
Howard Phillips Lovecraft, il grande scrittore di Providence ebbe la capacità di dare corpo alle Presenze Occulte che dalle più infime e devastate dimensioni cercano la definitiva rivalsa nella nostra Realtà.
Portendo dal Necronomicon, uno pseudobiblium, il Grimorio scritto dall’arabo pazzo Abdul Alhazred, con il quale è possibile evocare “Quelli di fuori”, eoni presenti sulla Terra ere ed ere fa, quando ancora l’umanità non ne calpestava il suolo. Arrivati qui come Dèi di entità extraterrestri ormai scomparse, ed apparentemente separati dalla nostra dimensione, ma in grado di rientrarvi grazie a “cancelli” o “porte psichiche” creati da riti satanici ed innominabili.
Nel “Richiamo di Cthlhu”, Lovecraft scriveva: “Penso che la cosa più misericordiosa al mondo sia l’incapacità della mente umana di mettere in relazione i suoi molti contenuti. Viviamo su una placida isola d’ignoranza in mezzo a neri mari d’infinito e non era previsto che ce ne spingessimo troppo lontano. Le scienze, che finora hanno proseguito ognuna per la sua strada, non ci hanno arrecato troppo danno: ma la ricomposizione del quadro d’insieme ci aprirà, un giorno, visioni così terrificanti della realtà e del posto che noi occupiamo in essa, che o impazziremo per la rivelazione o fuggiremo dalla luce mortale nella pace e nella sicurezza di una nuova età oscura“.
E così descriveva il tempo del ritorno sulla Terra dei Grandi Antichi, i mostruosi Dèi di un’era infinitamente lontana, “Il tempo sarà facile da riconoscere perché allora l’umanità sarà diventata come gli Antichi: liberi e selvaggi al di là del bene e del male, con leggi e morali gettate via e tutti gli uomini a gridare e uccidere e a far baldoria nella gioia. Allora i liberati Antichi dovrebbero insegnare a loro nuovi modi di gridare e uccidere e far baldoria e compiacere se stessi, e tutta la terra brucerebbe con un olocausto di estasi e libertà”.
Come non riconoscere in questa descrizione i Superiori Sconosciuti che penetravano spesso, a detta di Hermann Rauschning, negli incubi notturni di Hitler?

Abbiamo citato la ‘Golden Dawn’ e la ‘Società dei Vril’ tedesca. Parleremo subito del gruppo Thule. Non siamo così folli da pretendere di spiegare la storia con le società iniziatiche. Ma vedremo che tutto si collega, curiosamente, e che col Nazismo è l’ ‘altro mondo’ che ha regnato su noi per alcuni anni.” (Louis Pauwels e Jacques Bergier, op. cit.)
Sull’eone Yog-Sothoth de “L’Orrore di Dunwich”, ecco cosa scrive Peter Smith in “Nameless Aeons”, “L’occultista inglese Kenneth Grant ha descritto Yog-Sothoth come incarnante ‘la suprema e ultima blasfemia nella forma dell’Eone (yog o yuga) di Set (Sothoth=Set+Thoth)’. Sull’Albero qabalistico della Vita Yog-Sothoth può essere attribuito a Daath, l’undicesimo (o ‘non’) sephirah, dove l’identificazione è con Choronzon, il Guardiano degli Abissi, che Crowley chiamò “il primo e più mortale dei poteri del male” e il cui numero, 333, è quello del Caos e della Dispersione”.
Riprendiamo la citazione di Lovecraft, «Il tempo sarà facile da riconoscere perché allora l’umanità sarà diventata come gli Antichi: liberi e selvaggi al di là del bene e del male». Come non ricordare che Al di là del bene e del male è un’opera di Friedrich Nietzsche?
Ma il riferimento è anche rivolto alla perversa filosofia di Aleister Crowley, «Fai ciò che vuoi sarà tutta la legge»:
Nel giugno del 1916 Crowley quindi si stabilì in una casetta del New Hampshire, dove continuò i suoi studi ed esperimenti magici. Nel 1917 si ritirò presso una isoletta del fiume Hudson. Dopo l’acquisto di grandi quantità di vernice rossa al posto del cibo, dipinse la frase “Fai ciò che vuoi” sui grandi scogli di entrambi i lati dell’isola, ricevendo doni da parte dei visitatori curiosi. Per ultimo, eseguì poi un rito magico-sessuale con la pittrice Leah Hirsig, dopodiché ritornò in Europa. (Wikipedia, voce Aleister Crowley)
«Gott ist tot! Gott bleibt tot! Und wir haben ihn getötet!» Dio è morto! urlava Nietzsche e le sue oscenità sono un eco atemporale di quelle di Crowley: «Gesù è morto! Questo è l’eone di Horus!»
“Nell’universo ebraico, ogni comunicazione tra l’Uomo e Dio è troncata. L’idea stessa di un intervento diretto di Dio è rigettata dai Savii ebrei, in una parabola talmudica, con queste parole: ‘Da quando la Torah è stata data ad Israele, tutte le decisioni sono prese da noi sulla Terra. Dopo la distruzione del Tempio, anche Yisrael non può comunicare con Dio’. Quindi, come si vede, l’universo ebraico è un universo senza Dio, e ciò si manifesta in tutti i campi”.
Prezioso insegnamento, che illumina la natura profonda – radicale – dell’ ateismo ebraico, che a noi cristiani sfugge. Non soltanto sono atei gli ebrei “normalmente” secolarizzati; è ateo – disperatamente – l’ebreo religioso, l’haredi, il Lubavitcher che vediamo circolare fra noi con yarmulke, riccioli unti che spuntano dal cappello nero, frange che pendono di sotto la giacca nera alla moda negli shtetl polacchi dell’Ottocento, che si coprono di tellit e tefillim quando “pregano”: pregano un Dio che non esiste nel mondo, e con cui la comunicazione è interrotta, finché non ricostruiranno il Tempio a Gerusalemme; da cui la necessità totale con cui gli ebrei puntano ad avere il Tempio nel solo luogo dove si ristabilirà (per loro) il contatto, la nobile spianata.
La prima volta che ho letto questa preziosa pericope di Shamir, il pensiero è andato alla “dottrina esoterica” che Leo Strauss insegnava solo agli allievi selezionati (quelli che oggi chiamiamo neocon), gli iniziati: “una versione giudaizzata del pensiero di Nietzsche” che comunicava solo a quelli “ capaci di sopportare la verità, cioè che non esiste alcuna moralità, né bene né male, e che la storia umana è insignificante di fronte all’universo”. Mentre alla comune umanità (ai goym), insegnava Strauss, bisogna inculcare che esiste la morale, la verità, il bene, ed esiste un Dio “padre fustigatore”, che premia il bene e punisce il male – una religione come puro instrumentum regni, mezzo di dominio politico sulle masse inferiori. (Maurizio Blondet)

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