Il Vichingo Trump, detto “Donald il Pazzo” potrebbe addirittura farci rimpiangere RimbamBiden. Vediamo perché.
DONALD TRUMP IL PAZZO
Il Satrapo palazzinaro Donald Trump è ancora follemente convinto che il “Destino manifesto” degli USA sia quello di continuare a fare il gendarme del Mondo, un Mondo ovviamente Unipolare, e che il Dollaro – come unica moneta di scambio globale – possa ancora servire al fine di parassitare, a vantaggio dell’America, tutte le risorse globali!
Negazione della realtà.
Scrive infatti Maurizio Blondet, riguardo alla richiesta trumpiana di occupare la Groenlandia per vincere nel Risiko globale:
Già nel 1946, l’amministrazione americana Harry Truman dichiarò che l’isola era “essenziale per la sicurezza degli Stati Uniti” per contrastare la crescente minaccia sovietica, e offrì alla Danimarca 100 milioni di dollari per acquistarla. Ma la prima volta che le autorità americane presero in considerazione l’idea di acquisire la Groenlandia dalla Danimarca insieme all’Alaska dalla Russia risale al 1867.
Per la Russia, l’attuazione dei piani di Trump riguardo alla Groenlandia avrà conseguenze militari. L’isola, che già oggi ospita la base di Thule, diventerà la più grande base militare USA con bombardieri strategici e aerei P-8A Poseidon per monitorare i sottomarini russi. […]
L’interesse degli Stati Uniti per la Groenlandia è di natura strategica a prescindere dalle dichiarazioni di Trump. Dopo tutto, è qui che il Comando di Difesa Aerospaziale del Nord America intende rilevare e intercettare i missili russi in caso di Terza Guerra Mondiale. (segue link)
Trump vuole la Groenlandia per schierare missili a medio raggio puntati contro la Russia
Il meglio di Maurizio Blondet unito alle sue raccomandazioni di lettura
DONALD IL PAZZO VICHINGO CHE VUOLE LA GROENLANDIA PER VINCERE A RISIKO!
Molti analisti si aspettano una differente weltanschauung dei rapporti con il Resto del Mondo e del conflitto russo-ucraino da parte di Trump. Io ritengo che rimarranno ampiamente delusi.
Gli Stati Uniti rappresentano il passato. La loro attività produttiva è al lumicino: sono in difficoltà financo a produrre i proiettili di artiglieria da 155 mm. da fornire agli (in)utili idioti Zelenskyani, tanto che l’esercito ucraino ha perso quasi due milioni di combattenti (morti, amputati, feriti gravi, disertori) e il tutto per la difesa dei «Valori dell’Occidente», cioè Corruzione Globale ed Etica Zero che corrisponde allo Stadio Zero della Religione e alla Stadio Zero della Morale (cfr. E. Todd, “La sconfitta dell’Occidente”, Fazi Editore).
Oggi il GNL Usa costa ai burattini atlantisti europei, da Scholz a Meloni, il quintuplo rispetto a quanto corrisposto dalle aziende americane, il che impone a quasi tutte le società europee per sopravvivere di trasferirsi negli States o in Cina: ovviamente i dati occupazionali in Germania e in Italia (la prima e la seconda Nazione manifatturiera d’Europa) saranno drammatici alla fine del 2025.
Come i Vichinghi attorno all’Anno Mille, Donald Trump il Pazzo vuole occupare la Groenlandia.
Il vichingo Erik il rosso arrivò in Groenlandia nell’anno 985 e la chiamò Terra verde (questo il significato di Groenlandia) perché la trovò coperta di prati in una fase che gli studiosi di clima chiamano Optimum climatico medioevale (Mwp). In quel periodo faceva più caldo di oggi e i vichingi vi rimasero per circa quattro secoli, quando il clima divenne più freddo con l’avvento della cosiddetta Piccola era glaciale. I ghiacci della Groenlandia avanzarono rendendo impossibile la vita nelle colonie finché i discendenti di Erik il rosso dovettero abbandonarle e far ritorno in Islanda e in Norvegia. (corriere.it)
Giusto per la cronaca, attualmente la Groenlandia non è più la Terra Verde, essendo ricoperta totalmente dai ghiacci, ma gli Ecofascisti Eco-ansiosi elevano alti lai di protesta, coperti mediaticamente dai pennivendoli uccidentali al soldo degli avvoltoi globali come BlackRock, Vanguard, JpMorgan e predatori analoghi, che progettano di guadagnare 4.000 trilioni di dollari entro la fine del secolo proprio mediante la Bufala dell’Antropocene e la parcellizzazione dell’ambiente (cfr. Cory Morningstar, “La Fabbricazione di Greta Thunberg ai fini del consenso”).
