IL DIAVOLO SOROS. IL G8 DI GENOVA.
TERZA PARTE.
Il Diavolo Soros. Useremo questa locuzione per riecheggiare satiricamente Gad Lerner, “Se Soros diventa il diavolo”. Terza parte: Il G8 di Genova.
IL G8 DI GENOVA
Forse non tutti ricordano la dinamica dei Fatti del G8 di Genova 2001.
A scegliere Genova, che presentava una topografia del tutto inadeguata per l’evento, fu il Centro-Sinistra con il Governo Amato, che lasciò il campo a Berlusconi a seguito della sconfitta elettorale del 2001.
Tutti i funzionari preposti al G8, a partire dal Capo della Polizia, Gianni De Gennario, furono nominati dal Centro-Sinistra.
Il Movimento 5 Stelle aveva richiesto, in passato, le dimissioni di De Gennaro, ai vertici di Finmeccanica. oggi Leonardo.
In queste ore in cui si celebrano i 18 anni dalle violenze e dagli abusi polizieschi del G8 genovese del luglio 2001, molti dei reduci e degli appartenenti a Comitati come quello di Verità e giustizia per Genova chiedono conto al M5s delle loro passate dichiarazioni. In particolare il M5s nel 2015 in occasione dell’ennesima sentenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo sula macelleria messicana della scuola Diaz, alcuni esponenti politici si espresso duramente nei confronti di Gianni De Gennaro che nel 2001 era il capo della polizia e che dal 2013, nominato e riconfermato da vari governi che si sono succeduti è il presidente di Finmeccanica.
Ma oggi che il M5S è al Governo (non si sa ancora per quanto….) le cose sono radicalmente cambiate.
“Ma da quando è al governo ed ha quindi nelle mani il destino di De Gennaro il M5s sembra essersi dimenticato del G8” dicono gli attivisti del Comitato, è stata messa nel cassetto quella che Amnesty definì “una violazione dei diritti umani di dimensioni mai viste nella recente storia europea”. Il M5s non sembra più sensibile alla Diaz e al destino del capo di quei poliziotti che, come scrissero i giudici della Cassazione “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”. (repubblica.it)
Anche Vittorio Agnoletto, che fu portavoce del “Genoa Social Forum” attacca il Movimento 5 Stelle, “complice” una volta al Governo.
Purtroppo si è avverato quello che avevamo detto 18 anni fa – conclude l’ex parlamentare europeo [Agnoletto] – Di fronte al neo liberismo, al dominio della finanza, l’unica possibilità era rappresentata dal nostro movimento, la cui sconfitta ha aperto la strada alla situazione nella quale ci troviamo oggi”.
Apriamo un’altra pagina.
Fu il governo tanatocapitalista di “centro-sinistra” Amato a nominare Gianni De Gennaro Capo della Polizia, il 26 maggio del 2000 (sic).
IL G8 DI GENOVA FU USATO PER SCONFIGGERE IL MOVIMENTO NO-GLOBAL
Ha ragione Agnoletto quando afferma che l’attuale Mondo Distopico, dominato dalla Brutale e Feroce Religione Neognostica del Capitalismo Totalitario è frutto della sconfitta del Movimento No-Global e (aggiungiamo noi) dei fatti successivi all’auto-attentato delle Torri Gemelle.
Riportiamo alcuni degli avvenimenti principali verificatisi in quell’esiziale G8.
I fatti del G8 di Genova sono una serie di eventi avvenuti nella città a partire da giovedì 19 luglio sino a domenica 22 luglio 2001, contestualmente allo svolgimento della riunione del G8.
Durante la riunione dei capi di governo dei maggiori paesi industrializzati svoltasi nel capoluogo ligure da venerdì 20 luglio a domenica 22 luglio e nei giorni precedenti, i movimenti no-global e le associazioni pacifiste diedero vita a manifestazioni di dissenso, […] (Wikipedia)
G8 di Genova. Venerdì 20 luglio 2001.
L’allora presidente della Provincia di Genova, Marta Vincenzi, segnalò, sia tramite i canali ufficiali sia nelle interviste delle dirette televisive, la presenza di uno dei gruppi, stimato in circa 300 persone, sospettati di provocare incidenti, in un edificio scolastico di proprietà della provincia nella zona di Quarto dei Mille; inizialmente l’edificio era stato assegnato al Genoa Social Forum ed ai Cobas per ospitare i manifestanti venuti da fuori città, ma i pochi che erano già entrati ne furono scacciati dall’arrivo dei primi “Black Bloc”. Le stesse segnalazioni provennero, come emerse durante i processi, anche da molti dei cittadini residenti in zona e da diversi manifestanti, ma queste non portarono a nulla in quanto, dopo un primo controllo da parte della polizia tra giovedì e venerdì, che aveva semplicemente appurato la presenza di un numeroso gruppo di persone all’interno dell’edificio, non seguì nessuna azione, e i successivi controlli, avvenuti a G8 concluso, constatarono solo i danni, stimati dalla provincia in ottocento milioni di lire. […]
In piazza Giusti un altro gruppo di manifestanti violenti era impegnato da alcune ore a compiere vandalismi contro un distributore di benzina posto tra corso Sardegna e via Archimede, un supermercato e una banca, ma la polizia, benché sollecitata, non intervenne, poiché l’ordine era di limitarsi a passare le segnalazioni alla centrale; il supermercato venne saccheggiato.
Le forze dell’ordine che non reagirono mai agli episodi di distruzione e violenza messi in atto dai black bloc, ebbero un ben diverso atteggiamento verso i cortei organizzati.
Di fronte al sottopasso ferroviario che divide corso Torino da corso Sardegna, dopo alcuni attimi di sosta, i carabinieri caricarono per alcune centinaia di metri (fino all’incrocio con via Caffa) la testa del corteo autorizzato (tra i primi il gruppo delle “Tute Bianche”) che stava sopraggiungendo, ufficialmente per liberare la strada e per contrastare il fitto lancio di oggetti di cui erano bersaglio.
Le versioni che vennero fornite sull’accaduto furono di segno decisamente opposto: diversi giornalisti presenti riferirono durante il processo di “un lancio simbolico con non più di due o tre sassi” da parte di alcuni manifestanti violenti, esterni al corteo, aggiungendo le loro perplessità rispetto alla tolleranza da parte delle forze dell’ordine per alcune ore nei confronti degli atti vandalici dei manifestanti violenti, mentre il corteo autorizzato veniva fatto bersaglio di lanci di lacrimogeni e caricato dopo solo poche decine di secondi di contatto visivo. […]
La stranezza del comportamento delle forze dell’ordine emerse anche durante il processo, in cui furono ascoltate registrazioni provenienti dalla questura: in una di queste registrazioni si sentono sia un operatore urlare: “Nooo!… Hanno caricato le tute bianche, porco giuda! Loro dovevano andare in piazza Giusti, non verso Tolemaide… Hanno caricato le tute bianche che dovevano arrivare a piazza Verdi”. (Wikipedia)
G8 di Genova. Venerdì 20 luglio 2001, ore 17,00.
