr) era piu’ basso di 1. Significa che la resistenza e’ potenzialmente inferiore al carico, non vi e’ piu’ certezza sulla tenuta e chi passa su quell’infrastruttura rischia: era nero su bianco!”. Lo dice – intervistato da La Stampa – il professor Carmelo Gentile, docente del Politecnico di Milano, secondo il quale “Autostrade aveva tutte le informazioni per chiudere il ponte. Lo dicevano i report dei suoi tecnici”. (affaritaliani.it)
Malgrado ciò, la responsabilità non sarebbe, come affermato dal Capo della Procura di Genova, del concessionario. «Il concessionario è come se fosse diventato il proprietario delle autostrade, non l’inquilino che deve gestirle. Se la suona e se la canta, decide che spese fare, quando intervenire, fa i controlli periodici sulla rete che gestisce…”. E quindi è “chiaro” che le maggiori responsabilità sono in capo ad Autostrade: “Maggiori poteri, maggiori oneri, maggiori responsabilità. E io aggiungerei anche maggiori guadagni“, spiega Francesco Cozzi».
No. Per la Ur-Sinistra è tutta colpa degli Italiani, popolo frustrato e cattivo.
Il Corriere della Sera trova il modo di intervistare il PDino Oliviero Toscani:
E’ ingiusta la tragedia o è ingiusto prendersela con i Benetton?
«Prendersela con i Benetton. Come se uno volesse speculare sulla vita degli altri. Ma se loro sono delle persone serissime. Sì, sono sempre stati seri, hanno sempre fatto le cose al massimo.. e lo dico io che ci ho lavorato insieme». […]Tutti accusano la concessionaria.
«Ma scherziamo? Perché questa cattiveria: che popolo frustrato quello italiano, che popolo infelice! Da fotografo e da uomo immagine posso dire proprio questo: siamo un popolo di infelici, incattiviti. Ce l’abbiamo con la nostra condizione, secondo me è per una colpa nostra. Ma allora prendiamoci a sberle per strada, sarebbe più sano a questo punto. Che popolo cattivo… E non dico solo quello italiano, l’umanità. Ce l’abbiamo con tutti…»
La Magistratura Italiana sembra pensarla – per fortuna – in modo del tutto antitetico.
Dieci anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e disastro colposo. È la pena chiesta dalla procura di Avellino per Giovanni Castellucci, attuale amministratore delegato di Autostrade per l’Italia e altri undici dirigenti e dipendenti della società. Sono tutti imputati nel processo per la strage del bus che il 28 luglio del 2013 è precipitato dal viadotto “Acqualonga” dell’A16 Napoli-Canosa: quaranta le persone che persero la vita. E anche se il processo non è ancora arrivato a sentenza, sulla questione interviene anche il vicepremier Luigi Di Maio: “In attesa che si faccia chiarezza sulla tragedia del Ponte di Genova e alla luce della richiesta del procuratore di Avellino, l’ad Castellucci oggi dovrebbe fare un passo indietro e dimettersi“. (ilfattoquotidiano.it)
Rosario Cantelmo, Procuratore Capo di Avellino. ha dichiarato che, «nonostante i guadagni dai pedaggi, non ci fu manutenzione».
Le tariffe dei pedaggi di ASPI hanno reso quasi un miliardo di euro netto ogni anno. Forse anche grazie alla riduzione delle manutenzioni. Come si è appurato in almeno due casi, a scapito della sicurezza. Più di ottanta morti parlano chiaro. E la Procura di Genova presto appurerà se siffatto era l’ordinario modus operandi di siffatti concessionari.
Satiricamente, se prima i Benetton tosavano le pecore, ora tosano gli Italiani con i pedaggi autostradali: i più alti d’Europa.