Torniamo a Donald Trump che rotea il suo spadone per colpire al cuore la Danimarca e occupare la Terra Verde.
Donald Trump ha scioccato il mondo ieri accennando all’idea di invadere la Groenlandia per “scopi di sicurezza nazionale”. Ma il Presidente eletto degli Stati Uniti ha da tempo espresso il suo interesse a prendere il controllo dell’isola, che è un territorio semi-autonomo della Danimarca – un alleato di lunga data degli Stati Uniti e un membro fondatore della NATO – e ha già espresso il suo piano di acquisizione durante il suo primo mandato.
La posizione strategica della Groenlandia, i suoi vasti depositi di terre rare e la sua influenza sul clima globale potrebbero essere solo alcune delle ragioni. La posizione unica della Groenlandia, a cavallo del circolo polare artico tra Stati Uniti, Russia ed Europa, rende l’isola un premio geopolitico che gli Stati Uniti e altri paesi come la Russia e la Cina hanno adocchiato per più di 150 anni.
Il vasto territorio è considerato un corridoio chiave per le operazioni navali tra l’Artico e l’Atlantico settentrionale, con la Groenlandia che ospita una grande base militare statunitense, vitale fin dai tempi della Guerra Fredda. […]
L’isola più grande del mondo è ora “centrale nella competizione geopolitica e geoeconomica in molti modi”,
La Groenlandia fa parte del regno danese insieme alle Isole Fær Øer, un altro territorio semi-autonomo, e ha un proprio governo e un proprio parlamento.
I 57.000 abitanti della Groenlandia hanno ottenuto un’ampia autonomia nel 1979, ma la Danimarca continua a gestire le politiche estere e di difesa, con una sovvenzione annuale di 670 milioni di dollari.
La popolazione indigena non è ricca e i veicoli, i ristoranti, i negozi e i servizi di base sono pochi.
Il primo ministro danese Mette Frederiksen ha affrontato ieri sera l’intenzione di Trump di acquistare la Groenlandia, affermando di non credere che gli Stati Uniti useranno il potere militare o economico per assicurarsi il controllo dell’isola.
Ha inoltre definito gli Stati Uniti “l’alleato più importante e più vicino alla Danimarca” e ha ribadito di accogliere con favore un maggiore interesse degli Stati Uniti per la regione artica, ma che “deve essere fatto in modo rispettoso del popolo groenlandese”.
Allo stesso tempo, deve essere fatto in modo da permettere alla Danimarca e agli Stati Uniti di continuare a cooperare, tra le altre cose, nella NATO”, ha detto Frederiksen. (Miriam Kuepper, segue link)
Trump’s plan to turn Greenland into new military frontier
Donald Trump shocked the world yesterday when he hinted at the incendiary idea of invading Greenland for ‘national security purposes’.
Dopo la Gran Bretagna, il più servile suddito del Maligno Impero Fatiscente Amerikano è proprio la Danimarca.
C’è del marcio in Danimarca (e in Norvegia).
Prima di affrontare i casi di Svezia e Finlandia, esaminiamo rapidamente quelli della Danimarca e della Norvegia, entrate nella NATO ben prima della crisi.
La Norvegia è stata a lungo un possedimento della Danimarca e ottenne l’indipendenza definitiva solo nel 1905, dopo un breve periodo di dominazione svedese tra il 1814 e il 1905. […]
Come abbiamo visto, la Norvegia ha aiutato gli americani a sabotare il gasdotto Nord Stream. La Danimarca, da parte sua, si comporta ormai da tempo come una succursale dei servizi di intelligence americani. Ha partecipato alle intercettazioni telefoniche di Angela Merkel. Insieme con la NSA è stato allestito su una piccola isola a est di Copenaghen un centro di raccolta e archiviazione dati per spiare, più che i russi, gli alleati occidentali. […]
La Danimarca è diventata di fatto membro del club Five Eyes che, ricordiamolo, raggruppa Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda.