Poco dopo le 17.00, una delle Compagnie di contenimento e intervento risolutivo (CCIR), la Echo dei Carabinieri, sotto il comando del capitano Claudio Cappello[47] e con la direzione del vicequestore aggiunto Adriano Lauro, seguita da due Land Rover Defender, ferma insieme ad altre forze di polizia tra via Caffa e Piazza Tommaseo, attraversò i 200 metri di via Caffa e caricò parte dei manifestanti che erano nell’incrocio con via Tolemaide, dove stavano avvenendo gli scontri, protetti da barricate improvvisate.[…]
Iniziato lo scontro, i carabinieri (dalle foto e dalle testimonianze, circa settanta) non furono però in grado di disperdere i manifestanti e, davanti alla loro reazione, indietreggiarono precipitosamente, inseguiti da questi, verso l’inizio di via Caffa. […]
Durante la ritirata una Land Rover Defender dei carabinieri, con tre giovani militari a bordo, l’autista Filippo Cavataio di 23 anni, Mario Placanica, carabiniere di leva di 20 anni, e il coetaneo Dario Raffone, restò temporaneamente bloccata di fronte a un cassonetto dei rifiuti mentre stava manovrando in Piazza Alimonda, secondo la testimonianza dell’autista, a causa di una manovra errata dell’altro mezzo e per l’asserito spegnimento del motore. Una quindicina di persone, appartenenti al gruppo che dopo la carica fallita stava inseguendo i carabinieri in ritirata, attaccò il mezzo. […]
Un manifestante con il volto coperto da un passamontagna, più tardi identificato nella persona di Carlo Giuliani, che in quel momento si trovava a diversi metri dal Defender, in direzione di via Tolemaide, sollevò da terra l’estintore e si avvicinò, tenendo l’estintore sopra la testa con le mani protese, verso la parte posteriore del Defender, ma venne colpito alla testa da un colpo d’arma da fuoco. Il carabiniere Mario Placanica si dichiarò in seguito autore dello sparo, […]
Immediatamente dopo l’evento, il fotoreporter Eligio Paoni, arrivato sul posto subito dopo gli episodi, fotografò il corpo di Giuliani prima che venisse coperto all’arrivo delle forze dell’ordine, fu malmenato dalle forze dell’ordine, venendo ferito alla testa, gli fu fratturata una mano, gli fu distrutta una macchina fotografica e fu costretto a consegnare un rullino che aveva cercato di nascondere. […]
La giornalista de Il Corriere della Sera Fiorenza Sarzanini, presente in piazza, riportò nella sua cronaca degli avvenimenti che nei momenti successivi agli spari vennero lanciati anche dei lacrimogeni e vi fu una carica dei carabinieri. Sarzanini, aiutata ad allontanarsi da un manifestante, finì a terra con questi e fu ripetutamente colpita dalle forze dell’ordine con calci, nonostante il tentativo di identificarsi come giornalista. (Wikipedia)
G8 di Genova. Sabato 20 luglio 2001. Ore 24, «la Macelleria Messicana».
Il corteo [pacifico, in vista della sua conclusione al Quartiere Marassi] deviò il proprio percorso verso via Casaregis, al fine di rimanere a distanza dalle azioni dei violenti e dal fumo dei lacrimogeni. Dopo alcune decine di minuti iniziarono le cariche della polizia con fitto lancio di lacrimogeni, sia verso corso Italia, da cui stava ancora arrivando la coda del corteo, in un punto in cui c’erano poche vie di fuga, sia verso via Casaregis, ma i gruppi di violenti sfruttando il caos generale si allontanarono velocemente e le cariche finirono per colpire, come già accaduto il giorno prima, i partecipanti al corteo pacifico, spezzandolo in due. Il secondo spezzone del corteo pacifico fu costretto di fatto a sciogliersi, mentre le persone che si trovavano nella parte finale del primo spezzone si dispersero, venendo inseguite dalle forze dell’ordine nelle vie del quartiere; molti manifestanti riportarono ferite da trauma e disturbi dovuti all’inalazione dei gas lacrimogeni e diversi abitanti della zona offrirono riparo ai manifestanti negli androni del palazzi, fornendogli dell’acqua con cui cercare di placare l’effetto del gas lacrimogeno. […]
Immagini e filmati che mostravano l’aggressione da parte delle forze dell’ordine ad appartenenti al corteo pacifico, tra i quali anziani e feriti intenti a scappare, si riferivano alle cariche effettuate in quest’ultima ora di scontri. Gli scontri durarono alcune ore e provocarono centinaia di feriti tra i manifestanti e alcune decine di arresti. Intorno alle 16:00, al termine di una carica in corso Italia, vennero ritrovate dal vicequestore aggiunto Pasquale Guaglione in una siepe di una strada laterale due Molotov, che consegnò al generale Valerio Donnini, il quale non essendo un ufficiale di polizia giudiziaria non era tenuto a verbalizzare il ritrovamento. […]
Queste molotov vennero poi portate alla sera dalle forze dell’ordine nella scuola Diaz ed esibite successivamente come prova della presenza di violenti all’interno dell’edificio. Anche durante questi scontri, come nel giorno precedente, Indymedia e altri gruppi raccolsero filmati e foto amatoriali raffiguranti persone in borghese o con abiti scuri parlare con esponenti delle forze dell’ordine e poi ritornare nell’area dei facinorosi.
Venne quindi decisa una spedizione in tenuta antisommossa, col pretesto di una perquisizione, alla scuola Diaz e alla vicina scuola Pascoli.
Tutti gli occupanti furono arrestati e la maggior parte picchiata, sebbene non avessero opposto alcuna resistenza; i giornalisti accorsi alla scuola Diaz videro decine di persone portate fuori in barella, uno dei quali rimase in coma per due giorni e subì danni permanenti, ma la portavoce della questura dichiarò in conferenza stampa che 63 di essi avevano pregresse ferite e contusioni e mostrò del materiale indicato come sequestrato all’interno degli edifici, senza dare risposte agli interrogativi posti dai giornalisti. Il primo giornalista ad entrare nella scuola Diaz fu Gianfranco Botta e le sue immagini fecero il giro del mondo. Le riprese mostrarono muri, pavimenti e termosifoni macchiati di sangue, a nessuno degli arrestati venne comunicato di essere in arresto e dell’eventuale reato contestato, tanto che molti di loro scoprirono solo in ospedale, a volte attraverso i giornali, di essere stati arrestati per associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio, resistenza aggravata e porto d’armi.
Dei 63 feriti tre ebbero la prognosi riservata: la ventottenne studentessa tedesca di archeologia Melanie Jonasch, vittima di un trauma cranico cerebrale con frattura della rocca petrosa sinistra, ematomi cranici vari, contusioni multiple al dorso, spalla ed arto superiore destro, frattura della mastoide sinistra, ematomi alla schiena e alle natiche; il tedesco Karl Wolfgang Baro, trauma cranico con emorragia venosa; e il giornalista inglese Mark Covell, mano sinistra e 8 costole fratturate, perforazione del polmone, trauma emitorace, spalla e omero, oltre alla perdita di 16 denti, il cui pestaggio, avvenuto a metà strada tra le due scuole, venne ripreso in un video. (Wikipedia)
I RESPONSABILI DELLE VIOLENZE DEL G8 DI GENOVA LE DEFINISCONO ESSI STESSI «MACELLERIA MESSICANA».
All’operazione di polizia [presero] parte un numero rimasto imprecisato di agenti: la Corte di Appello di Genova, pur richiamando questo fatto nelle motivazioni della sentenza di secondo grado, basandosi sulle informazioni fornite durante il processo da Vincenzo Canterini, li stima in circa “346 Poliziotti, oltre a 149 Carabinieri incaricati della cinturazione degli edifici“.
“Sembrava una macelleria messicana”: è con queste parole che Michelangelo Fournier, all’epoca del G8 del 2001 a Genova vicequestore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma, descrive quello che vide al momento dell’irruzione nella scuola Diaz. Una descrizione ben diversa da quella che Fournier, uno dei 28 poliziotti imputati per la vicenda, fornì inizialmente. “Durante le indagini non ebbi il coraggio di rivelare un comportamento così grave da parte dei poliziotti per spirito di appartenenza”, ha confessato oggi in aula a Genova, rispondendo alle domande del pm Francesco Cardona Albini. […]
“Sono rimasto terrorizzato e basito – ha spiegato – quando ho visto a terra una ragazza con la testa rotta in una pozza di sangue. Pensavo addirittura che stesse morendo. Fu a quel punto che gridai: ‘basta basta’ e cacciai via i poliziotti che picchiavano”, ha raccontato ancora Fournier.
Sollecitato dalle domande del Pm Cardona Albini, ha aggiunto: “Intorno alla ragazza per terra c’erano dei grumi che sul momento mi sembrarono materia cerebrale. Ho ordinato per radio ai miei uomini di uscire subito dalla scuola e di chiamare le ambulanze”. (repubblica.it)
CHI HA PAGATO PER I FATTI DEL G8 DI GENOVA 2001?