Una sana e pungente ironia promana, invece, da “il Giornale”:
Negli ultimi anni [Toscani] ha pronunciato giudizi velenosi su tutti. Silvio Berlusconi? «Grazie a lui siamo un Paese di coglioni». I veneti? «Un popolo di ubriaconi e alcolizzati». Il ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana, al centro delle polemiche per le posizioni sulle coppie gay e l’aborto? «Mi sembra come quei fascisti, nazisti, ma che cazzo vuol dire fare più figli?». Matteo Renzi? «Rappresenta la mediocrità italiana». Matteo Salvini? «Sarà processato come a Norimberga» dove vennero puniti i crimini di guerra dei nazisti. Mario Monti? «Se penso che ha la stessa età di Mick Jagger, non posso che concludere che la droga fa bene». Beppe Grillo? «Dice cose giuste in divisa da nazista». I giornalisti? «Voi non dite la verità, dite ciò che vende. Siete un prodotto di consumo». […]
Il fotografo denuncia poi un’ingiustizia: «Prendersela con i Benetton. Come se uno volesse speculare sulla vita degli altri. Ma se loro sono delle persone serissime. Sì, sono sempre stati seri, hanno sempre fatto le cose al massimo… e lo dico io che ci ho lavorato insieme». E la reazione degli italiani? Il sulfureo Toscani si diffonde in un’analisi pacata ma scomoda. Per gli italiani: «Che popolo frustrato quello italiano, che popolo infelice! Da fotografo e da uomo immagine posso dire proprio questo: siamo un popolo di infelici, incattiviti». Però, accidenti, sono crollati un pilone e duecento metri di ponte. Strano che i controlli di altissima qualità di cui dice Toscani non siano stati sufficienti a evitare il disastro. (Alessandro Gnocchi, “Lo ‘scatto’ di Toscani : fa il lecchino con i Benetton”)
Attaccare gli Italiani – definiti egoisti, leoni da tastiera, webeti, pensionati grassi, vecchi, xenofobi, e in via d’estinzione come i panda – è ormai prassi quotidiana per i pennivendoli e per la Ur-Sinistra radical chic; c’è anche chi, come il “bardo cosmopolita“, L’Antitaliano Roberto Saviano, che gli Italiani vorrebbe sostituirli con i migranti africani…
La figlia del Toscani ha scritto al Corriere della Sera che,
Sono Olivia Toscani, la figlia maggiore di Oliviero Toscani. Scrivo in merito all’articolo (Corriere, 1 dicembre 2017) in cui mio padre è intervistato da Maria Luisa Agnese. Contesto totalmente le parole di mio padre riguardo al suo rapporto con le figlie. Non l’ho più visto dall’età dei miei quindici anni, quando sono andata via dalla nostra casa a Casale Marittimo per i continui maltrattamenti psichici e per i ricatti che costantemente manifestava con violenza e aggressività, sia contro di me, sia contro mia madre, Agneta, la sua prima moglie con cui ha avuto due figlie. Sin dalla separazione dei miei genitori l’ho sempre sentito imprecare contro di noi, bestemmiando, fino ad arrivare al limite inaudito di imprecare contro la nostra vita stessa (noi ancora bambine, ahimè). Il nostro riavvicinamento non sarà mai possibile senza un profondo e sentito atto di amore e conversione. Oggi Oliviero è un estraneo con un grosso debito umano e morale. I miei figli lo conoscono a malapena. I suoi vantati 14 nipoti sono in realtà 11. I miei figli respingono in maniera netta tale impostura. Oliviero non è riuscito a formare una famiglia allargata unita e pacifica come dice lui. I miei figli non possono andare a casa sua e non è mai stato un nonno vero. In definitiva un Non Padre avrebbe potuto recuperare la sua posizione riscattandosi come un Buon Nonno. Ed è già tardi…
TORNIAMO AI GIORNALONI IN CRISI DI LETTORI.
I Giornaloni sono in crisi di credibilità e, anche se i parlamentari europei si sono piegati, con la Direttiva Copyright, ai desiderata della Teocrazia del Capitalismo Totalitario di George Soros & C., le cose non cambieranno un granché.
Anche se verrà innescata la censura preventiva sui contenuti degli utenti di Facebook, Google e Apple, la verità alternativa troverà modo di manifestarsi.