Va altresì ricordato che, nella carriera politica norvegese o danese il posto di primo ministro può naturalmente condurre al segretariato NATO. Anders Fogh Rasmussen, dal 2001 primo ministro danese, ha dato le dimissioni per diventare segretario generale della NATO dal 2009 al 2014, data in cui è stato sostituito da Jens Stoltenberg, primo ministro norvegese fino al 2013.
Rasmussen è attualmente “consigliere” per l’avvicinamento dell’Ucraina alla NATO. Come membro dell’UE, la Danimarca è una pedina degli Stati Uniti in certi casi anche più avanzata rispetto alla Norvegia, anche se è tradizionalmente meno efficace sul piano militare. (Emmanuel Todd. “La Sconfitta dell’Occidente”, Fazi Editore).
È d’uopo ricordare un celebre aforisma di Henry Kissinger, il mandante dell’omicidio di Aldo Moro (e di milioni di altri esseri umani in tutto il Pianeta):
Essere nemici dell’America può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale.
Incredibilmente, le esternazioni di Donald il Pazzo sembrano aver risvegliato dal torpore ipnotico in cui sono immersi i tappetini europei nei confronti dei Barbarici Padroni Americani.
Le minacce di Donald Trump alla Groenlandia hanno avuto un effetto non previsto: la Danimarca rafforza la sua presenza militare nell’Artico dopo che il presidente eletto americano non ha escluso l’uso della forza per prendersi l’isola strategica autonoma appartenente a Copenaghen.
La decisione emerge dalle riunioni di questi giorni a Copenaghen tra l’esecutivo e i rappresentanti delle autorità della Groenlandia e delle isole Faroe, anch’esse appartenenti al Regno. I colloqui si svolgono ogni sei mesi circa, ma questa volta si sono tenute in un clima molto teso dopo gli affondi di Trump.
Il presidente eletto degli Usa ritiene la Groenlandia indispensabile per la sicurezza americana. Le autorità locali si sono rese disponibili a rafforzare la collaborazione economica con gli Stati Uniti, anche sul tema dell’estrazione di minerali, ma un’annessione agli Usa sembra esclusa a prescindere. «Non vogliamo essere danesi, non vogliamo essere americani, vogliamo essere groenlandesi», ha detto il leader Múte B. Egede durante una conferenza stampa con la premier danese Mette Frederiksen ieri sera, ricordando che solo il popolo dell’isola polare può decidere il proprio futuro. (repubblica.it)
Donald Trump fuori di melone… o fuori di meloni. Immagine satirica generata mediante Grok, l’intelligenza artificiale di E. Musk.
IL COWBOY IMPERIALISTA TRUMP VUOLE L’HEARTLAND
Malgrado le dichiarazioni di facciata, pare proprio che l’imperialista Trump voglia ripercorrere le orme dei Totalitaristi Napoleone e Hitler, occupando o, almeno, circondando) il mackinderiano Heartland.
Niente è come appare: anche quello che può sembrare un ripiegamento o un ritorno all’isolazionismo della dottrina Monroe, in realtà è una nuova mossa americana giocata sullo scacchiere globale nel confronto con Russia e Cina. […]
Il discorso di Trump sembra tornare indietro di un secolo, alla dottrina del suo predecessore James Monroe: gli Stati Uniti devono avere come obiettivo primario la supremazia territoriale sull’intero continente nordamericano.
E non si tratta solo del «cortile di casa» da tenere sgombro da pericolose influenze esterne, come accadde ai tempi della crisi di Cuba che fu innescata dall’arrivo di missili sovietici che avrebbero minacciato da vicino la Florida: Trump concilia infatti una sorta di neo-isolazionismo statunitense con la realizzazione di una infrastruttura geopolitica completamente nuova, pur sempre coerente con l’ossessione mai sopita di circondare l’Heartland, il cuore del mondo rappresentato dalla Russia sterminata. […]
Inutile dire che a fronte di questi auspici di Trump le reazioni politiche a Panama in Canada e in Groenlandia sono state quasi scandalizzate: è stata una vera e propria provocazione, che ha dimostrato come tutte le pretese di egemonia debbano tener conto del principio di autodeterminazione dei popoli. (Guido Salerno Aletta – Milano Finanza)
Ovviamente il mainstream uccidentale ha elevato alti lai di protesta alle parole del cowboy Trump, come se loro, i “Democratici” bib avessero fatto cose ben peggiori,,,
Passato il primo momento di sconcerto, sulle più recenti sparate di Donald Trump – Groenlandia, Panama, Canada, ecc – hanno affondato il bisturi analisti piuttosto seri. Mentre i più rimbambiti cantori dell’establishment bipartisan stanno ancora lì a recitare giaculatorie scandalizzate per il modo in cui si esprime il miliardario indebitato, campione della reazione parafascista dell’Impero in crisi.