Innanzitutto la giustizia; emblematico il caso riferito dal Fatto Quotidiano:
L’ultima manganellata in faccia che lo Stato infligge alle vittime del G8 di Genova: Gilberto Caldarozzi è stato nominato numero due della Direzione Investigativa Antimafia. Non si tratta di un’omonimia: è proprio quel Caldarozzi condannato in via definitiva a tre anni e otto mesi per falso. Avrebbe partecipato alla creazione di false prove dopo le violenze del G8 del 2001. […]
La nomina sarebbe stata decisa, riferiscono le cronache, da Marco Minniti. Che con questo gesto rivela i limiti di chi vorrebbe accreditarsi come leader e uomo delle istituzioni. Così come suscita dolore in chi ha assistito alle violenze del G8 – sangue, legamenti strappati, ossa frantumate, minacce sessuali, cori nazisti – il modo quasi furtivo con cui è stata presa la decisione […]
Una ferita inferta alle vittime, a Genova, ai poliziotti con la fedina pulita. E a tutti gli italiani. Non è una questione personale, ma la vicenda di Caldarozzi è esemplare, a prescindere dalle sue doti di “cacciatore di mafiosi”. Lo stesso Caldarozzi che, sospeso dopo la condanna, trovò posto come consulente nella società pubblica Finmeccanica di cui era presidente proprio Gianni De Gennaro. Suo amico e capo della polizia ai tempi del G8.
Sberle su sberle in faccia alle vittime. […]
In Italia chi viene condannato – e ha amici che contano – non viene solo reintegrato. Ma anche premiato.
Alle vittime resta la beffa della legge anti-tortura che prevede la prescrizione, richiede violenze reiterate e non punisce la tortura morale. Dice il magistrato Roberto Settembre: “Con questa legge la Diaz e Bolzaneto non sarebbero punite”. Potrebbe succedere di nuovo a tutti noi. (Ferruccio Sansa, “Gilberto Caldarozzi, dalla Diaz alla Dia vince il manganello”, ilfattoquotidiano.it)
GLI ALTRI SCONFITTI PER I FATTI DEL G8 DI GENOVA
innanzitutto i manifestanti condannati ex art. 419 C.P., “reato di devastazione e saccheggio”, istituito nel periodo fascista, a pene detentive enormemente più lunghe di chi ha commesso violenti reati contro la persona.
La Corte [di Cassazione] ha riconosciuto tutti i manifestanti come colpevoli del reato di devastazione e saccheggio. In particolare ha confermato in toto due condanne, Ines Morasca (6 anni e 6 mesi) e Alberto Funaro (10 anni). […]
È stata annullata senza rinvio la condanna per il reato inerente alla detenzione di molotov a Francesco Puglisi (che ha visto diminuire quindi la condanna da 15 a 14 anni), Marina Cugnaschi (da 13 anni a 12 anni e tre mesi), Vincenzo Vecchi (da 14 anni a 13 anni e tre mesi) e Luca Finotti (che, come scritto precedentemente, dovrà comunque essere nuovamente giudicato dalla corte d’appello).
Ad essere sconfitti anche suore, ragazzine, anziani, financo parlamentari, massacrati e intossicati dai lacrimogeni delle forze dell’ordine che arrivavano sempre pochi minuti (a volte secondi) dopo la scomparsa dei black bloc, avendo così il pretesto per caricare violentemente i manifestanti pacifici, che spesso, a causa delle vie anguste del capoluogo ligure, non potevano neanche fuggire.
Ma il vero grande sconfitto nel G8 di Genova è il movimento no-global, unico vero movimento di protesta trasversale che faceva paura al Capitalismo Totalitario, a differenza dei movimento glamour radical chic come “Black Lives Matter”, Antifa, “Occupy Wall Street” e “Friday For Future”, tutti movimenti non-spontanei finanziati e sostenuti da George Soros e dalla sua Cabala Mondiale.
Qui gli squadristi degli “Antifa” USA protestano perché George Soros non li ha ancora pagati per le loro manifestazioni “democratiche”:
CHI C’ERA DIETRO I FATTI DEL G8 DI GENOVA?
Chi ha deciso di trasformare Genova in un’autentica mattanza al fine di disarticolare definitivamente il Movimento no-global?
Perché trasformare Genova nel teatro di una carneficina? Lo spiega un ex dirigente della Nsa, Wayne Madsen. L’intelligence Usa, rivela, ha piegato le forze dell’ordine italiane a un disegno oscuro: quel sangue doveva servire a seppellire per sempre il movimento NoGlobal, di cui le multinazionali avevano il terrore, all’alba del nuovo millennio.
Missione compiuta, si direbbe: dopo Seattle, Praga e altre fiammate, a Genova nel luglio del 2001 è stato letteralmente soppresso «il primo movimento di protesta, nella storia dell’Occidente, capace di mobilitarsi in modo disinteressato, cioè senza più difendere singole cause territoriali, nazionali o di categoria, ma schierandosi in modo permanente a tutela dei diritti dell’umanità, in ogni continente». Lasciata l’intelligence Usa (l’agenzia resa tristemente celebre dallo scandaloso “datagate” spionistico del governo Obama), Madsen è divenuto un fiero accusatore di un sistema manipolatorio che a Genova, dice, richiedeva un preciso tributo di sangue: la morte di Carlo Giuliani, la “macelleria messicana” dei ragazzi inermi nella scuola Diaz (col pretesto di bombe molotov introdotte dagli stessi agenti) e poi l’incubo delle torture inflitte ai “prigionieri” nella caserma di Bolzaneto. Tutta quella violenza barbarica sembra portare la stessa “firma” della mano segreta che, di lì a un paio di mesi, avrebbe pilotato l’immane attentato delle Torri Gemelle a New York, dando inizio alla “guerra infinita” contro il “terrorismo”.
Genova? Una pietra miliare: il Rubicone varcato da un potere globalista “medievale”, neo-feudale, smisuratamente avido e bugiardo, estremamente feroce. Lo sostiene Madsen, intervistato da Franco Fracassi nel saggio “G8 Gate”. Una vera e propria confessione: «Mesi prima, per la tragica “riuscita” di quel G8 – dice – la Nsa mise a disposizione 1.500 funzionari, e a Genova (oltre alla polizia italiana) c’erano 700 agenti dell’Fbi».
Nessuno lo sapeva, all’epoca, ma tutti videro lo stesso spettacolo: i reparti antisommossa si accanivano contro manifestanti inermi, ignorando deliberatamente i famosi “black bloc” spuntati dal nulla, liberi di devastare impunemente la città. I “neri” colpivano i loro obiettivi e poi si disperdevano rapidamente tra i vicoli. «E’ una tattica di guerriglia insegnata nelle scuole Nato: si chiama “swarming”», afferma – sempre nel libro di Fracassi – il generale dei paracadutisti Fabio Mini, già comandante della missione atlantica Kfor in Kosovo. «Esistono precise strutture – rivela Mini – in grado di far affluire in piena sicurezza centinaia di persone, da tutta Europa, senza il rischio di subire controlli alle frontiere, neppure dopo l’evento». […]
Per questo è importante la voce di un uomo come Madsen. «I mandanti sono le multinazionali – dice – che erano letteralmente terrorizzate dal crescente consenso di quei ragazzi: il movimento NoGlobal andava stroncato. […]
Un film dell’orrore, sostiene Madsen, grazie al quale nessuno si è più sognato di contestare frontalmente lo strapotere delle Corporations e dell’oligarchia finanziaria, che in Europa è riuscita a ridurre alla fame un paese come la Grecia, senza più medicinali per i bambini, e di destituire con un golpe bianco il governo italiano democraticamente eletto. Si arrivò a insediare a Palazzo Chigi uno spettro come Mario Monti. (Giorgio Cattaneo, petalidiloto.com)
G8 GATE, IL LIBRO DI FRANCO FRACASSI
Manovre lacrime e sangue per tutti tranne che per la “casta” mondiale, sovranità limitata o revocata, bavaglio universale all’informazione. Sindacati neutralizzati, banchieri al governo e partiti-fantasma ormai agli ordini dei signori dell’economia. Quello che oggi chiamiamo crisi era stato largamente previsto, dagli stessi super-poteri che, già nel 2001, prima ancora dell’11 Settembre, si preoccuparono di disinnescare sul nascere una potenziale bomba democratica planetaria, quella del movimento no-global. Diritti contro soprusi, cittadinanza contro privatizzazione. In altre parole: anticorpi civili per difendersi dalla globalizzazione selvaggia. Profeticamente, li pretendeva il “popolo di Seattle”. Fu fermato appena in tempo e nel modo più brutale, con il bagno di sangue noto come G8 di Genova.