Oggi veniamo a conoscenza che il gigante di Montain View ha deciso di chiudere la fallimentare esperienza di Google+, ma, contemporaneamente inizia ad implementare quanto ordinato da Soros al Davos Forum,
nel discorso di Davos, Soros aveva attaccato i social media come nemici della democrazia paragonandoli a forze populiste e affermando che i suddetti social media hanno spesso influenze negative su libere elezioni. Ora ha tradotto in pratica le sue accuse. E ha affermato che tra l´altro, secondo lui, i giganti del mondo dei social network stringono “alleanze non certo sante con regimi dittatoriali come in Russia o in Cina, costruendo con quei governanti una rete di controlli totalitari”. Il tycoon chiede che l’attività dei social media sia regolamentata e controllata a livello internazionale per proteggere le democrazie. (repubblica.it)
Come scriveva il compianto filosofo piemontese Costanzo Preve, in Elogio del Comunitarismo:
Il mondo attuale, che si presenta come una liberaldemocrazia fondata sulla religione universalistica dei Diritti Umani, è in realtà un totalitarismo dell’economia gestito da una oligarchia politica, che si legittima mediante referendum periodici che presuppongono la totale impotenza progettuale degli oppositori, […] forte della dittatura di grandezze e di forze rigorosamente anonime e impersonali, e pertanto insuperabili (i “mercati”, la “produttività”, la “concorrenza internazionale”, l’“invecchiamento della popolazione”, l’“insostenibilità dei sistemi di sicurezza sociale e di assistenza pensionistica”, eccetera).
Breviter, se vincono i burattini della Cabala come Obama e Macron, per i “signori apolidi dei Mercati” è in atto la vera democrazia. Quando a vincere sono Trump, Brexit, Salvini, Orbàn, sarebbe avvenuta la manipolazione dell’opinione pubblica (a causa del notorio deficit d’istruzione del ceto medio, a sentir Gianni Riotta) tramite i social media, i “nemici della democrazia” secondo i Soroi, poiché non applicano una censura da Big Brother orwelliano nei confronti dell’informazione alternativa.
Immagino che i social media siano antidemocratici poiché le loro correnti sono solcate da pericolosi pirati come Trump, Bannon e gli hacker di Putin, mentre ad esempio il Washington Post, posseduto dall’oligarca Jeff Bezos, sarebbe una sorta di agorà iperdemocratico, ove le notizie da pubblicare sono decise dalla maggioranza degli impiegati, compresi custodi, fattorini, segretarie…
Qui il filosofo Diego Fusaro “asfalta” mediante l’ars retorica una rappresentante dei giornaloni funzionali al regime Capitalistico Totalitario.
UE, MEDIA E GIORNALONI: CORIFEI DELLA DITTATURA DEI MERCATI
“L’arma segreta che i Mass Merda stanno usando contro il governo gialloverde è la iettatura. È un continuo invocare disgrazie, annunciare tragedie, prevedere catastrofi e fughe dall’Italia”. (Marcello Veneziani)
Günther Oettinger, estensore della direttiva-censura “copyright”, recentemente ha affermato che “i Mercati insegneranno agli Italiani come si vota”.
Chiosa Diego Fusaro,
Il volere dei mercati apolidi viene prima rispetto alla volontà democratica dei cittadini dello Stato nazionale. La chiamate “Unione Europea” e “globalizzazione”: è svuotamento di democrazia, è dittatura del mercato e dei suoi agenti.
Uno dei primi esponenti dell’informazione alt-right USA ad essere censurato dal Big Brother Globale è stato Alex Jones, bannato da Facebook e YouTube.
Ma tutto ciò non porterà un solo lettore in più nelle steppe ormai sterili dei giornaloni fakenewers mondiali.
La Ur-sinistra Globale, palafreniere del lanzichenecchi tanatocapitalisti e dei catafratti neoliberisti, non riesce tuttora ad analizzare i motivi della sua disfatta politica. In Italia il PD è crollato dai 12 milioni di elettori del 2008 ai sei milioni di 10 anni dopo, passando per la cocente sconfitta al referendum costituzionale 2016.
E se davvero la Sinistra euroflilista dovesse porre alla propria testa Emmanuel Macron, agglutinandosi assieme ai Popolari in un Fronte Antipopolare e Antisovranista, assisterebbe alla più grande Caporetto Elettorale degli ultimi centocinquant’anni. La propria, ovviamente.
La sinistra europea, a Totale Servizio del Capitalismo Totalitario e dei Mercati, mostra chiaramente di soffrire della diminuzione della dissonanza cognitiva quando punta il dito accusatorio contro i social media e contro i “troll” di Putin ma non contro la propria politica economica che, con il pretesto delle battaglie per i diritti umani e per il genderismo, ha seppellito ogni tutela sociale e tenta affannosamente di liquidare l’ultimo bastione del welfare, lo Stato-Nazione, mediante il Quarto Reich UE e la Willkommenskultur.
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