Si può capirli… vorrebbero poter conservare l’immaginario dell’America liberal, faro dei “diritti umani” ma disposta persino a fare “guerre umanitarie” senza giustificazione, o genocidi che non si devono chiamare col loro nome, tra un volto hollywoodiano e una serata da Grammy Awards mentre si cosparge il mondo di cadaveri.
E invece si ritrovano questo buzzurro che squaderna i peggiori tratti del colonialismo ottocentesco, quasi una generale Custer fuori tempo, trattando gli stessi Alleati come potenziali nemici da mettere a posto a suon di sganassoni.
Sotto il velo dell’apparente “pazzia”, però, il tycoon newyorkese sta soltanto indicando alcuni degli obiettivi che risultano “indispensabili” a realizzare l’altrettanto passatista programma del “make America great again”. […]
Per la povera Groenlandia (e per la Danimarca) ne deriva quindi già da tempo un serio rallentamento dei progetti economici che prevedono, se non altro, l’uso o la costruzione di nuovi porti, l’apertura di miniere, ecc.
Da questo punto di vista, insomma, Trump non sta facendo nulla di realmente nuovo. Si limita a gridare ai quattro venti quel che le amministrazioni precedenti (compresa la sua) facevano sottotraccia.
Stesso discorso con il Canada, certo un boccone parecchio più grande, tanto da essere membro del G7, della Nato, nonché autorevole interlocutore di mezzo mondo. Alleato fedele e silente, ma comunque indipendente…
E altrettanto con Panama, dove il Canale era stato voluto, costruito e pagato dagli Usa per poi finire sotto la sovranità del paese centroamericano quando si provò a sostituire gli strumenti di controllo militare con i più presentabili contratti-capestro. […]
Dal punto di vista economico, insomma, i tre paesi al centro dell’offensiva verbale trumpiana sono obiettivi di vecchia data per Washington, ma chiaramente buttarla giù piatta come ha fatto “The Donald” significa mandare in pensione qualsiasi pretesa di rappresentare un “ordine mondiale fondato sulle regole”, nonché considerare ormai carta straccia la sovranità nazionale e l’autodeterminazione dei popoli. Con buona pace dell’Onu, del diritto internazionale e della “pace nel mondo”. […]ù
Del resto, vediamo ormai da tempo un intollerabile “doppio standard” nella regolazione di tutti i conflitti, e persino dei risultati elettorali in quasi tutti i paesi (Francia, Romania, Georgia, Moldavia, ecc, per non dire dell’atteggiamento nei confronti dei paesi “altri”). Diventa sempre più difficile difendere un assetto aggressivo e criminale sfoderando sorrisi e buoni sentimenti.
Ecco quindi “The Donald” sgombrare il campo dai giri di parole. Ci sono gli “interessi dell’America” davanti a tutto, si farà buon viso a cattivo gioco – finché possibile – solo con chi ha un arsenale nucleare paragonabile.
Gli altri, a cominciare dall’Unione Europea, si mettano la coda tra le gambe… A noi, e ai lavoratori di tutto il mondo, non spetta davvero di “schierarsi” con uno dei due volti di questa macchina divoratutto… (Dante Barontini, segue link)
Trump non è “il caos”, ma l’impero in stile western - Contropiano
Passato il primo momento di sconcerto, sulle più recenti sparate di Donald Trump – Groenlandia, Panama, Canada, ecc. – hanno affondato il bisturi analisti...
La “Democrazia” occidentale si è ormai dissolta, a seguito della spinta demolitrice del Neoliberismo Angloamericano anomico, anetico, amorale (e anche satanico e satanista).