E’ la tesi che fa da sfondo al drammatico libro-inchiesta “G8 Gate” firmato da Franco Fracassi per la giovane casa editrice Alpine Studio, […]
I black bloc «hanno un nome, ma non un volto». Sono note le loro azioni, ma non il perché le compiono: «I black bloc sono temuti, odiati, talvolta idolatrati, ma nessuno li conosce veramente», dice Fracassi, presentando il suo ultimo lavoro sui neri guastatori senza volto, sempre così puntuali quando si tratta di rovinare cortei importanti, molto temuti alla vigilia proprio perché pacifici. […] «La polizia ha letteralmente massacrato dimostranti inermi, senza procedere all’arresto di un solo black bloc: ai “neri” è stato anzi permesso di devastare impunemente l’intera città».
Allora reporter d’assalto per l’agenzia ApBiscom, Fracassi si calò fino al collo nella strana guerra civile che devastò le strade del capoluogo ligure, vivendo da vicino l’intero campionario dell’aberrazione andata in scena in quei giorni: la polizia che osserva le devastazioni dei black senza muovere un dito e poi, appena i “neri” si allontanano, carica senza misericordia i dimostranti inermi. […]
Fracassi ha seguito da vicino [i black bloc], per ore: piccoli gruppi ben addestrati, pronti a devastare negozi, automobili e bancomat per poi sganciarsi rapidamente, sempre condotti al sicuro, nel dedalo dei vicoli, da misteriose “guide” perennemente al telefono: con chi? Con “qualcuno” che era perfettamente al corrente, in tempo reale, dei movimenti dei reparti antisommossa. […]
Proprio grazie alla sua tenacia, alla vigilia della mattanza riuscì a conquistare la fiducia di alcuni uomini della polizia: «Se vuoi vedere il macello, fatti trovare a mezzogiorno all’angolo tra corso Buenos Aires e piazza Paolo da Novi», gli anticipa un funzionario di polizia alla vigilia del fatale venerdì 20 luglio: «Arriveranno dei black bloc e distruggeranno la banca. Due-tre minuti al massimo. E’ quello il segnale dell’inizio». Fracassi si presenta nel luogo indicato, e i black bloc arrivano con puntualità cronometrica. Prima di intervenire, proprio come previsto, gli agenti attenderanno che si siano allontanati. Poi caricheranno, travolgendo soltanto innocenti. […]
Wayne Madsen, reduce dagli scontri al Wto di Washington l’anno prevedente, rivela: «Ho raccolto documenti e testimonianze dall’interno del movimento anarchico Usa e dell’intelligence». Cia, Fbi e Dia organizzavano e guidavano gruppi di devastatori anche nelle manifestazioni no-global nel resto del mondo? «E’ il loro modo di agire, ovunque ci siano interessi americani da difendere». […]
Per “G8 Gate”, Fracassi ha sondato centinaia di fonti. Tutte convergono drammaticamente verso un’unica ipotesi: a Genova si “doveva” spezzare le gambe, a tutti i costi, al nuovo movimento democratico mondiale. Obiettivo, veicolare il messaggio più esplicito: “Restate a casa, rinunciate a scendere in piazza perché può essere pericoloso”. Mandanti: le grandi multinazionali e persino le loro fondazioni, all’apparenza innocue e filantropiche, in realtà strettamente collegate con settori dell’intelligence. Disponibilità economica: illimitata. E poi la manovalanza principale della missione: i mercenari chiamati black bloc, ben addestrati in gran segreto e specializzati nelle tattiche della guerriglia urbana. «Le forze dell’ordine presenti a Genova – riassume Fracassi – sarebbero state in parte complici e in parte impotenti di fronte ai devastatori» (“Dovevamo arrenderci: lo decise la Cia già al G8 di Genova”, libreidee.org)
GEORGE SOROS DIETRO AI BLACK BLOC?
Non è ultroneo ricordare che la prima massiccia manifestazione no-global avvenne a Seattle, sede della Microsoft, il cui azionista di maggioranza, Bill Gates è un contubernale del Capitalismo Totalitario di Soros & Co.
Gates rimase assolutamente terrorizzato dalla rivolta del Popolo di Seattle.
L’81esima Brigata della Washington State Patrol batte in ritirata. Si dimette il capo della polizia di Seattle. Bill Clinton deve chiamare la Guardia Nazionale. Il vertice-simbolo della globalizzazione nasce e muore nel caos.
30 novembre 1999: Seattle è sotto assedio. Un summit tra capi di Stato deve varare i nuovi negoziati mondiali sulla liberalizzazione degli scambi. Protagonista è la World Trade Organization (Wto), Organizzazione del commercio mondiale, arbitro e cabina di regìa della globalizzazione. Ma a Seattle converge la “madre di tutte le proteste”: 40.000 manifestanti, in una serie di cortei dove si fondono i sindacati operai, le ong ambientaliste, i primi black-bloc. Irrompe sulla scena il movimento no-global. Il vertice finisce nel caos: molti leader dei governi assediati negli alberghi non riescono neppure a raggiungere il centro congressi, avvolto in nuvole di lacrimogeni, le forze dell’ordine sono sopraffatte. (Federico Rampini, repubblica.it)
In un summit occulto a cui parteciparono i vertici di tutte le Ur-Lodges massoniche mondiali, da Three Eyes a White Eagle fino alla nascente Hathor-Pentalpha, al fine di far decollare definitivamente la globalizzazione, venne deciso da un lato di ammettere nel WTO la Cina e dall’altro di affogare nel sangue il movimento no-global alla prima edizione del G8 in Europa. E ciò avvenne in Italia, appunto.
E’ nel 2001, con l’ingresso della Cina nel Wto, che la storia imbocca una svolta improvvisa e dalle conseguenze inattese. La “cooptazione” della Repubblica Popolare, la più grande nazione del pianeta e una superpotenza comunista, è un progetto made in Usa. Il capitalismo americano ha già articolato la sua strategia delle delocalizzazioni: spostare il manifatturiero dove i costi del lavoro sono più bassi, delegare alla periferia dell’impero le produzioni più inquinanti, concentrarsi sulle attività ad alto valore aggiunto. La Silicon Valley californiana ha capito per prima i vantaggi di una simbiosi con la Cina, la catena produttiva di Apple voluta da Steve Jobs è esemplare: gli ingegneri del software stanno a Cupertino, gli operai a Shenzhen. […]
L’economista Branko Milanovic nel suo studio “Global Inequality” oggi ci apre gli occhi davanti a questa contraddizione: la globalizzazione ha reso il mondo meno ineguale nel senso che ha accorciato le distanze Nord-Sud; ma all’interno di ogni nazione ha divaricato la sorte dei ricchi da quella di tanti altri. “All’interno dei nostri paesi – dice Milanovic – a coloro che sono stati impoveriti non possiamo rispondere che i cinesi stanno meglio: non è una consolazione”. (Federico Rampini, repubblica.it)
Il Gran Maestro della Cabala Mondiale, “Diavolo Soros” è il Richelieu, l’eminenza grigia dietro ai black bloc?