Tutti gli Stati Occidentali sono ormai delle mere Oligarchie e le Nazioni dove si è votato democraticamente, come Romania e Georgia, sono a rischio golpe, come appunto a Tbilisi, dove la burattina e scherana degli Imperi Antidemocratici (Impero Nazista Amerikano e NaziUE),Salome Zourabichvili, si è autoproclamata presidente della Georgia, pur essendo la sua carica scaduta e si è, come dire, auto-rivotata con un solo voto, il suo!
GEORGIA. SALOME ZOURABICHVILI APRE UN UFFICIO A TBILISI E SI DICHIARA CAPO DI STATO - Giubbe Rosse News
L’ex presidente georgiana Salome Zourabichvili si è dichiarata capo di Stato giovedì, anche se il suo mandato era scaduto a dicembre, e ha annunciato che avrebbe continuato a svolgere “funzioni presidenziali” dal suo nuovo ufficio a Tbilisi.
Che ci sia una tendenza reazionaria apparentemente inarrestabile, in tutto l’Occidente capitalistico, è così evidente che quasi lo si dà per un evento “naturale”. Ma ovviamente non lo è.
Eppure ogni media mainstream, oltre che l’intera classe politica neoliberista, continua a parlare in termini “etici” del ruolo occidentale nel mondo, ripetendo ogni tre per due che “siamo le democrazie” contrapposte a nemici comunque descritti come “autocrazie” a prescindere dal regime politico, dal rapporto tra settore pubblico e iniziativa privata, dal sistema elettorale (magari molto più sicuro del nostro, per esempio in Venezuela…). […]
Che ci sia una tendenza reazionaria apparentemente inarrestabile, in tutto l’Occidente capitalistico, è così evidente che quasi lo si dà per un evento “naturale”. Ma ovviamente non lo è.
Eppure ogni media mainstream, oltre che l’intera classe politica neoliberista, continua a parlare in termini “etici” del ruolo occidentale nel mondo, ripetendo ogni tre per due che “siamo le democrazie” contrapposte a nemici comunque descritti come “autocrazie” a prescindere dal regime politico, dal rapporto tra settore pubblico e iniziativa privata, dal sistema elettorale (magari molto più sicuro del nostro, per esempio in Venezuela…). […]
Sommella arriva a porsi la domanda giusta: “Prima di combattere […] le autocrazie come quelle russe, guardiamo dentro casa se non stiamo diventando come chi vogliamo battere con la forza dei diritti e i principi di libertà”.
In altri termini: “Le istituzioni, negli Stati Uniti, come in Europa e in Italia, hanno ancora voce in capitolo o comanda solo chi ha più soldi in barba alla legge e alle Costituzioni?” Il governo Meloni ha risposto fin dal primo giorno “non daremo fastidio alle imprese“. E, se ti fai condizionare da bottegai e “balneari”, figuriamoci se ti viene da “contenere” Musk o Bezos, ecc.
E’ l’Occidente neoliberista ad affossare la democrazia che pretendeva di rappresentare.
Al centro dell’offensiva reazionaria nell’Occidente neoliberista c’è invece un rapporto totalmente unilaterale, squilibratissimo, tra “impresa privata” e interessi collettivi, rappresentanti almeno approssimativamente dal “potere pubblico”. […]
Si chiama oligarchia, comunque si autodescriva. (Claudio Conti, enfasi aggiunta, segue link)
Non c’è “democrazia” sotto i “re della produzione” - Contropiano
Che ci sia una tendenza reazionaria apparentemente inarrestabile, in tutto l’Occidente capitalistico, è così evidente che quasi lo si dà per un evento Al centro dell’offensiva reazionaria nell’Occidente neoliberista c’è un rapporto totalmente unilaterale, squilibratissimo, tra “impresa privata” e interessi collettivi, rappresentanti almeno approssimativamente dal “potere pubblico”. E un “re nella produzione” non può che pretendere di essere tale anche a livello politico, perché solo la forza esercitata dallo Stato può consentirgli di restare tale.