Che sia il G8, il G20, l’Expo o altri eventi internazionali con grande copertura mediatica, appaiono sempre i cosiddetti “black bloc”, e ogni volta è la stessa storia:automobili bruciate, città messe a ferro e fuoco, scontri con la polizia e così via. […]
Molti di questi eventi sembra che abbiano qualcosa in comune, visto che sia primavere arabe, sia le proteste di Ferguson che di Baltimora e molti altri “riots” in giro per il mondo sono stati finanziati da George Soros, che è anche tra gli ideatori di Otpor! e delle cosiddette “rivoluzioni colorate”, tramite “Open Society Foundations” che presiede.C’è da dire che il principale sito internet della galassia “antagonista” e “no global” ( da una cui frazione derivano i black bloc) mondiale è il portale “Indymedia”, che per la sua creazione è stato in parte finanziato dalla Open Society di Soros con ben 70mila dollari. […]Interessante risulta il fatto che Soros stesso è critico, come molti black bloc e tutti i movimenti altermondialisti verso l’economia di libero mercato e il sistema capitalista basato sulla classe media e la proprietà privata, e sostiene la creazione di un nuovo ordine mondiale basato sulla fine delle sovranità nazionali e la concessione di maggiori poteri per l’ONU, ente in cui ha diversi agganci, tra cui quello dell’economista “progressista” e “socialista” Jeffrey Sachs, che sostiene da anni obiettivi nobili come la redistribuzione della ricchezza tra tutte le nazioni del mondo, per mettere “fine della povertà” entro il 2015, […]I black bloc e gli “antagonisti” più vicini ad essi giustificano l’azione di distruggere le automobili e le vetrine dei negozi, quasi sempre di piccoli commercianti, in quanto proprietà privata e quindi espressione del “capitalismo” da essi combattuto, e per il resto la distruzione della città viene considerata di primaria importanza in quanto l’ordine essi lo associano al “fascismo” o comunque alla “civiltà borghese” odiata, mentre il caos al nichilismo “rivoluzionario” necessario per la creazione di un nuovo ordine mondiale fondato sull’assenza della proprietà privata e delle sovranità nazionali, che descrivono come migliore,ma risulta che anche Soros nonché i principali esponenti dell’alta finanza e dei cosiddetti “poteri forti” internazionali la pensino in modo sostanzialmente simile, visto che per entrambi il problema è l’esistenza della classe media e del sistema di libero mercato, e in questo modo l’utopico e speranzoso “no nation, no border” degli antagonisti viene a realizzarsi in una costruzione di un mondo post-capitalista, senza nazioni e senza frontiere sotto guida dell’ONU e di altre organizzazioni internazionali, egualitario e collettivista per la massa ma guidato dall’avanguardia “rivoluzionaria” rappresentata dalle più influenti e ricche personalità “progressiste” (Soros, Buffet e compagnia), insomma una sorta di “neofeudalesimo” spacciato come la realizzazione dell’utopia socialista, una versione “liberal” dell’URSS. (Salvatore Santoru, informazioneconsapevole.com)
I Black Bloc, a libro paga del Capitalismo Totalitario e dei Soròi, come gli Antifa, interrompono con la consueta violenza, i comizi degli avversari politici del Soros: Milo Yiannopoulos, Steve Bannon, Ann Coulter, Pamela Geller, David Horowitz, ed Erik Prince, a Berkeley 2017.
ANTIFASCISMO E “DIAVOLO SOROS”
È innegabile l’abbraccio contro natura tra il Capitalismo Totalitario dei Soròi e le Sinistre Radicali e Antagoniste. Per entrambi, il fine comune è la liquidazione degli Stati-Nazioni per giungere ad un Ordine Mondiale in cui il Capitale finanziario dominerà tutte le strutture legislative umane, senza alcun intralcio da parte delle Costituzioni antifasciste e democratiche occidentali.
Ormai non v’è alcun punto di contatto tra il vecchio Antifascismo e l’attuale, che è invece servo del Capitale finanziario.
Per esempio, la Tides Foundation, che è attiva negli Stati Uniti e riceve donazioni finanziarie da George Soros, finanzia regolarmente gruppi antifascisti, compresi quelli che organizzano disordini di massa come gli scontri a Berkeley in febbraio di quest’anno [2017], quando gli antifascisti hanno picchiato persone, bruciato macchine e rotto vetrine.
Il movimento “antirazzista” Black Lives Matter, che si occupa principalmente dell’organizzazione di disordini di massa, ha ricevuto nel 2016 da George Soros, attraverso la Open Society Foundation e il Center for American Progress, guidato da John Podesta, 33 milioni di dollari. Altri 100 milioni di dollari sono stati assegnati dalla Ford Foundation e dall’organizzazione Borealis Philanthropy, che ha creato a questo scopo il Black-led Movement Fund.
Finanziare iniziative antifasciste e antirazziste in Europa è anche una delle priorità della Open Society Foundation, così come di altre strutture d’influenza americane. Per esempio lo stesso fondo Ford contribuisce attivamente a molte iniziative anti-razziste in tutta Europa.La risposta è ovvia: la gestione degli afflussi di capitali è necessaria a riorientare i radicali lontano dalla critica e dalla lotta al sistema borghese verso l’azione contro un mitico “fascismo”. Il capitalismo offre, invece di combatterlo, di condurre la lotta ai fantasmi ideologici, così come agli oppositori dello stesso capitalismo provenienti dal campo della destra. È molto conveniente, sicuro e redditizio in termini di denaro.
Gli ideologi che si sono espressi recentemente, dicono ai nuovi arrivati che “fascisti” sono tutti quelli per cui lo spirito di emancipazione dell’illuminismo non è in alcun modo accettabile, che non vogliono rinunciare ad alcuna identità collettiva, dalle radici nella tradizione, etnica, nazionale, religiosa, che credono che l’uomo è un uomo e una donna una donna e che il matrimonio è una unione di un uomo e una donna, che amano il loro popolo e la loro storia, che vedono nella cultura non solo nichilismo, ma anche i valori della continuità e il Logos.
In breve, i “fascisti” sono tutti quelli che non sono d’accordo con l’assegnazione, a tutte le possibili perversioni, dello status di norma sociale e di legge. Per un antifascista di professione, ogni persona sana, equilibrata e normale è un “fascista”. E con un fascista, come dicono gli antifascisti, niente complimenti. L’unico fascista buono è il fascista morto. Questo ci ricorda qualcosa.Gli antifascisti stessi vivono con un principio completamente fascista. “Lascia questa chimera della coscienza, il Fuhrer pensa per noi”. Per gli antifascisti, come regola, a pensare sono i filosofi ultra-liberal tra gli ex esponenti della sinistra. Come il defunto Andre Glucksmann o i viventi Daniel Cohn-Bendit e Bernard Henri Levy. Quest’ultimo letteralmente non sfugge a ogni sorta di Maidan, dichiara regolarmente quanto odia Putin (il “fascista”), e gira documentari quando è necessario giustificare l’invasione americana di un particolare paese. Saddam Hussen, Gheddafi, Assad — siete “fascisti!” — quindi stiamo venendo da voi.
Non sorprende che gli antifascisti mostrino un comportamento praticamente fascista. Se i loro oppositori di destra cercano di organizzare un dibattito o di fare un discorso, gli antifascisti preferiscono interrompere l’evento ma non intervenire nel dialogo o giustificare la loro posizione. Un’altro tratto comune è l’intolleranza verso chi ha un altro punto di vista. Un’altro ancora è il tasso di violenza fisica e intimidazioni contro gli avversari. Infine, la mancanza di pensiero critico, che non permette di vedere nelle azioni di chi li dirige, una palese manipolazione. Gli antifascisti sono ciechi da un occhio: vedono solo lo pseudo-fascismo e non vedono quello reale, che servono con devozione.
Ad alcuni può sembrare sorprendente, ma l’antifascismo oggi è un fenomeno reazionario che protegge l’egemonia liberale, lo status quo liberale e i politici liberali. Coloro che non vogliono cambiar nulla, che sostengono la necessità di attrarre milioni di migranti e di ridurre la responsabilità sociale dello Stato e delle imprese, che minano la sovranità nazionale dei propri paesi in favore delle imprese transnazionali e sono strettamente collegati in reti di governance mondiali. (“anti(FASCISTI): l’esercito del Terrore Globalista”, geopolitica.ru)
Segue un video sulle rivelazioni di Wikileaks riguardo il finanziamento e l’organizzazione di proteste anti-Trump da parte di George Soros. Diventa chiaro perché il Deep State di Soros abbia fatto incarcerare Julian Assange.
Il Giudice Federale di New York John G. Koeltl, però, in punta di diritto, non ha potuto far altro che assolvere Wikileaks, Julian Assange e Donald Trump dall’accusa di cospirazione attribuita loro dai Democrats USA, un Partito composto sempre più da Demofobi, Totalitaristi Sorosiani e Odiatori della Libertà di Pensiero, alla stessa stregua dei loro omologhi Europei.
QUELLI CHE AL G8 DI GENOVA ERANO NO-GLOBAL ORA SONO GLOBALISTI
Vediamo cosa scrive oggi Toni Negri, il leader di Potere Operaio che, al tempo, aveva come slogan la democrazia è il fucile in spalla agli operai.
Oggi scrive frasi che sembrano uscite dalla penna del globalista Soros:
La globalizzazione nasce, quindi, come un elemento maledettamente positivo, è un segno di libertà, è un segno della forza dei processi storici che fanno saltare quella gabbia d’inferno che è lo Stato-nazione. Lo Stato-nazione, che ha fatto morire per secoli la gente nelle guerre più stupide, nelle trincee più assurde. Lo Stato-nazione, la cui ideologia non poteva che arrivare necessariamente ai forni di Auschwitz. Noi di fronte alla sua fine e di fronte alla liberazione delle forze proletarie del Terzo mondo abbiamo trovato questo formidabile passaggio: la globalizzazione. Finalmente! (Toni Negri, Impero Moltitudini Esodo)
Ormai il Negri ha sostituito integralmente la “classe operaia” per un’indifferenziata, sradicata e acefala massa di neoplebi inebetite e desideranti che lui definisce “Moltitudine”, una Moltitudine che è perfettamente funzionale agli scopi della Cabala Mondiale di Soros e delle Corporazioni Globali.