I Danesi – esattamente come i Lavoratori dell’industria europea (cfr. Sahra Wagenknecht, “Contro la Sinistra Neoliberale”) – hanno un solo Alleato “Naturale” ed è la Russia di Vladimir Putin.
il parlamentare danese del Partito Popolare Socialista, Karsten Henge ha espresso fiducia nella necessità di un riavvicinamento a Mosca:
“In una situazione di escalation e di tensioni estreme, dobbiamo adottare misure altrettanto estreme e chiedere aiuto alla Russia per risolvere il problema della Groenlandia. Sono sicuro che la nostra richiesta verrà ascoltata, perché la Russia non permetterà alla Groenlandia di diventare parte degli Stati Uniti. È svantaggioso per la Russia quanto lo è per noi”.
Scrive il Simplicissimus che, due ore dopo aver pubblicato la sua dichiarazione, Henge ha cancellato il post sui social dove l’aveva diffusa, evidentemente sotto la raffica delle pressioni che deve aver ricevuto per non far trapelare la realtà fin troppo ovvia che non è la Russia il vero nemico dell’Europa.
Tra golpe e guerra: i sipari strappati dell’Occidente | il Simplicissimus
Per capire in quale situazione di caos siamo, verso quale condizione di totalitarismo e insieme di debolezza stiamo scivolando, basta prendere i due estremi del discorso pubblico che la giornata di ieri ci ha regalato. Da una parte l’ex commissario europeo per la censura, Thierry Breton, che nemmeno si vergogna di aver ricoperto una tale […]
I due Cowboy Pazzi Trump & Musk. Immagine satirica generata mediante Grok, l’intelligenza artificiale di E. Musk.
TRUMP-MUSK-THIEL SONO NEMICI DELL’EUROPA E DELL’ITALIA ESATTAMENTE…
Il trio Trump-Musk-Thiel è nostro nemico esattamente come il Trio del Male Biden-Soros-Nuland che, bombardando un’infrastruttura strategica di proprietà della Germania (i gasdotti Nord Stream), formalmente un Paese “Amico ed Alleato”, ha compiuto un vero e proprio atto di guerra – come lo sarebbe l’invasione trumpiana della Groenlandia – e messo in ginocchio tutta la Manifattura Europea, applicando un sorta di Piano Morgenthau traslato al XXI secolo.
La democrazia è messa a repentaglio. E i responsabili sono proprio gli americani. L’uno, Trump, con meno attivismo verbale; l’altro, Musk, con un profluvio quotidiano di volgarità e falsità nel nome della libertà di espressione che (ha detto Giorgia Meloni) ogni “privato” cittadino deve avere. […]
Il Guardian ci fa capire che è in corso un mutamento di mentalità, non solo politico: «Gli Stati Uniti del presidente Trump non sono né un alleato affidabile né un amico. Sono una superpotenza impazzita attivamente ostile al governo britannico e che cerca di ridisegnare il globo in modo nuovo».
Né alleato affidabile né amico. Ciò vale soprattutto per l’Europa. La stessa Nato sembra un’anacronismo. L’America è il nome di due grandi miti: accoglienza degli immigrati in cerca di fortuna e sostegno della libertà politica contro i totalitarismi e gli autoritarismi. Quell’America che ha segnato la biografia di alcune generazioni oggi sembra il capitolo di un libro di storia. (Nadia Urbinati, enfasi aggiunta, segue link)
Trump sogna un’Europa vassalla, per questo soffia sul fuoco sovranista
Il presidente americano eletto vuole un’altra Europa per fare un’America non più grande “ancora” (again) ma, come ha corretto dopo la sua elezione, “sempre” (always). E per questo non vuole più l’U…
DONALD TRUMP NON SI È ANCORA INSEDIATO MA…
Donald Trump non si è ancora assiso sull’alto scranno alla Casa Bianca, ma le sue folli dichiarazioni fanno rabbrividire il Mondo, in primis la piccola porzione del Mondo Occidentale.
Donald il Pazzo non vuole soltanto occupare la Groenlandia, ma anche il Canale di Panama e financo il Canada! È davvero fuori di melone!