Credere che le Moltitudini negriane, i “Molti”, Hoi polloi, rappresentino una strato prerivoluzionario altermondialista è pura illusione.
Siffatti Molti, siffatti polloi, sembrano più che altro polli.
D’altro canto, uno schiavo che non ha più l’immaginazione di sentirsi libero non spezzerà più le sue catene.
Il concetto di moltitudine: dal punto di vista scientifico è un concetto certamente ancora primario, che si lancia per vedere se funziona. Ma quando per qualificare il nuovo proletariato si parla di moltitudine si parla di una pluralità di soggetti, di un movimento nel quale operano singolarità cooperanti. C’è una differenza abissale dal concetto di classe. La moltitudine lavora, è completamente sfruttata, ma si mette assieme attraverso la rete, i collegamenti, la cooperazione, il linguaggio. La moltitudine ha una molteplicità produttiva, costituente, tutti elementi che possono anche essere riferite a categorie marxiane classiche: alla modificazione della forza-lavoro nella sussunzione reale, nel passaggio alla produzione del general intellect.
Il concetto di moltitudine viene quindi usato come uno strumento, ma quale può essere la sua rilevanza politica? Su questo terreno credo che stiamo vivendo una enorme accumulazione primitiva a livello mondiale. Per dare un immagine diquello che sta succedendo dal punto di vista della soggettività, non abbiamo che le immagini del materialismo primitivo lucreziano: c’è un grandemovimento di particelle, atomi, singolarità che si mettono assieme e costruiscono qua e là. E’ chiaro che questa nuova carne del proletariato deve diventare corpo, e può diventare corpo solo sulla base di un theos sulla base di un’autorganizzazione che la fa finita con la democrazia ma anche col socialismo, con le forme di gestione democratica o socialista del capitale. (Toni Negri, Impero Moltitudini Esodo)
Ha ragione il filosofo Costanzo Preve quando afferma che «l’opposizione al Capitalismo trova oggi la sua radice fondamentalmente [rectius, esclusivamente] negli Stati, nelle Nazioni, nella Geopolitica. La Globalizzazione negriana è soltanto la Globalizzazione capitalistica rovesciata, che rimane però la stessa. Se io prendo un cubo e lo rovescio, rimane sempre un cubo. Il vero problema è passare da un cubo ad un altro solido. E di questo Negri è del tutto incapace».
Hardt e Negri dovrebbero spiegare come siffatte Moltitudini – inebetite da Consumismo, social, sesso, cibo undustriale, e droghe – sarebbero in grado di realizzare la “Rivoluzione Mondiale” quando non v’è riuscito il Movimento Operaio, pur avendo avuto quest’ultimo un forte senso di appartenenza sociale e coesione internazionale di classe, senso che le “Moltitudini” – sorta di Post-Umanesimo di Migranti che vengono allocati ovunque serva al Capitalismo Totalitario, in un Mondo senza Frontiere e senza Leggi se non quella del Mercato – non avranno mai.
IL VERO NEMICO DEL LIBERALESIMO POST-BORGHESE È LO STATO-NAZIONE, NON LA SINISTRA ARCOBALERNO
Nei suoi lunghi dialoghi socratici con Diego Fusaro, Preve affermava che
“il marxismo di Deleuze e Negri non ha nessun rapporto con Marx.”
Aggiungeva:
“Deleuze fa una fuga in avanti, ridefinisce il Comunismo come Potenza del Desiderio incontrollato, cioè esattamente il suo contrario… Deleuze deve essere letto come un critico della borghesia e, dunque, come un preparatore dell’odierno ultracapitalismo post-borghese.”
Icastico il commento su Toni Negri,
“Negri è in realtà un liberale che si traveste da comunista estremista… la sua Antropologia è quella di Deleuze, Foucault, Guattari.
Costoro tratteggiano il soggetto come faceva Hume, Per siffatta antropologia, il soggetto è Flusso di desideri, sensazioni, abitudini.
Cioè, il Paradigma del Liberalismo.”
Illuminata è la chiosa finale di Costanzo Preve:
I nemici dell’attuale Liberalismo non sono certi siffatti comunisti. ma gli Stati-Nazione, con Costituzioni che tutelano i diritti sociali come lavoro, welfare e salute.
Diretti avversari del Capitalismo Totalitario.
Il Caos planetario imposto dalla Finanza Globalizzata, guidata da George Soros, supporta, con enorme generosità economica, l’epistemologia dei decostruzionisti antistatualisti.
Drogato da filosofia postmoderna, individualismo liberale e materialismo marxsta, il dibattito decostruzionista sulle nazioni ha visto i suoi natali negli anni Ottanta: i nomi di Ernest Gellner, Benedict Anderson ed Eric Hobsbawm sono senso i più autorevoli. […]
Gellner è un liberale di stampo illuminista, avido lettore di Karl Popper. […]
Anderson e Hobsbawm sono invece due marxisti in piena regola. Insomma abbiamo a che fare con internazionalisti di razza… nel loro odio viscerale per i popoli e le nazioni, d’altronde, liberali e e comunisti si sono sempre trovati in sospetta sintonia. […]
Anderson è diventato famoso per aver coniato il concetto di «comunità immaginate»: le nazioni si configurerebbero come «immaginate» nel senso che i loro membri non conosceranno mai i loro connazionali. […]
Quello che non non è chiaro tuttavia, è perché la Nazione, concepita in questi termini dovrebbe essere «immaginata», laddove l’«umanità» – ossia l’unica comunità possibile per i globalisti – sarebbe al contrario qualcosa di «reale». […]
Quando dici Italia, dici il nome mio. Chi «parla di umanità» invece – come scrisse anche il socialista Pierre Joseph Proudhon – realtà «vuole solo trarvi inganno». (Valerio Benedetti, “Quando dici Italia, dici il nome mio”, Il Primato Nazionale, periodico mensile, numero 6 del 2018)
IL G8 DI GENOVA FU LA BISETTRICE…
Dopo il G8 di Genova, la Sinistra Materialista e Nichilista si trovò di fronte un baratro.
O perdere tutte le rendite di posizione accumulate dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi (l’occupazione “militare” di quasi tutti i mezzi d’informazione mondiali, delle cattedre universitarie e dell’editoria) o collaborare con la Dittatura vigente, come aveva già fatto tante altre volte in passato.
Quelli che Giovannino Guareschi definiva, a ragione, i Trinariciuti, collaborarono. E non fu neanche difficile far digerire l’ennesimo tradimento, visto che quasi tutta la Sinistra governativa (Clinton, Blair, PDS-DS-PD, Sinistra europea) s’era già appecoronata ai dogmi del Capitalismo Totalitario e alle autoreferenziali élite.
Com’è possibile che la sinistra abbia completamente abbandonato le fabbriche e le periferie e, in generale, sia finita per rappresentare l’establishment politico e quello che il “popolo” percepisce come l’élite?
L’ultimo a fornire una spiegazione interessante è stato il filosofo Massimo Cacciari, che in una recente intervista rilasciata alla Verità ha osservato, parlando del Pd: “A furia di spostarsi verso il centro, sono rimasti prigionieri del centro storico. Si sono rintanati nel rifugio dei benestanti. E di conseguenza hanno dimenticato le periferie, hanno abbandonato gli italiani in difficoltà, una larga parte di elettorato che è stata consegnata ai partiti populisti e alla destra sociale“, l’analisi del filoso sulla compagine dem.
Sulle colonne del Manifesto, Carlo Freccero, direttore di Rai2, è stato ancora più incisivo, facendo letteralmente a pezzi la retorica della sinistra radical chic. “Cos’è oggi essere di sinistra?” si chiede Freccero. “Essere politicamente corretti. Accettare il pensiero unico in maniera acritica e credere, presuntuosamente che, in quanto detentrici del pensiero unico, le élite devono guidare un popolo ignorante e rozzo, irritante per la sua mancanza di educazione“.