In altre parole, Donald Trump ha minacciato di invadere il territorio di un alleato Nato, quando ha detto che non esclude di usare la forza militare per prendersi la Groenlandia. Perché la regione artica, a torto o a ragione, appartiene alla Danimarca. Questo solo per comprendere l’enormità delle dichiarazioni che ha fatto sulla sua visione del mondo, nella prima conferenza stampa, a Mar-a-Lago, dopo la certificazione da parte del Congresso del suo ritorno alla Casa Bianca. […]
Del resto i membri dell’Alleanza, se vogliono tenerla in piedi, dovranno impegnarsi ad investire almeno il 5% del Pil nella difesa, invece del 2% stabilito al vertice di Cardiff e mai raggiunto dall’Italia. […]
Il presidente che il 20 gennaio tornerà nell’Ufficio Ovale ha minacciato di usare la forza anche per riprendersi il Canale di Panama, perché «ormai lo gestisce la Cina». Carter, i cui funerali si terranno domani a Washington, «aveva sbagliato a darlo indietro ed è venuto il momento di riprenderlo». La “dottrina Monroe” così si allarga, con l’aggiunta di rinominare il Golfo del Messico come Golfo dell’America, oltre a imporre dazi al Paese confinante perché consente il traffico di droga e immigrati illegali.
La sovranità del Canale di Panama “non è negoziabile, come ha già dichiarato il presidente, José Raúl Mulino”, ha ribadito il ministro degli Esteri panamense Javier Martinez-Acha, in risposta alle minacce di annessione di Trump: “Voglio essere chiaro. Le opinioni di oggi del signor Trump, secondo cui avrebbe discusso di una somma di denaro, non sono vere e non è arrivato alcun tipo di offerta a questo governo. Il Canale appartiene ai panamensi e continuerà ad essere così”. […]
Quanto al Nord, il presidente eletto Usa preferirebbe che il successore di Trudeau accettasse di scambiare il titolo di premier con quello di governatore del cinquantunesimo stato Usa: «Non si capisce perché dobbiamo regalare al Canada oltre 200 miliardi di dollari all’anno, per ricevere cose che non ci servono. Immaginate quanto diventerebbe forte il Paese se togliessimo il confine artificiale che ci divide». Il presidente eletto è arrivato a mostrare una mappa con il Canada già parte degli Stati Uniti.
A differenza di Groenlandia e Panama, non ritiene però di avere il diritto di invadere il vicino del nord, ma è certo che gli stessi canadesi sarebbero felici di accettare il suo invito. […]
Già altre volte Trump aveva usato il metodo delle sparate come tattica negoziale, ma stavolta ritiene di aver ricevuto un mandato più forte e si sente più preparato a realizzarlo. È bene ascoltarlo, perciò. (repubblica.it).
Sembra che, inconsapevolmente, Donald Trump stia facendo di tutto per incarnare il Presidente Offerman nel futuro distopico di Civil War.
Civil War da quando è uscito sta raccogliendo recensioni a dir poco entusiaste da parte della critica. […]
Stati Uniti, futuro prossimo venturo. Una nuova Guerra Civile infuria nella fu superpotenza. Il Presidente degli Stati Uniti (Nick Offerman) millanta alla televisione di grandi vittorie e ricostruzione, ma la realtà è che le sue ore sono contate, i ribelli stanno per sfondare le ultime difese. Civil War non ci dice molto su di lui e come si è arrivati a questo punto, solo ci fa capire che è un Presidente dittatoriale, autoritario, al terzo mandato di un percorso rovinoso. […]
Civil War ha una costruzione narrativa semplicemente perfetta nella capacità di armonizzare micronarrazione con macronarrazione, nel fare di quel gruppo di veterani del giornalismo nelle zone calde del pianeta, i nostri occhi ed orecchie con cui comprendere il mondo in cui Garland ci fa sprofondare. La prima cosa che ci arriva è la verosimiglianza con cui il film ci mostra un’America divisa in 4,5 fronti diversi, dominata da un caos e un tutti contro tutti che strizza l’occhio ai Balcani degli anni ‘90, all’Africa distrutta dai genocidi del XX secolo.
Il Presidente e il suo racconto irreale mentre attorno tutto crolla, mentre si consumano mille vendette e morti immotivate, non può che ricordare alla mente il Mussolini degli ultimi giorni, l’Hitler che aspetta la sua fine, ma ciò non toglie assolutamente nulla alla profonda “americanità” del film. Garland ha parlato di un profondo legame con il suo ultimo film, Men, ed in effetti Civil War è anche un film dell’orrore, ma soprattutto un film che si pone come simbologia esaustiva di ciò che non funziona nell’Occidente di oggi.