Il celebre politologo statunitense Francis Fukuyama, autore del celebre La fine della storia, ha invece spiegato nel suo ultimo saggio Identità. La ricerca della dignità e i nuovi populismi (Utet), che “il problema con la sinistra odierna sta nelle particolari forme di identità che questa ha deciso sempre di più di esaltare. Anziché costruire solidarietà attorno a vaste collettività come la classe operaia o gli economicamente sfruttati, si è concentrata su gruppi sempre più ristretti che si trovano emarginati secondo specifiche modalità“.
Nel suo ultimo saggio La notte della sinistra. Da dove ripartire (Mondadori), il corrispondente di Repubblica Federico Rampini, oltre ad affrontare il tema dell’immigrazione mettendo in discussione molti dei totem ideologici dei progressisti chic, soprattutto italiani, si chiede per esempio “com’è accaduto che lo spread tra Btp e Bund sia diventato una Linea Maginot dietro la quale la sinistra italiana è asserragliata, un baluardo a cui si aggrappa pur di fare opposizione ai populisti-sovranisti?“.
Una sinistra, insomma, che ha tradito completamente il suo popolo, schiava della propria bolla ideologica, incapace di leggere la realtà, arroccata nei propri preconcetti e superstizioni. (Roberto Vivaldelli, “Quel tradimento della sinistra che preferisce le élite al popolo“, ilgiornale.it)
Una sinistra che a suo tempo non ha svenduto, ma letteralmente regalato alle Corporazioni autentiche miniere d’oro pubbliche come Autostrade, una sinistra ben contenta di accogliere oggi tra le sue braccia gli ultimi Quisling della Globalizzazione. I Grillini.
Ci mancava solo Massimo D'Alema a far da levatrice al governo della vergogna. Ma l'ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli Esteri che andava a braccetto con gli hezbollah, è arrivato a benedire la nascita di un nuovo esecutivo 5 stelle-Pd. https://t.co/frsgLztUle
— Maurizio Belpietro (@BelpietroTweet) August 17, 2019
I GRILLINI VOLTAGABBANA
Ricordate quando Beppe Grillo richiedeva a gran voce un referendum per uscire dall’Euro? Mai fatto. Ora i grillisti sono i corifei dell’Europeismo più integralista e assolutista.
https://twitter.com/gustinicchi/status/1164079788962865152
Non ci alleeremo mai con il PD. Il bergogliano-sorosista Roberto Fico non c’è riuscito lo scorso anno e potrebbe riuscirci adesso.
Non è ultroneo ricordare che fine al mese scorso Luigi Di Maio affermava che lui neanche parlava con il PD, “il partito di Bibbiano” che “toglie i bambini alle famiglie con l’elettroshock” allo scopo di “venderli”. Oggi tratta con il PD per il nuovo governo.
Ancora Luigi Di Maio: Noi siamo contro il Neoliberismo. Una volta al governo, i grillini sono diventati ultraliberalisti e turbomondialisti. Oggi Di Maio & Co. sono totalmente asserviti agli anomici interessi del Capitalismo Totalitario dei Soroi.
A stigmatizzare l’ennesima giravolta dei grillini voltagabanna è il filosofo Carlo Formenti, un pensatore della vera Sinistra che si contrappone al Fascismo dei Radical Chic.
Sulle pagine di Economia del Corriere dell’8 Giugno, leggo la seguente dichiarazione di Luigi Di Maio in merito al fallimento della trattativa fra Fca e Renault, a seguito dell’intervento dello Stato francese che detiene il 15% del pacchetto azionario di Renault: “è l’interventismo di Stato che ha provocato il fallimento dell’operazione. La Francia non ha fatto bella figura, noi anche se in contatto con Fca, abbiamo rispettato un’operazione di mercato. Se si fa mercato non è che interferiscono ministri e presidenti della Repubblica”.
Caro Di Maio qui, a fare brutta figura (per non dire di peggio), non è lo Stato francese, siete tu e lo Stato italiano che tu dovresti rappresentare (che a sua volta dovrebbe rappresentare gli interessi del Paese). Da quando ti hanno consegnato le chiavi dell’M5S, questo movimento, che inizialmente aveva assunto – almeno a parole – posizioni antiliberiste ed antieuropeiste, e aveva manifestato l’intenzione di tutelare gli interessi delle classi subalterne, ha compiuto una svolta di centottanta gradi, cercando di ottenere il consenso di Confindustria e delle grandi imprese, adottando senza riserve il punto di vista liberista in economia e mostrandosi sempre più acquiescente ai diktat della Ue.
Così la Francia – che assieme alla Germania può permettersi sia di dettare le regole agli altri Paesi dell’Unione, sia di prevedere per sé le opportune eccezioni alle stesse regole – fa pesare i propri rapporti di forza per tutelare i livelli di occupazione dei lavoratori francesi. Viceversa l’Italia, per bocca di Luigi Di Maio – che si inscrive nel lungo elenco di politici nostrani che hanno svenduto il nostro sistema industriale alle imprese multinazionali spalleggiate dai rispettivi Stati di origine – si scaglia contro il peccato di “leso mercato” e resta con il cerino in mano. […]
Questo è il senso di eventi come il recente trattato fra Francia e Germania, l’intervento a gamba tesa degli Stati Uniti nel processo della Brexit, l’alleanza fra Russia e Cina in funzione anti americana. Mentre si torna a livelli di competizione interimperialistica che ricordano il primo Novecento (sia pure in forme e in un contesto geopolitico profondamente diversi), le mezze tacche che si contendono il governo dell’Italia, siano essi membri dei vecchi partiti socialdemocratici e liberali, siano essi i nuovi rampolli del populismo di destra (Salvini) o di centro (l’M5S) non sembrano concepire alternative fra la più abietta resa alle direttive della Ue (cioè all’alleanza franco-tedesca) e le velleitarie dichiarazioni di guerra a un avversario superiore in forza e intelligenza strategica.
Un avversario che potrebbe essere sfidato esclusivamente rivoluzionando profondamente il nostro modello produttivo con robuste iniezioni di politica industriale ed economia mista, recuperando la nostra sovranità monetaria e chiamando le classi subalterne alla lotta per democratizzare le nostre istituzioni. Ma questo non è quanto possiamo aspettarci da nani politici come i vari Di Maio, Salvini, Zingaretti, Berlusconi (per tacere di una agonizzante sinistra radicale). (Carlo Formenti, “Di Maio e la giravolta liberista del M5s”)
Come si evince, sempre coerenti i Grillini.
Da Mai il TAV, al TAV va completato di Giuseppe Conte; Da Mai Liberisti a Sempre Neoliberisti; Da Mai con il PD, il Partito di Bibbiano a CONTRORDINE, COMPAGNI! Facciamo il Governo col PD!
Non è più il Partito di Bibbiano, egregio Di Maio?
CONTRORDINE, COMPAGNI!
– Contrordine compagni! I Capitalisti sono Comunisti come noi!
– Eh?
– Sì.
– Ma che m..chia dici?
– Sono Internazionalisti come noi. Noi avevamo l’Internazionale Socialista, loro hanno la Globalizzazione. I Capitalisti sono Totalitaristi come noi. E Materialisti come noi. Ormai la filosofia continentale pullula di filosofi New Materialist. Dulcis in fundo, sono Atei come noi.
– Ma come si fa a collaborare con loro?
– Vi siete già dimenticati di quando, dopo il Patto Molotov-Ribbentrop, collaboravamo con i camerati Nazisti?
– Come facciamo con i Compagni Giornalisti?
– D’ora in poi devono smettere di intingere la penna nella bava ogni qual volta guardano la foto di Stalin. La bava se la produrranno guardando la foto del Grande Fratello Soros!
– Per quanto riguardo la nostra lotta contro gli Stati Nazionali?
– Come dice Toni Negri, essi sono cose barbariche e tribali. Compagno Soros è in prima fila nel liquidare gli Stati-Nazione.
– E il ceto medio, la Sovranità Nazionale, la Patria, la Famiglia?
– Tutto vecchio ciarpame Fascista, da liquidare!
– I criminali genocidi della NATO che hanno ucciso migliaia di donne e bambini in Serbia nel 1999 con la nostra vergognosa Collaborazione?
– Sono l’Esercito della Pace, oggi.
– Cosa facciamo con i Compagni come Fusaro, Fassina, Formenti, Ricolfi, che dicono che abbiamo tradito i veri Valori della Sinistra?
– Li tacciamo di essere Rossobrunisti.
– Che significa?
– Il Compagno Capitalista Soros mi ha detto che significa qualcosa tipo comunisti e nazisti insieme.
– Con la Chiesa di Ratzinger come la mettiamo?
– I Compagni Capitalisti hanno detto che rappresenta i valori della Tradizione e quindi va combattuta. Ricordiamo che Umberto Eco ha affermato che Ratzinger ha la preparazione teologica di un seminarista.
– Va bene, capo. Obbedisco!
– Cosa fai, idiota? Ancora il saluto romano? Devi alzare il pugno!
– Scusa, compagno: è la forza dell’abitudine!
IL CAPITALISMO TOTALITARIO DELLE CORPORAZIONI E DEI SOROI STA PROVOCANDO LA FINE DELLA CIVILTÀ
Precisiamo che il termine Soròi è stato coniato dal progressista Pul Krugman.
«Inviso a tanti critici di sinistra per il suo ruolo di grande burattinaio della speculazione, […] Soros è riuscito ad attirarsi contemporaneamente gli strali del premio Nobel Paul Krugman, maitre-à-penser dei progressisti americani; e quelli di George Bush. Il primo ha coniato addirittura un neologismo, “Soroi” (plurale), per condannare “quegli investitori che non solo muovono capitali per anticipare una crisi valutaria, ma di fatto operano attivamente per scatenare quella crisi, per profitto e per divertimento“.» (Federico Rampini)
L’immonda religione neognostica del Capitalismo Totalitario dei Soroi e delle Corporazioni ci porterà all’Estinzione.
Sentiamo, al riguardo, l’illuminato filosofo Carlo Formenti, in questo dialogo maieutico tra lui ed Enea Boria:
Enea Boria: Altre parti del testo [Il socialismo è morto, viva il socialismo“, edito da Meltemi] riguardano la critica alla globalizzazione, la rivendicazione della sovranità nazionale, tutti temi che a sinistra continuano a suscitare reazioni isteriche e spesso ridicole. Tu assumi un punto di vista esplicitamente sovranista ed antieuropeista e in questo mi associo. Appartengo a una generazione che ha provato solo una volta ad alzare la testa, ma ci hanno annegati in una pozzanghera di sangue a Genova e non ci siamo più rialzati.
Ho trascorso i miei vent’anni con addosso una maglietta nera con lo stellone rosso dell’EZLN e leggevo Marcos. Cito da “La quarta guerra mondiale è cominciata”: «L’Unione europea, una delle megalopoli prodotte dal neoliberismo, è un risultato della IV Guerra Mondiale in corso. Qui, la globalizzazione ha ottenuto di cancellare le frontiere tra Stati rivali, nemici tra loro da molto tempo, e li ha obbligati a convergere e a progettare l’unione politica. Dagli Stati Nazionali alla federazione europea, il cammino economicista della guerra neoliberista nel cosiddetto Vecchio Continente sarà disseminato di distruzione e di rovine, e una di esse sarà la civilizzazione europea».
Ancora: «Distrutta la loro base materiale, annullate le loro possibilità di sovranità e indipendenza, svanite le loro classi politiche, gli Stati Nazionali si convertono, in modo più o meno rapido, in un mero apparato di “sicurezza” delle mega imprese che il neoliberismo va erigendo con lo svilupparsi della IV Guerra Mondiale».
Ho sempre creduto che gli stati smettono di essere democratici e si trasformano in strumenti di oppressione al servizio delle mega imprese, [le abominevoli, marcescenti e demoniache Corporazioni dei Soròi, nota di Seyan] quando perdono la propria sovranità nazionale. Ci credevo e non ho smesso di crederci.
Come è possibile che ora ci dipingano come dei rinnegati “rossobrunisti”, quando è evidente che non abbiamo fatto altro che evolverci, rimanendo però coerenti con noi stessi? E’ un mero fatto numerico? Si diventa rinnegati e si viene ostracizzati solo perché si è minoritari in mezzo a una maggioranza di veri traditori? Ammesso e non concesso che il tradimento possa essere considerato una categoria della politica e non soltanto una categoria moralistica.
Carlo Formenti: La seconda che hai detto: il tradimento è una categoria moralistica e non politica. La sinistra non ha “tradito” le classi subalterne, semplicemente ha ceduto alla poderosa pressione ambientale delle mutazioni sociali, politiche e culturali indotte dalla crisi e dalla ristrutturazione capitalistica, e quindi si è adattata alla nuova realtà, cambiando il proprio referente sociale. Per legittimare la propria esistenza è dunque costretta rimuovere le proprie radici culturali, a dimenticare quel patriottismo rivoluzionario che fino agli anni Settanta del Novecento era patrimonio comune di tutti i partiti e movimenti comunisti, non meno di quanto lo sia ancora oggi dei movimenti e degli autori che hai appena citato.
Per mantenere l’egemonia non le basta tuttavia essere maggioranza, deve ostracizzare le minoranze che evocano lo spettro del suo rimosso. Il meccanismo è quello descritto da una sociologa tedesca che lo ha chiamato “la spirale del silenzio”: chi esprime opinioni eretiche deve essere tacitato dalla paura di subire sanzioni da parte delle maggioranze che condividono l’opinione prevalente. Questo è il compito del linguaggio politicamente corretto: è una vera e propria polizia linguistica che reprime i devianti. Come se ne esce? Continuando a professare le verità vietate e cercando di far crescere il numero di chi le condivide fino a legittimarne il diritto di parola. Sulla questione del necessario rapporto fra sovranità popolare e sovranità nazionale rinvio a quanto scritto nel libro perché il tema è troppo complesso per esaurirlo in poche battute. (sinistrainrete.info)
E, ancora,
La crisi del capitalismo globalizzato e finanziarizzato ha provocato un drastico peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita di ampi strati intermedi, mentre ha disarticolato il corpo della classe operaia riducendolo a sommatoria di atomi individuali. Per inciso: è qui che ci viene in soccorso l’analisi di un Harvey (ma anche di Nancy Fraser delle cui tesi discuto ampiamente nel libro) e la sua categoria di accumulazione per espropriazione: oggi il capitalismo genera profitti non solo attraverso lo sfruttamento della forza lavoro industriale ma “succhiando” risorse, energie vitali, conoscenze dai territori e dalla grande maggioranza degli esseri viventi che vi abitano.
In questo dialogo socratico, la chiusa di Formenti è assolutamente apodittica ed icastica:
Per anni, di fronte alla crisi e allo smarrimento che essa suscitava nelle coscienze più consapevoli del disastro e al tempo stesso meno disposte ad adagiarsi sull’esistente, abbiamo recitato come un mantra il detto di Gramsci “il vecchio muore ma il nuovo non può (ancora) nascere”, con una sorta di passiva rassegnazione alla Eduardo De Filippo (a da passà a nuttata). Già nella parte conclusiva de “La variante populista” accennavo alla necessità di cambiare registro, prendendo atto che il nuovo non nasce da solo, che se l’ostetrica non interviene ad agevolare un parto difficile rischiano di morire sia il bambino che la madre.
Fuor di metafora, ciò vuol dire che il capitalismo non muore da solo, che le sue crisi sempre più acute e ravvicinate rischiano piuttosto di far morire la civiltà umana e addirittura di cancellare la vita stessa da questo pianeta. Ecco perché il socialismo, estinto nelle sue forme storiche, si riaffaccia come unica, ineludibile alternativa al caos e alla barbarie. Quindi come lascia intendere il titolo di questo nuovo libro, bisogna cominciare a raccogliere le energie e le forze sociali, culturali e politiche per riprendere una lotta contro il capitalismo che assume oggi la natura di vera e propria lotta per la sopravvivenza della civiltà e del genere umano. (sinistrainrete.info)
Lottare contro “Diavolo Soros” e contro la Cabala Mondiale delle Corporazioni è imprescindibile, se vogliamo sopravvivere, come Esseri Umani e come Civiltà
Nelle prossime parti parleremo dell’Ibrida Arma Sorosista delle Migrazioni di Massa e dell’Ultimo Katéchon contro le Forze del Male di Antipapa Bergoglio e Anòmos Soros: la Russia di Vladimir Putin.
(CONTINUA)
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