E quindi dove si poteva ambientare quest’analisi se non nella Camelot (o supposta tale) dell’Occidente, in quegli Stati Uniti in cui la divisione interna è così radicale, che da molto tempo non sono pochi i giornalisti, studiosi e politici che parlano apertamente del rischio di un conflitto civile armato. […]
Civil War fa paura, la fa veramente perché ci rendiamo conto che il Grande Impero, come altri in precedenza nella Storia, si sta sgretolando dall’interno tra spinte anarchiche, incapacità di accettare il diverso e questa visione della Nazione come negazione dello Stato. Gli assalti a Capitol Hill erano solo ieri, […]
Civil War più che distopia è un’ipotesi ragionevole quanto raggelante, è l’estetica che si carica di significati immensi, è la cronaca della cronaca che si deposita nella nostra memoria con immagini sfocate. Ieri la bandiera rossa sul Reichstag, l’esecuzione a Saigon, il corpo del Che a Vallegrande, il miliziano colpito nella Spagna che parimenti fu divorata da uno scontro fratricida non poi così dissimile da questo. Il che basta e avanza per fare di questo film, il grande film politico del nostro secolo, del nostro tempo. (wired.it)
IL SALTO DI PARADIGMA DI TRUMP
La rielezione di Donald Trump rappresenta geopoliticamente quello che in ambito scientifico l’epistemologo Thomas Kuhn avrebbe definito cambiamento di paradigma.
Trump sta assestando un colpo decisivo all’immondo DeepState-Blob capitanato in passato da Kissinger e oggi da Soros, con tutta l’innumera pletora di burattini (Harris-Biden-Obama-Bushes-Clintons-Carter-Ford, etc.).
Ma non va obliato che, con grande scorno degli attuali panegiristi trumpiani, c’era già chi – lungimirante – scriveva su Trump fin dai tempi della sua prima elezione:
L’elezione di Trump è stata una manna: ci mostra l’America com’è, senza gli abiti dell’imperatore, senza il bon ton politico ideologico, senza mitologie e leggende accumulatesi in un secolo.
Ci mostra l’America di Monroe e della sua dottrina, quella di Benjamin Harrison che ne mise a punto gli strumenti, quella di William McKinley che inaugurò con la guerra cubana una colonizzazione tanto più tracotante quanto più dissimulata ci indica gli States di Woodrow Wilson e la sua prima riduzione in ceppi dell’Europa o quelli di Coolidge che portarono al Crollo di Wall street o quelli di Eisenhower, di Johnson, della famiglia Bush. Lincoln e Roosevelt giacciono come soprammobili, fanno da alibi alle teorie dell’eccezionalità americana, ma alla fine salta fuori per bocca del presidente che “rimarremo sempre il paese più potente al mondo!” Heil.(ilSimplicissimus, enfasi aggiunta, segue link)
Heil, mister Trump | il Simplicissimus
L’elezione di Trump è stata una manna: ci mostra l’America com’ è, senza gli abiti dell’imperatore, senza il bon ton politico ideologico, senza mitologie e leggende accumulatesi in un secolo. Ci mostra l’America di Monroe e della sua dottrina, quella di Benjamin Harrison che ne mise a punto gli strumenti, quella di William McKinley che […]
E, purtroppo, abbiamo anche a che fare con la vena Megalomane e Folle dell’uomo Trump.
In base alle sue ultime esternazioni, egli vorrebbe occupare Groenlandia, Canale di Panama, sostenere il genocidio sionista dei Palestinesi a Gaza e persino cambiare il nome del Golfo del Messico in Golfo d’America.
Insomma le dichiarazioni prodromiche di Donald Trump, ancora non insediato, non sembrano affatto promettere bene.
Di questo passo, possiamo ritenere che presto imporrà il cambio del nome dell’Oceano Atlantico in Oceano di Trump e Musk!
Se vogliamo anticipare le scelte strategiche dell’America, dobbiamo allora con la massima urgenza abbandonare l’assioma della razionalità. Gli Stati Uniti non cercano guadagni, dopo averne valutato i costi. Nel villaggio di Washington, terra di stragi con armi da fuoco, nell’era della religione zero, l’impulso primario è solo il bisogno di violenza. (Emmanuel Todd. op. cit.)